...La Pirlo-dipendenza: ricordo dolce-amaro e chiave tattica vincente

...La Pirlo-dipendenza: ricordo dolce-amaro e chiave tattica vincenteMilanNews.it
© foto di Carmelo Imbesi/Image Sport
martedì 27 settembre 2011, 08:30Focus On...
di Emiliano Cuppone

Le parole di Pietro Lomonaco (direttore sportivo catanese salito alle cronache per le discussioni con Mourinho, prima, e per i litigi con Pulvirenti, poi, il quale resta “anche” un grande conoscitore di calcio) hanno riaperto vecchie ferite nei più nostalgici fra i tifosi rossoneri.
Il numero due catanese ha parlato della “Pirlo-dipendenza”, tanto nota ai tifosi rossoneri di Ancelottiana stirpe, che hanno amato e sofferto insieme per le prestazioni del genio bresciano. Per anni il Milan si è dannato sul mercato, spremendo le menti di Galliani e Braida, prendendo aerei, treni, navi, setacciando il globo alla disperata ricerca del famigerato “Vice-Pirlo”. La fine di quel navigare incerto, di quella continua rincorsa ad un campione di riserva, è stata “misera”, racchiusa in una semplice constatazione: Andrea Pirlo è un giocatore unico nel panorama mondiale.
Le mirabolanti qualità di quello che una volta era “Trilli Campanellino” non sono riproducibili, l’hanno capito i tifosi rossoneri, l’ha capito la dirigenza rossonera, l’ha capito soprattutto Massimiliano Allegri, semplificatore (parola che a Milano in questi giorni sembra andare di moda) di un gioco bellissimo e complicato, come quello del Milan dei suoi predecessori.
Carlo Ancelotti ha avuto un’intuizione, prendere un campione a metà, scaricato dall’Inter, un trequartista incompleto, e facendone il giocatore forse più ammirato della Nazionale azzurra campione del mondo nel 2006.
Massimiliano Allegri, a causa anche dei tanti infortuni che hanno tormentato Pirlo la scorsa stagione, ne ha avuta un’altra: è più facile sostituire un “mediano” come Van Bommel, piuttosto che un direttore d’orchestra come Pirlo. Il Milan dello scorso anno ha saputo fare a meno di quel campione splendido, ha saputo metabolizzare un metodo di gioco diverso, più pragmatico, meno elegante e più semplice rispetto a quello che il Milan aveva espresso negli anni precedenti, incantando il mondo intero.


Questo dolcissimo “problema” oggi è passato ad Antonio Conte, il quale ha costruito una macchina ben oliata, che trova il suo cardine proprio nel metronomo con il numero 21. La prima uscita di questa Juve ha stupito tutti, con Pirlo assoluto protagonista di una squadra che ha strapazzato il Parma, fra lanci millimetrici e dribbling stretti di questo poeta del pallone. La seconda uscita ha mostrato un Pirlo meno brillante, un po’ più imbrigliato dalla pressione del Siena di Sannino, ma pur sempre splendido “geometra”, anche se non per tutti e 90 i minuti. La terza uscita, contro il Bologna, dice poco, una Juve limitata dall’espulsione di Vucinic, illuminata da un singolo lampo di genio proprio di Pirlo, che batte velocemente una punizione lanciando il montenegrino verso il vantaggio. Il pareggio nell’inzuppatissimo campo di Catania, invece, ha mostrato una Juve poco brillante, farraginosa, meno sciolta ed incapace di rendersi pericolosa con continuità, con la manovra, ma affidata più ai colpi di singoli ispirati come Krasic, che alle geometrie del centrocampo.
Da qui la riflessione di Lomonaco, che non è il “Monaco di Tibet”, ma un osservatore attento del calcio nostrano, un uomo di campo che ha voluto sottolineare una caratteristica peculiare della Juve del nuovo corso.
Una riflessione che non sarà sfuggita a Massimiliano Allegri, il quale potrebbe sfruttare, insieme ai tanti giocatori che conoscono Pirlo a memoria, questa chiave tattica, questo “segreto di Pulcinella”, che in tanti prima di lui hanno scoperto: ferma Pirlo e fermerai il tuo avversario.