... Dieci anni in punta di piedi

... Dieci anni in punta di piediMilanNews.it
© foto di Giacomo Morini
venerdì 20 maggio 2011, 08:00Focus On...
di Emanuele Buongiorno

Ciao Andrea e grazie di tutto

È l’estate del 2001. In un Milan che si assicura colpi di mercato di primissimo piano, come Filippo Inzaghi e Manuel Rui Costa (70 e 85 miliardi di lire versati rispettivamente a Juventus e Fiorentina)  arriva, in punta di piedi, un giovane trequartista appena 22enne, già conosciuto però al grande pubblico della serie A per aver indossato le maglie di Brescia, Reggina e Inter. Sono proprio i cugini a scaricarlo al Milan, è vero, in un’operazione che richiede 35 miliardi di lire più il centrocampista croato Brncic, ma di fatto i nerazzurri non hanno mai creduto nel talento del ragazzo, che colleziona, con la maglia della “Beneamata”, 40 presenze senza far registrare neppure un gol all’attivo. Quel ragazzo si chiama Andrea Pirlo, è nato il 19 maggio del 1979 a Brescia, ma risiede a Flero, un paesino vicino alla “Leonessa d’Italia”. È già un punto fermo dell’under 21 di Tardelli, con cui ha sollevato anche un europeo di categoria, ma qualcuno mormora che sia un giocatore incompleto, un incompiuto, con buone qualità ma discontinuo, non da grande squadra. Non sarà così. Dopo una prima parte di stagione iniziata in sordina (e in panchina) con Fatih Terim, l’arrivo di Carlo Ancelotti lancia progressivamente Pirlo che, in punta di piedi, si dimostra tra le note più liete di quell’anno, il 2001/2002, in cui il Milan riesce a centrare il quarto posto, obiettivo minimo che vale i preliminari di Champions League. A Verona, contro l’Hellas, già fatale in due occasioni nella storia rossonera, è proprio un gol di Pirlo, abile a scartare il portiere e a depositare in rete, a dare ai rossoneri la spinta decisiva per non fallire l’obiettivo, forse non tra i più ambiziosi, ma fondamentale per quello che avverrà la stagione successiva.
La stagione 2002/2003 deve essere (e sarà) quella del riscatto, indispensabile quindi qualche cambiamento: ceduto chi non ha dato il supporto sperato l’anno prima, il Milan si rinforza in ogni reparto, acquistando il miglior difensore in circolazione, Alessandro Nesta dalla Lazio, facendo rientrare all’ovile Dida dal prestito al Corinthians, assicurandosi a metacampo la classe e l’intelligenza di Clarence Seedorf, lasciato partire ancora una volta dai cugini nerazzurri con le gomme (e le idee) sgonfie dopo il dramma sportivo del 5 maggio. Davanti arriva dal Feyenoord, fresco vincitore della Coppa Uefa, l’affidabile Tomasson, e la stella Rivaldo, forse già sul viale del tramonto, ad arricchire un settore che vanta già elementi di assoluto rilievo come Andriy Shevchenko e Filippo Inzaghi. Ma più di questi è forse un altro cambiamento, nella zona nevralgica del terreno di gioco, a trasformare il volto, e le sorti, del Milan di quella stagione. Carlo Ancelotti architetta un rombo a centrocampo, ipotesi sulle prime molto fantasiosa, ma che si rivelerà poi il marchio di fabbrica del Diavolo per quella stagione e per quelle a venire. Rui Costa a ispirare alle spalle delle due punte, Seedorf sul centro-sinistra, in grado di dare grande qualità e quantità alla manovra rossonera e Gattuso sul centro-destra, corsa, grinta e tanto cuore. E davanti alla difesa? Un ruolo fondamentale. Chi gioca lì deve toccare tutti i palloni, deve “cantare e portare la croce” come si suol dire, deve usare “la piuma e la spada”, insomma, deve impostare, lanciare, ma anche lottare e sacrificarsi. Chi può ricoprire un ruolo così importante in una squadra e per una società così importanti, sostituendo un’icona