Allegri esonerato e riassunto, ora però non fatelo ripartire da Mudingayi...
Mercoledì 2 maggio 2012, ore 20.44.
La stagione che si chiude per il Milan è negativa, per usare un eufemismo. Lo scudetto era lì, invece... Valutata globalmente, con una Supercoppa italiana vinta, i quarti di Champions, pur sempre un secondo posto in campionato dopo un testa-testa durato 9 mesi, dovrebbe essere deludente, sicuro, ma un filo meno di altre. Eppure leggendo i giornali sportivi e non, ascoltando i servizi su radio e tv pubbliche e private (anche quelle considerate schiave come Mediaset), non sembrava così. Oltre alle celebrazioni della Juve incominciate con 5 giornate di anticipo rispetto alla fine, la passerella di Novara, i paragoni con gli scudetti lontani 30 anni, si assiste a quelle di un Napoli eccezionale in Champions, dirompente nella rimonta in campionato, straordinario nell’aver centrato la finale di Coppa Italia. Quella dell’Inter protagonista di una cavalcata irrefrenabile con il nuovo stratega Stramaccioni. L’Udinese rivelazione. La Lazio falcidiata dagli infortuni. E poi giustamente superlative Atalanta, Siena, Catania, Bologna, Chievo, Parma, Cagliari… Persino Cesena e Novara che lottano fino all’ultimo nonostante tutto, andavano e vanno applaudite. Considerando Palermo e Fiorentina un po’ al di sotto delle attese, restavano solo Roma e Milan: si stanno lasciando alle spalle una stagione fallimentare. Boh.
Poi, la lancetta è scattata sulle 20.45.
In quelle immagini di Berlusconi infuriato con Galliani durante Milan-Barcellona dello scorso 28 marzo, non c’era (forse) l’esonero di Massimiliano Allegri, ma certamente era tangibile l’esonero del suo gioco. Mai vista una scena così in 26 anni di presidenza. Troppo sopra le righe. E’ stata una destituzione in diretta, sarebbe ipocrita sottacere come abbia certamente influito sul morale della truppa, del suo colonnello e del suo comandante in campo. L’effetto ha finito col destabilizzare anche i tifosi con fede incrollabile, cioè quelli che ancora sono disposti a sobbarcarsi chilometri e costi per essere a San Siro quando i rossoneri giocano in casa. Berlusconi ha sempre criticato pubblicamente e privatamente i suoi allenatori, da Sacchi a Capello fino ad Ancelotti, ma non li ha mai esonerati. Mai. Tabarez, Zaccheroni e Terim non erano scelte sue e comunque gli esoneri sono soltanto 3 in 26 anni. La differenza con tutti gli altri presidenti italiani, nessuno escluso, è anche qui. Eppure un’incazzatura in eurovisione come quella del 28 marzo rimane unica, scioccante, senza precedenti in più di 5 lustri.
Fosse per Barbara Berlusconi, la rivoluzione dal 14 maggio sarebbe assai più vasta e profonda del solo cambio di conduzione tecnica: ancora poche settimane fa Paolo Maldini è stato visto in via Turati, ancora una volta avrebbe declinato i progetti che lo riguardano per divergenze di vedute con Galliani. Barbara sarebbe risoluta nel rinfrescare ranghi, staff e squadra. Suo padre Silvio è invece combattuto e frenato tra lodi, borse, bilanci, ripianamenti, costi, la crisi insomma, che non più tardi di un paio di settimane fa ha costretto Fininvest a dirottare più di 60 dei 200 milioni di utile per sistemare i conti rossoneri. Al punto di essere tuttora incerto, dopo aver corteggiato per qualche settimana Guardiola e parlato di Capello, sul licenziamento o la riconferma di Allegri.
Troppo tardi. Troppo tardi per restituire al tecnico livornese stima e autostima proprie e del gruppo, troppo tardi per cancellare pubblicamente l’esonero – appunto – del suo gioco e della sua filosofia. Troppo tardi perché quello sfogo in tribuna il 28 marzo scorso non possa, non debba essere iscritto tra le molte, troppe cause di uno scudetto buttato dalla finestra. Il finale al fotofinish difficilmente influirà sulla riflessione finale, per quanto possa sembrare strano.
Puntualmente nelle ultime settimane hanno ripreso a rincorrersi voci insistenti di acquisizione di una quota del Milan AC da parte di investitori orientali. Crisi o non crisi, bilanci o non bilanci, Berlusconi sa che per migliorare la filosofia del gioco della sua squadra servono giocatori, prima che allenatori. Ingaggiare Guardiola e rimettergli a disposizione questa squadra, per uomini e caratteristiche, non avrebbe senso. Prendere Capello o confermare Allegri scegliendo come primi obiettivi Traoré e Mudingayi, ne avrebbe ancora meno. Servono 2 top-player, uno a centrocampo da affiancare a Montolivo e Nocerino, uno in attacco da integrare con Ibrahimovic e Cassano. Senza questi innesti, chiunque siederà in panchina la prossima stagione si troverà che fare con le medesime carenze, gli stessi limiti, identica fragilità in una rosa con un anno in più e numericamente un Nesta, uno Zambrotta, un Van Bommel, un Seedorf, un Inzaghi in meno (con loro probabilmente Aquilani, Muntari, Robinho e Pato). Serve insomma un mercato da Milan, con idee prima che con i soldi, ma infine anche e soprattutto con un po’ di soldi.
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