E' come se avessero rubato il futuro!
Alla festa, questa volta, non è andato nessuno. La prima partita di Champions League è tradizionalmente un invito al quale non si può rinunciare. Già intorno alle 19 le vie intorno a San Siro sono intasate, piazzale Lotto sembra la Piazza Djemaa el Fna, a Marrakesh, nel giorno del mercato. I vigili fermano tutte le auto, in lunga fila, per controllare che abbiano il pass per i parcheggi, vicini al tempio laico più celebre del mondo. Martedì sera tutto questo era solo un triste ricordo. Strade desolatamente vuote, traffico inesistente, dal centro città o dalla periferia in pochi minuti si raggiunge lo stadio. Solo qualche tifoso a piedi lungo Viale Caprilli, a testa bassa, senza la felicità di andare vedere il “suo“ Milan. L’atmosfera elettrizzante di una partita di Coppa aveva la potenza di volt di una lampadina consumata. Mai, ripeto, mai mi era capitato di notare un tale senso di mancanza di entusiasmo, di rassegnazione, di sfiducia totale da parte del tifoso rossonero. E’ tanto bello, invece, sognare di vincere tutto, di avere la squadra più forte al mondo, di tenere un atteggiamento di divertente superiorità rispetto agli avversari. Tutto questo sembra scomparso in questi ultimi 120 giorni. In queste righe, non voglio esaminare di chi sia la colpa. Alcuni indicano il Presidente, altri i responsabili della campagna acquisti, chi l’allenatore, chi i giocatori. No, a me non interessa, io tiro la riga, evidenziando solo e soprattutto la situazione di profondo disagio, che stanno attraversando i tifosi del Milan, che sembrano dire: ”Ma che cosa abbiamo fatto di male per meritarci tutto questo?“. Qualcuno ha sottolineato la reazione del pubblico a fine partita, quando i fischi si sono alzati per protestare contro l’ennesima partita senza gol.
A me ha fatto più male però il silenzio assordante, come si usa dire, del pubblico, per lunghi tratti del match: silenzio intervallato solo dal disperato incitamento della Curva Sud e dai cori dei tifosi al seguito della modestissima squadra belga. Ad un tratto, però, la liberazione, la catarsi. Il tabellone, nell’intervallo, mostra i gol dagli altri campi. Ecco Parigi, ecco Ibra, che si avvicina al dischetto del rigore, con l’andatura che conosciamo bene, con la concentrazione che conosciamo bene. Il tiro, il gol, le braccia aperte. Qualche fischio, solo qualche fischio, poi tutti in piedi per un applauso liberatorio, dedicato al formidabile bomber mai dimenticato, al Campione, che ci ha regalato grandissimi gol, applausi che sono aumentati poi per la rete di Thiago Silva. Come se Ibra Supremacy e Grandine Nera non se ne fossero mai andati, come se indossassero ancora la maglia rossonera. E’ stato il vero brivido, la forte emozione di una serata difficile. Finalmente, in quegli attimi, ho riconosciuto il pubblico di San Siro, che è tornato a scaldarsi, a gioire, a saltare per i gol, per le reti dei “suoi”campioni. Sì, perché è tanta la voglia di ricominciare a stupirsi per qualche prodezza, per qualche colpo di tacco, per qualche lancio ispirato, per le giocate da Milan. Soprattutto però manca l’urlo del gol, quello che spaventa i cavalli nei box poco distanti, quello che scuote i vetri delle finestre di Piazzale Axum. La tristezza non nasce da qualche risultato negativo, è già capitato nel passato e capiterà, come è logico, nel futuro, ma è figlia di una quasi totale assenza, in questo momento, di tutte le qualità per le quali il Milan è entrato nella storia, nella leggenda, nel mito. La bellezza, lo stile, l’armonia, la classe. Sono sicuro, torneranno le serate calde, il Milan riprenderà a entusiasmare la sua gente, è sempre successo anche dopo gli anni più bui, ma nessuno oggi si sorprenda o critichi o condanni l’atteggiamento del tifoso rossonero che vive queste ore, con un forte senso di vuoto. Sì, come se gli avessero rubato il Futuro!
Testata giornalistica Aut.Trib. Arezzo n. 8/08 del 22/04/2008
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