rossonera come Demetrio Albertini, soprannominato da Carlo Pellegatti il “metronomo” mica per niente? Carletto non ha dubbi: Andrea Pirlo. È in quell’anno, culminato con il sublime trionfo di Manchester, nella prima (e finora unica) finale di Champions tutta italiana e con la conquista della Coppa Italia, che il genio, l’estro, la creatività e l’intelligenza tattica di Pirlo emergono a livello nazionale, europeo e mondiale. Un centrocampista tuttofare; certo non sarà velocissimo, neanche troppo prestante fisicamente, ma è in grado di giostrare come di interdire, di segnare gol e servire assist come di intervenire in tackle e recuperare palla. Calcia magistralmente punizioni e rigori, ed è in grado di vedere spazi  e pertugi nell’area avversaria che i difensori non credono di aver concesso. Andrea Pirlo ha poi una peculiarità: non si scompone mai. Non ride, raramente protesta, non parla e se segna o si vince il suo volto sembra non tradire mai emozioni. È sempre serio, l’unica esultanza in tanti anni trascorsi sul terreno di gioco è il bacio all’anello nuziale, con il pensiero che vola alla moglie Deborah e ai figli Niccolò e Angela. Niente eccessi, niente follie, così dentro come fuori dal campo. Anche questo è Andrea Pirlo.
La sua carriera in rossonero prosegue negli anni con una Supercoppa Europea (2003), uno scudetto vinto da protagonista (2003/2004), una Supercoppa Italiana (2004), fino a replicare gran parte dei suoi successi negli anni più recenti: un’altra Champions League (2006/2007), un’altra Supercoppa Europea (2007), un Mondiale per club (2007, nel giorno dei 108 anni di vita del sodalizio rossonero) e, infine, lo scudetto di quest’anno, 2010/2011, con Andrea spesso costretto ai box per via degli infortuni, ma con alcune gemme dal valore inestimabile come il gol da 35 metri valso la vittoria in quel di Parma, e gli assist sopraffini per i gol di Ibrahimovic contro Genoa e Bologna.
L’avventura con la maglia rossonera è però ora giunta al termine. Nella giornata di ieri, mercoledì 18 maggio, Andrea, dopo un colloquio in sede con la dirigenza, ha confermato che le reciproche strade si dividono qui. Il Milan avrà altri centrocampisti da schierare, Andrea proseguirà la sua carriera altrove, forse alla Juventus, ma la stima e l’affetto che il popolo rossonero nutre nei suoi confronti non svaniranno mai. Parafrasando le parole di Adriano Galliani, e modificando quel tanto che basta una canzone di Antonello Venditti, si potrebbe dire “nemici mai, per chi si ama come noi”; perché la storia non si dimentica, e quello che si è fatto di bello rimane, indelebile, nella mente, nel cuore e nella memoria. I tifosi rossoneri avranno ancora negli occhi le magie su calcio da fermo, i lanci calibrati sul piede per i compagni, le giocate riuscite da posizioni impossibili, inconcepibili per qualsiasi altro giocatore, e la calma serafica, il volto impassibile di un campione singolare, atipico. Niente rotocalchi, niente polemiche, tutto giocate e silenzio.
Marcello Lippi, ct della nazionale azzurra Campione del Mondo nel 2006 a una specifica domanda sul campione bresciano, direttore d’orchestra della sua formazione, quella che raggiunse il tetto del mondo, una volta rispose: “Non servono parole. Pirlo è un leader silenzioso, parla con i piedi”. E allora grazie, Andrea, di tutto. Auguri per i tuoi 32 anni, compiuti, forse con un velo di malinconia, oggi 19 maggio 2011, e un sincero in bocca al lupo, di cuore, per il tuo futuro. Ti vedremo con un'altra maglia, difendere altri colori e magari gioire per altre vittorie, nel tuo solito modo, equilibrato, misurato, calmo. In punta di piedi, sempre.