Boateng e la fine di un amore

Boateng e la fine di un amoreMilanNews.it
© foto di Alberto Lingria/PhotoViews
martedì 22 novembre 2011, 16:00Primo Piano
di Francesco Specchia
fonte Vanityfair

Di seguito riportiamo l'intervista esclusiva realizzata da Vanity Fair a Kevin Prince Boateng.

"Certe sere torno dagli allenamenti. Sto lì, solo, nella mia casa nuova e penso: se Jermaine fosse qui, mi correrebbe incontro e mi porterebbe fuori in giardino, tirandomi per la maglia, a palleggiare con lui».

Kevin-Prince Boateng, a cui Vanity Fair in edicola il 23 novembre dedica una lunga intervista, ha 24 anni e gioca nel Milan da uno. A un primo sguardo sembra un duro, fra tatuaggi (36 in tutto), look da rapper e maglia del pugile Muhammad Ali. Invece, è solo «un ragazzo felice, nonostante la nostalgia». La nostalgia di quando finisce un amore, e non puoi farci niente, perché «that’s life», così è la vita. Dici alla madre: «“Basta”, senza urla». Lei allora se ne torna a Berlino, da dove siete venuti. E il bambino, Jermaine, diventa «una vocina di tre anni che senti al telefono più volte in un giorno, e chiede dove sei, perché non lì». Perché «lì» è un check-in e due ore di volo più su, in Germania. E niente è facile come era, prima.

Quando è successo?
«Qualche mese fa. Ci trascinavamo da un po’, l’ho guardata e le ho detto: “È finita, vero?”. “È finita”. Ho fatto la borsa. Dopo otto anni insieme, ero in un albergo».

E lei?
«Che cosa sarebbe rimasta a fare, qui? Io voglio solo il meglio per il nostro bambino. Non avrei accettato che crescesse in un legame spento, ma so anche che cosa significa essere figli di genitori separati».

Ovvero?
«La mia infanzia è stata povera, cattiva. Mio padre era responsabile di un negozio di abiti e io avevo un anno quando lasciò mia madre, casalinga, sola con me e mio fratello George. Lui poi avrebbe fatto altri due figli con un’altra. Lei altri tre, con due uomini diversi. Mio padre smise subito di interessarsi di noi, che non avevamo soldi né cibo, e andavamo avanti a pane e acqua».

Ora che è ricco, aiuta sua madre?
«Le pago l’affitto».

Tornassero a dire che per salvare l’Italia dalla crisi ci vuole pure il suo contributo di solidarietà, come la prenderebbe?
«Penserei che il 48% di aliquota sul mio ingaggio è troppo, perché sì, è vero, si tratta di milioni di euro, ma già tassati».

Come si passa dal «campetto d’asfalto» a San Siro?
«Avevo 7 anni. Era una mattina in cui avevo saltato la scuola per il pallone. C’era Dennis, un ragazzo biondo. Mi giocava contro. A fine partita mi fa: “Sei forte, devo dirlo a papà”. “Papà” era l’allenatore delle giovanili dell’Hertha Berlino».

Poi in Inghilterra, al Tottenham.
«Fu allora che decisi di sposare Jennifer. Stavamo insieme da 4 anni. Era la mia prima tifosa e volevamo arrivare a Londra da “famiglia”. Il matrimonio l’abbiamo pensato e celebrato in tre settimane, a Berlino, nel mio giorno libero. Niente viaggio di nozze, solo il tempo di concepire Jermaine. All’alba, un aereo mi riportava in Inghilterra».

Come vi eravate conosciuti?
«Era la fidanzata di un mio amico. Io avevo 15 anni, lei tre più di me».


E adesso che Jennifer è lontana con vostro figlio, nessun nuovo amore?
«Nessun nuovo amore».


Che cosa le manca del piccolo Prince?
«La mattina, quando mi sveglio e non c’è, è il momento più difficile. Poi mi mancano i suoi occhi che si accendono davanti a un pallone: va pazzo per il calcio. D’altronde ha il mio sangue. E vederlo ballare come Michael Jackson».
 

Ha il corpo pieno di tatuaggi.
«Amo il ritratto di mio figlio, sulla schiena: è insieme a mia moglie. Ma anche la sua data di nascita. Berlino su un braccio, Prince sull’altro».


Ha appena lasciato la Nazionale del Ghana.
«Finché ero al Borussia Dortmund, mi dividevo. Ma con il Milan, tra Campionato, Champions e Coppa Italia, non ci riesco più. Il mio ginocchio ha subito sei infortuni e altrettante operazioni. Mi fa male persino in aereo, per il cambio di pressione. E mi avvisa se il giorno dopo pioverà. Così, addio Ghana perché tengo alla salute».

Con la Nazionale ghanese, ai Mondiali 2010, ha sfidato la Germania del suo fratellastro Jérome: dicono che non vi siate quasi parlati.
«I nostri rapporti non erano mai stati granché, ma poi si cresce e tutto si livella. Tanto che festeggeremo insieme il mio primo Natale da single, e poi via per una vacanza».


Silvio Berlusconi l’ha incontrato?
«Due volte. Non ti aspetti che un presidente ti dia una pacca sulle spalle. È davvero un brav’uomo. Un giocherellone».