Senza soldi, assediato per Thiago e con uno spogliatoio da rifare: un'estate rovente per Galliani
E’ iniziata 7 giorni fa a cena con Berlusconi e Allegri, è proseguita con le strette di mano ai veterani, entra nel vivo coi rinnovi di Yepes e Ambrosini e le margherite da sfogliare Aquilani e Maxi Lopez. L’estate ardente di Adriano Galliani è cominciata, si preannuncia una delle più difficili della sua epoca. Il Presidente avrebbe anche voglia di mettere qualche soldo sulla bilancia, facendo felice Barbara che lavora in via Turati, ma non può ignorare che le aziende di Marina (Mondadori) e Piersilvio (Mediaset), con migliaia di dipendenti, stanno operando tagli col macete nel bosco che brucia: dovendo scegliere a chi destinare qualche assegno di famiglia e non firmato da Fininvest, la precedenza toccherebbe a loro. Galliani allora si mette in mano ai ragionieri perché contino quanti soldi verranno risparmiati dagli ingaggi pesanti, dei senatori che lasciano e di quelli che rimangono (lo stipendio del capitano è stato ridotto per due terzi, smentita l’offerta della fascia a Ibra), oltre quanto sarebbe possibile ricavare da qualche cessione.
In battuta il nome caldo in uscita era quello di Robinho, il Santos però si è raffreddato, mentre per Pato l’unica via resta(va) Parigi: uno degli sponsor – Leonardo – ha abdicato e l’altro – Ancelotti – resta in bilico. Il problema grosso ora è l’assedio a Thiago Silva: tirano Galliani e il giocatore per la camicia, da tutte le parti, Inghilterra Spagna Germania Francia. Il primo che arriverà a offrire 40 milioni avrà accesso in via Turati per la discussione, specie se davvero sarà in grado di aumentare considerevolmente l’ingaggio del difensore che al momento guadagna quanto Mexes.
Fino a quando Galliani sarà in grado di resistere agli assalti? E qual è l’idea di Thiago, che nell’ultimo mese è parso avere in testa più le Olimpiadi che il Milan?
L’idea (poco gradita a Berlusconi) di liberarsi di Ibrahimovic, il quale già domenica scorsa alla cena di compleanno di Pippo Inzaghi era perfettamente a conoscenza delle intenzioni di Allegri nei suoi confronti, è nata per due motivi: 1) uno spogliatoio anarchico in cui lo svedese è considerato despota, ma certamente non leader; 2) un risparmio lordo di una ventina di milioni a stagione e lo stop delle rate al Barcellona col parziale recupero di quanto speso finora. Allegri ha perso feeling con parte dello spogliatoio che gli rimprovera un’eccessiva sudditanza nei confronti di Ibra. Di conseguenza, una parte dei giocatori ha preso a sfruttare la situazione dividendo la squadra, da quello che una volta era un gruppo, in una banda. Tra orari e abitudini flessibili, allenamenti blandi e soprattutto una resa anticipata nella corsa scudetto (in cui dopo la sconfitta con la Fiorentina hanno continuato a credere soltanto i veterani italiani e un paio di altri), Gattuso, Nesta e Ambrosini hanno “denunciato” pubblicamente e privatamente la situazione di disagio che si avverte ora a Milanello.
I senatori lasciano il Milan, dunque, non perché non comandano più, o perché giocano poco, o perché non fanno più i padrini: i senatori lasciano il Milan perché hanno capito che è un lavoro troppo lungo, faticoso, di difficile realizzazione la ricostruzione di un gruppo e un ciclo come quello che è arrivato al capolinea con lo scudetto del 2011. E hanno lasciato la banda.
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