TMWmagazine - Comi: un Toro rossonero

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© foto di Balti Touati/PhotoViews
giovedì 3 maggio 2012, 18:30News
di Redazione .
fonte TMWmagazine

Un cuore granata che gli batte dentro al petto, una realtà e un sogno chiamato Milan che vive con una professionalità e una serietà non comuni in ragazzi di appena 20 anni. Dalla Mole al Duomo imponendosi a suon di gol e poche parole. Gianmario Comi, figlio d'arte, non è partito dal basso come tutti e seppur portando un cognome importante per quello che ha rappresentato il padre nella storia del Torino, ha negli occhi lo sguardo di chi ha dovuto sudarsi tutto quello che si è conquistato.

Questa estate l’arrivo al Milan: come hai vissuto il passaggio in rossonero? “Io dovevo andare via comunque. Dovevo andare a fare esperienza fuori e non potevo più rimanere a Torino. C’è stata una trattativa lampo durata due-tre giorni al massimo e si è concluso tutto. Sapere di essere arrivato al Milan è stata una grande emozione e ho preso la palla al balzo ed ho accettato subito”. Com’è stato il passaggio da Torino a Milano? “Sono due città abbastanza simili. Certo Milano è più grossa e c’è molto più traffico (ride). A parte gli scherzi, ho la fortuna di potermi adattare ad ogni situazione e ambiente nel quale vado. Mio papà è di origini brianzole quindi mi sono ambientato bene dai”.

Perché e come hai iniziato a giocare a calcio? "Io ho iniziato a giocare nei primi calci quando ero al Chieri, nella società dove papà faceva il direttore generale e li mi divertivo con tutti i miei amici. L'anno dopo mio padre andò al Torino e solo dopo sono venuto a sapere che già negli anni prima, sia il Torino che la Juventus mi avevano richiesto al Chieri. Lui non mi disse nulla perché ci teneva che io mi divertissi a giocare a pallone. Come Chieri eravamo fortissimi e quasi automaticamente siamo finiti in blocco al Toro".

Se un domani dovesse esserci un Milan-Torino con te protagonista, magari con un gol. Cosa faresti? "Io sono sincero fino in fondo. Il mio lavoro è quello di fare il calciatore e la mia ambizione è quella di farlo ad un determinato livello. Io sono tifoso di una squadra perché ci sono cresciuto, mio padre ha giocato nel Toro e la famiglia di mia madre è tifosa del Toro ma se uno gioca in una squadra che va contro quella della sua fede calcistica, la deve affrontare al massimo se vuole essere chiamato professionista. Ho un sogno professionale però se lo dico non si avvera quindi me lo tengo per me".

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