L’inspiegabile “vade retro” a un tecnico italiano. Neanche Sarri può andar bene?
Da qualche tempo ho segnalato la curiosa “anomalia” di casa Milan nella ricerca del prossimo allenatore: non risultano siano prese in considerazione candidature italiane. E non si capisce se per scarsa fiducia nella scuola di Coverciano o se per altro. Le esperienze di Moncada, in tal senso, sono state le seguenti a Milanello. Elliott è sbarcato con Gattuso (scelto e lanciato nella mischia da Fassone-Mirabelli) in panchina ma “bocciato” dalla coppia Leonardo-Maldini con i quali ebbe un durissimo confronto a fine di un derby. Rino si comportò da autentico signore, riconoscimento ricevuto anche dall’azionista Elliott: rinunciò allo stipendio in cambio della liquidazione da versare ai collaboratori del proprio staff. Dopo Gattuso, e cavallo tra la partenza di Leonardo per Parigi e l’arrivo di Boban dalla Fifa, la scelta cadde su Marco Giampaolo che godeva di una fama da insegnante di calcio. Già con Galliani al timone quel nome venne fatto per il Milan. L’esperienza durò pochissime settimane anche perché nel frattempo Boban maturò il convincimento che non fosse all’altezza del compito. Di qui il ricorso al sostituto: primo candidato sondato Spalletti che rimase bloccato dal “no” dell’Inter di liquidargli lo stipendio, secondo candidato Stefano Pioli. Non credo che il bilancio sia da buttare via.
Adesso circolano solo e soltanto allenatori di scuola e di anagrafe straniere. E se sul conto di Antonio Conte, come ribadito più volte, resiste una sorta di veto ideologico (per il suo carattere e per come esercita il suo ruolo di allenatore capo), per Roberto De Zerbi c’è una spiegazione economica (ha una clausola da 15 milioni) che ha impedito anche solo di fare una telefonata al suo staff a titolo informativo (e con RDZ lavora anche un ex milanista come Andrea Maldera -figlio di Gino- già inserito nello staff tecnico rossonero ai tempi di Allegri). Conosco l’obiezione in tal senso: ma Thiago Motta interpellato a dicembre 2023 lo considerate italiano o straniero? È l’eccezione che conferma la regola.
Il punto è capire il perché di questo indirizzo. Nelle ultime ore anche Arrigo Sacchi si è soffermato su questo aspetto segnalando la convenienza di puntare su un allenatore di scuola italiana per guadagnare tempo rispetto a un collega straniero avendo davanti una stagione molto più intensa e complicata di quella che sta per finire. Arrigo ha fatto da ultimo il nome di Maurizio Sarri e ne ha spiegato i motivi. Ha detto: può avere un carattere particolare, poco conciliante, ma la sua carriera e il calcio esibito (Empoli, Napoli, Chelsea, Juve e Lazio) parlano per lui. Non solo. Dal punto di vista tattico, ad esempio, la sua Lazio arrivata seconda lo scorso anno (ma uscendo dall’Europa league) si è segnalata per una difesa molto efficace pur non avendo a disposizione dei grandi nomi, Romagnoli e Casale la coppia centrale. Un torneo dopo, quella coppia che veniva anche segnalata per la Nazionale, si è come dissolta al sole. Di cosa ha bisogno l’attuale Milan? Al netto dell’eventuale calcio-mercato con tre pedine di spessore (un difensore, un centrocampista e un centravanti) serve un burbero che metta sotto pressione lo spogliatoio, e un addestratore che migliori la fase difensiva. Sarri ha queste caratteristiche? Credo di sì. Poi ha una comunicazione non in stile? E vabbè se ne faranno una ragione! So che queste riflessioni diventeranno lettera morta ma forse ci torneranno utili quando cominceremo a capire e a valutare il prossimo allenatore del Milan. Straniero!
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