Tevez e Berlusconi tra bufale e battute
Dopo le polemiche estive su Fabregas e sul mercato rossonero, sull’esito della trattativa-Tevez non vogliamo sbilanciarci, anche se storicamente Adriano Galliani non si espone così se non ha in mano la carte più alte e di conseguenza la sensazione è che l’argentino finirà col vestire rossonero. Non sono soltanto i sorrisi smaglianti del vicepresidente del Milan a indirizzare verso questa soluzione, comunque.
E’ sorprendente, per esempio, che il circo mediatico intorno all’attaccante del Manblue si sia scatenato soltanto quando mancavano due firme per il suo trasferimento a Milano. Messo in quarantena da due mesi e mezzo da Roberto Mancini, c’era tutto il tempo per preparare un’offerta. Invece PSG, Juve, Tottenham, Boca si sono svegliate all’improvviso tutte insieme da una settimana. Guarda caso, esattamente nelle ore in cui Galliani incontrava lo staff del giocatore per definire gli ultimi dettagli (e prendere informazioni su Mascherano). Col passare dei giorni sono venute fuori verità semplici da verificare: 1) i due sceicchi proprietari di Manchester City e Paris St. Germain, nel frattempo eliminate da Champions ed Europa League, saranno anche i cugini più ricchi del mondo, ma sono divisi da profonde spaccature legate al potere, ai soldi, alla politica, ai modi. Le distanze tra parenti quando in mezzo scorre il fiume dell’odio, con la mentalità sempre un po’ integralista come spesso accade ad Oriente, sono grandemente più estese che non fra rivali estranei o ex amici o ex amanti; 2) Solo chi non conosce come vanno le cose in Inghilterra può pensare che Mancini e il City diano un fuoriclasse a una vicina avversaria. (Quando Tevez passò da un Manchester all’altro, i valori tra i due club potevano essere paragonati come quelli tra la Juve di Gianni Agnelli e il Torino di Urbano Cairo, mentre il Liverpool era già sicuro di aver fatto un affarone sbolognando Torres per 50 milioni di sterline e aveva decisamente ragione). Mancini sa bene che sta perdendo un rompiballe, ma anche e soprattutto un grandissimo giocatore. 3) Qualcuno dovrebbe spiegare grazie a quali magie, la Juventus in tempi di recessione e fairplay riesca a trovare decine di milioni per cartellini e ingaggi che l’hanno portata, nel 2010, ad essere il terzo club europeo sul calciomercato per quattrini in uscita e che la mettono ciclicamente in corsa in tutte le aste del pianeta da Aguero in giù.
Non è che, forse, qualcuno si è messo di mezzo soltanto per azioni di disturbo? O che i bluff siano tutta un’idea del City che in realtà, non avendo affatto alcuna offerta seria, vuole costringere il Milan a mettere mano al portafoglio da subito e non con comode rate?
Quando fai battute forzando i toni, sai di attirare antipatie e compatimenti. Parlando di calcio, Silvio Berlusconi ha sempre forzato i toni. Glielo consentono, oltre al fatto di aver sempre forzato anche il portafoglio, le vittorie e una filosofia positiva nella concezione della rivalità e della competizione. Due anni e mezzo fa, dopo un’amichevole estiva persa a Varese nell’estate in cui era stato ceduto Kakà, all’uscita dello stadio disse: “Abbiamo colmato il gap con l’Inter”. Dove e come far giocare la squadra e i giocatori, lo ha sempre detto pubblicamente da Liedholm a Sacchi, da Capello a Zaccheroni, da Ancelotti a Leonardo fino ad Allegri. Difendendolo una volta a “Controcampo”, Maurizio Mosca disse: “Tutti i presidenti amano fare la formazione, Berlusconi è l’unico che lo ammette”.
Non abbiamo mai visto giocare l’Edilnord, onestamente, ma che l’idea di calcio del presidente del Milan sia sempre stata quella del possesso-palla, del talento prima dei muscoli, è fatto noto. Che Pato debba giocare più vicino alla porta, invece, potrebbe essere un doppio senso: bisogna capire se alludesse alla porta avversaria o quella di uscita. Se si sveglierà dal suo torpore, potrà capirlo Pato stesso per primo.
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