... Robinho ed un problema che non c'è

... Robinho ed un problema che non c'èMilanNews.it
© foto di Alberto Lingria/PhotoViews
sabato 3 dicembre 2011, 10:40Focus On...
di Emiliano Cuppone

Parte il processo a Robson de Souza, in arte Robinho, reo di non essere spietato, accusato da una sfilza di portieri “graziati” dalla sua eccessiva superficialità sotto porta.
L’errore commesso ad un passo dalla linea di porta contro il Genoa ha portato il brasiliano al banco degli imputati, alla sbarra lo sbadato fantasista verdeoro, colpevole di non avere il fiuto del gol di un bomber di razza.
Certo è che la reazione di Aquilani è giustificata, il romano gli ha servito un pallone delizioso, morbido, dolce, da spingere in porta con un soffio, con una carezza, mentre Robinho gli ha rifilato un pugno in pieno mento, un montante in stile Muhammad Ali che l’ha spedito nella stratosfera dello stadio Marassi. Se poi ci si aggiunge l’erroraccio con il Barcellona, due indizi fanno una prova e la schiera di pubblici ministeri con giacca, cravatta e microfoni hanno dato impulso ad un processo mediatico nei confronti dello sprecone con il numero 70.
Ci si dimentica, però, della deliziosa giocata che ha messo Ibrahimovic in grado di ridicolizzare il buon vecchio Kaladze, guadagnando il calcio di rigore che ha sbloccato una partita complicatissima con il Genoa arroccato nella propria area di rigore, protetta come Troia sotto l’assedio degli Achei.
Ci si dimentica allo stesso tempo dei tanti chilometri macinati da Robinho, del pressing portato sugli avversari, dello splendido velo che ha messo Nocerino in grado di sparare comodamente largo senza centrare la porta dal limite dell’area, dei palloni tenuti nella metà campo rossonera per far salire la squadra, nonostante il fisico non sia propriamente quello di un carro armato.


Ci si dimentica dei 14 gol siglati lo scorso anno, con altrettanti sbagliati sicuramente, ma pur sempre un numero di reti simile a quelle messe a segno da bomber veri e propri come Ibrahimovic e Pato.
Robinho non è un bomber di razza, non lo è mai stato e non lo sarà mai, è un giocatore di grande movimento, è diventato un attaccante di grande sacrificio, un campione che mette corsa e piedi fatati al servizio di tutta la squadra, che permette agli altri di andare in gol, prima che pensare al proprio tornaconto personale. Ricorda un po’ quel George Weah, grandissimo interprete di un calcio spettacolare, ma mai grande goleador, colpa dello sguardo che tendeva ad appannarsi dopo aver corso ininterrottamente per 90 minuti, fra calcioni degli avversari e cavalcate imperiose sul prato verde.
Sicuramente è un peccato veder sprecare cotante occasioni, specie quando ci si gioca una qualificazione ai quarti di Champions League come lo scorso anno a Londra con il Tottenham, ma basterebbe che gente più preparata in area di rigore, e magari anche più fresca perché meno mobile, infilasse in rete i cioccolatini targati Robinho che gli giungono fra i piedi. Finchè questo splendido fantasista atipico sarà capace di confezionare giocate come quelle ammirate in questo anno e mezzo, non potremo fare altro che accogliere con un sorriso e con una pacca gli errori epocali di un attaccante incapace di segnare gol semplici, ma non è proprio questo il marchio di fabbrica dei grandi campioni?