Milan gennaio 2011 rock e gennaio 2012 lento. Andrea Pirlo è tornato al 5 maggio. Il Psg e i 40 milioni per Higuain...
La prossima settimana, con le prime visite mediche, inizierà il futuro del Milan. Ma i fazzoletti, come le mani della nota canzone di Claudio Baglioni "Amore bello", tremano. Nesta, Gattuso, Inzaghi. Roba seria. Da più di un award alla carriera, come direbbero quelli che parlano bene. 13 anni di Milan e titoli di ogni genere per Rino, 11 anni di Milan e gol da primato a tutte le latitudini per Pippo e 10 anni di Milan, di talento, di orgoglio e classe per Sandro. Una generazione così è vissuta solo qui. Bella, solare, italiana. Nessuna smobilitazione, sia ben chiaro. E' anche attraverso i lacrimoni e gli occhi gonfi per questi addii che nascerà il Milan ultracompetitivo di Ibra e Thiago Silva. Quest'anno, nonostante il mese di Gennaio 2012 non sia stato una svolta positiva, da circolo virtuoso, come il Gennaio 2011, il Milan non è affondato nè al settimo posto e nè in Europa League, ma si riserva di chiudere a quella quota di 80 punti con cui, nella scorsa stagione, avrebbe vinto ugualmente lo Scudetto. Ma lo Scudetto il Milan di quest'anno non lo ha vinto perchè, contrariamente alla stagione scorsa, l'avversario di quest'anno, la Juventus, non era impegnata in Champions League come l'Inter del 2010-11. Fateci caso: nel duello tricolore dell'anno scorso chi è arrivato ai Quarti di Champions, l'Inter, è arrivato secondo in Campionato, mentre quest'anno l'equazione Quarti-secondo posto l'ha fatta il Milan. Questo è il motivo dello Scudetto. Nella scorsa stagione il Milan ha potuto permettersi di perdere a Palermo e di pareggiare con il Bari in uscita dalla Champions, quest'anno la sconfitta con la Fiorentina e il pareggio con il Bologna sono stati pagati per via della grande, ancorchè insolita, striscia positiva in chiusura di stagione fatta dalla Juventus. Raramente nel Campionato italiano chi vince il Campionato fa 10 vittorie e 1 pareggio nelle ultime 11 partite. Nemmeno l'Inter post-Calciopoli è riuscita a mettere insieme questi filotti finali. All'inizio sì, al centro della stagione pure, ma a fine annata raramente si realizzano questi numeri. Quest'anno la Juventus ha corso tanto fino alla fine, ha avuto la fortuna di avere contro un Milan che nello scontro diretto del 25 Febbraio ha giocato in attacco con Emanuelson, Robinho ed El Shaarawy (l'anno scorso nel derby-Scudetto, i rossoneri schierarono Pato al top-Boateng-Robinho) e ha vinto. Bene, ma la vittoria della Juventus non è il naufragio del Milan. Tutt'altro. Chi si appresta a vivere il sorteggio di Champions League nella prima, o malissimo che vada all'inizio della seconda, urna di Montecarlo, non è mai su una zattera. Mai.
Non è il Milan il primo destinatario delle pepate riflessioni a posteriori di Andrea Pirlo. Ricordiamo bene quanto disse Andrea nella settimana pre-5 Maggio 2002: "Chi vincerà lo Scudetto? Spero non l'Inter". Era esattamente un anno dopo il suo passaggio dall'Inter al Milan. Un anno dopo il suo passaggio dal Milan alla Juventus, riecco Andrea. Questa volta quello che è dispiaciuto a Milanello non sono tanto le sue valutazioni sulle scelte tattiche di Allegri (l'anno scorso Pirlo fece le sue migliori partite della stagione, come a Bologna, proprio nel nuovo ruolo di mezz'ala disegnatogli dall'allenatore), ma quelle sulla preparazione. Pirlo, obiettivamente, nella stagione 2010-2011 nel Milan non solo non ha giocato per 7 mesi ma si è anche allenato piuttosto poco. Aveva un fisioterapista dedicato che alla Juventus non ha più avuto, e forse anche per questo Antonio Conte si è ricreduto sul suo conto dopo il forte scetticismo iniziale. Andrea dovrebbe convenire, da professionista stracompetente di calcio, che il ruolo come il suo di centrale davanti alla difesa, con le sue caratteristiche, ha perfettamente senso in una squadra fortemente dinamica come la Juventus ma che non poteva più averne nel Milan che è molto più tecnico che dinamico. Andrea aveva bisogno di un nuovo meccanismo da far girare ed era il primo ad aver bisogno di nuove motivazioni. Lo conferma il fatto che alla Juventus non è più sovrappeso e che è tornato a correre tanto e ad allenarsi con grande continuità. Ma questo è un fatto positivo, tutt'altro che polemico. Al Milan è sacrosanto che nessuno tolga a Pirlo nulla dei suoi 10 anni in rossonero, è legittimo e credibile che tutti lo stimino ancora perchè se lo merita, ma, attenzione, udite udite, è un avversario. Da non demonizzare, nè lo voleva fare il sito del Milan che il giorno dopo Milan-Juventus del 25 Febbraio non si occupava del suo dna ma di due, specifici, episodi della gara, ma pur sempre un avversario. Anche perchè la Juventus di questa stagione sembrava sempre informatissima ("In occasione delle partite con il Barcellona il Milan potrebbe perdere punti", "Se loro rallentano, possiamo farcela"...) sulle fasi di forma e sulle situazioni interne a Milanello. Avversari! Chiaro? Leali, competitivi fino all'ultima goccia, ma avversari. Senza fare confusione.
A proposito della Juventus: il sogno Higuain è in fortissimo pericolo. Fra gli addetti ai lavori del calcio italiano è fatto noto che giovedì il Paris Saint Germain ha offerto 40 milioni di euro per l'attaccante argentino del Real Madrid. Te capì? Queste sono le cifre degli sceicchi, questo è il nuovo che avanza. E non c'è titolo Mediaset in calo, o crisi libica, o involuzione del mercato dell'auto, per fare tre esempi riconducibili a Milan, Inter e Juventus, che tengano. Su queste cifre e su queste basi, non c'è storia. I cosiddetti top player non fanno per la nostra Serie A. E fino a che nessuno saprà invertire la tendenza, non ci si dovrà stupire che negli ultimi sei anni soltanto due volte una squadra italiana, il Milan nel 2007 e l'Inter nel 2010, sono entrate nelle Semifinali di Champions League. Problemone vero per il calcio italiano. E di questo livello di problemi si deve occupare il Paese, se c'è, non i soliti cui tirare la giacca, gli Agnelli, i Berlusconi e i Moratti per restare in rigoroso ordine alfabetico. Perchè i magnifici tre non possono esserci sempre e, fatalmente, di qui in avanti ci saranno sempre meno.
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