Trova il trentenne

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© foto di Daniele Buffa/Image Sport
lunedì 28 novembre 2011, 20:00Primo Piano
di Francesco Somma

La notizia è che il Milan ha asfaltato un Chievo mediocre come a San Siro non si era mai visto. La notizia è divenuta tale solamente perché preceduta da una settimana che più strana non si può: brutta sarebbe esagerato, perché a Firenze abbiamo ammirato un buon Milan ed una pessima terna arbitrale, mentre contro il Barcellona ci siamo imbattuti in un Milan forte, che ha giocato a lunghi tratti alla pari con un avversario pressoché stellare, annichilito non soltanto dalla forza altrui. Dopo aver tirato una riga, facciamo i conti, o meglio, li cerchiamo ma non tornano, perché ce n’è uno in due partite. Così non va. Milan-Chievo è stata un’altra storia, il ritorno della squadra che vuole vincere il campionato dominando senza confronti. Perché la superiorità con cui il Milan ha giganteggiato ieri sera è di quelle che mettono imbarazzo e inducono a credere che la Serie A sia veramente una competizione di basso livello. Nell’attesa di capire quant’è pieno il bicchiere e dov’è la verità, non ci resta che aggrapparci ai dati di fatto più evidenti ed inconfutabili. Giungere a San Siro per ammirare il Milan, e trovarsi di fronte Zlatan Ibrahimovic, vuol dire azzerare il contachilometri e partire daccapo. Perché Zlatan Ibrahimovic è il Milan, e se il Milan è riuscito a più riprese nel corso di questo campionato a dare la percezione di essere una spanna (o forse più) al di sopra degli avversari, il merito è dei 192 centimetri del ragazzo di Rosengaard.

Nell’aria vibra l’inno del Milan che accoglie le squadre in campo: c’è chi saltella, chi stiracchia i muscoli, chi si guarda intorno per orientarsi meglio, chi incede frettolosamente, sfruttando gli ultimi istanti precedenti al fischio d’inizio per riscaldarsi meglio, e poi c’è lui. Impassibile, inamovibile, spavaldo e sicuro di sé, al punto tale da sembrare annoiato e desideroso di essere altrove. Ma poi la partita ha inizio e capisci di aver sbagliato, perché l’Ibra che stringe la mano con noncuranza è lo stesso che poi sgomma su tutte le palle vaganti e va a far pressing sul portatore di palla e finanche su Sorrentino. E’ quello che ad ogni singola azione chiede ad Aquilani, Van Bommel e Nocerino di dargli palla, anche se è marcato da uno o due difensori. Ibra che dà via libera alla fantasia e alla follia, ma che sa metterle in riga a braccetto con il sacrificio e la corsa senza palla, perché sa di poter ricavare un capolavoro anche da una palla anonima (vedi secondo 50). Immaginate cosa sarebbe il Milan se gli attaccanti a seguire questa strada fossero due: se Pato non si limitasse a giocare e scaraventare in rete le palle che gli finiscono addosso, ma tornasse mobile come ha dimostrato di poter fare e come i tifosi del Milan vorrebbero vedere. Se si dividesse il lavoro sporco con Ibra, se rispettasse il suo turno di romper le scatole al portatore di palla, se cominciasse a disperarsi quando i centrocampisti non premiano i suoi movimenti. Una vitaccia, quella dei fuoriclasse…