Fonseca ed il rapporto altalenante con i senatori. I panni sporchi si lavano in casa, ma se il cesto è così pieno da strabordare?
A Natale siamo tutti più buoni. O almeno, ci si prova. Ma negli altri giorni? Dipende. Quest'anno, ad esempio, al Milan non tutti si sono comportati come avrebbero dovuto. O almeno, questo si evince dai comportamenti e dalle dichiarazioni, sempre sorprendentemente sincere, di Paulo Fonseca. Dopo poco più di sei mesi dall'insediamento sulla panchina rossonera sono quasi più gli episodi sopra le righe, o quantomeno curiosi, che le vittorie convincenti della squadra. E forse le due cose sono l'una strettamente collegata con l'altra.
Si comincia in estate, quando il neo allenatore considera il mercato chiuso. Alt, contrordine dice Ibra: "Il mercato è chiuso quando lo decido io". E nei giorni successivi infatti arriva Abraham, con Saelemaekers che fa il percorso inverso verso Roma.
Poi, il fattaccio. Probabilmente il più inaspettato e clamoroso. Ripresa di Lazio-Milan, parziale di 2-1 per i padroni di casa. Il Milan si è fatto rimontare dai biancocelesti e Fonseca butta dentro Theo e Leao, a sorpresa partiti dalla panchina. Siamo a fine agosto, il caldo, seppur sono circa le 22, è insopportabile: i giocatori hanno bisogno del cooling break. Ed ecco qui il patatrack: Leao e Theo rimangono sulla fascia sinistra, sulla linea laterale opposta rispetto alla panchina, e non vanno insieme al resto dei compagni a sentire le indicazioni dell'allenatore. Furlani, giorni dopo, lo derubricherà a "non evento", ma è palese che qualcosa lì si sia rotto tra Fonseca e i due big, nonostante le scuse raffazzonate fornite dai giocatori a fine partita.
Nelle settimane successive sembra tutto rientrato, tant'è che contro il Lecce Leao indossa anche la fascia da capitano. Si arriva poi a Firenze, partita mai banale per tante tematiche. Il rigorista designato è Pulisic, i due rigori assegnati ai rossoneri li tirano Theo e Abraham. Ed entrambi sbagliano. Addirittura in occasione del secondo penalty Tomori va a rubare la palla al numero 11 per porgerla soddisfatto all'amico dell'Academy del Chelsea. Fonseca, in conferenza stampa, come al solito non si tira indietro: "Sono incazzato. Il nostro rigorista è Pulisic, non so perché i giocatori hanno cambiato idea. Gli ho parlato e ho detto che non deve succedere più". Sarebbe stato decisamente meglio se non fosse successo proprio, anche perché tra i due rigori c'è stato anche l'intervallo.
Episodio isolato, è tutto pronto a rientrare? Neanche per sogno. I ribelli, Abraham e Tomori, escono dalle rotazioni dei titolari, in una sosta resa ancora più calda dalle dichiarazioni di Leao in nazionale: "Qui (nel Portogallo, ndr) mi sento al massimo livello. Quando sono qui sento il sostegno di tutti. Anche l’allenatore ha molta fiducia in me e questo è fondamentale per il mio gioco”. E Fonseca come la prende? Non benissimo, stando alle sue dichiarazioni in conferenza prima di Milan-Udinese: "La mia leadership non la ostento, non sono un attore. Quello che lo dico lo dico all'interno dello spogliatoio, faccia a faccia. Se abbiamo un problema non me ne frega un cazzo del nome del calciatore, mi confronto direttamente con la squadra o con i giocatori che hanno sbagliato". E contro i Friulani Leao va in panchina, rimanendoci per tutta la durata del match. Il portoghese va poi in panchina anche Napoli e Monza, entrando in campo per pochi minuti in entrambi i match. Ma è uno scontro che si risolve nel migliore dei modi, con Rafa, a partire dall'ottima prestazione del Bernabeu, che inizia a giocare da uomo di squadra, calpestando posizioni molto più congeniali alle idee di Fonseca. L'allenatore portoghese ora è soddisfatto (ma mai del tutto, è importante tenere alta la tensione) dell'atteggiamento e delle prestazioni del suo numero 10.
Bene, finita qui? Neanche per sogno. Dopo Milan-Stella Rossa di Champions League, gara che i rossoneri vincono con troppa difficoltà, Fonseca sbotta stupendo tutti: "Sono una persona che non è soddisfatta solo col risultato. Ovviamente la cosa più importante è che abbiamo vinto e che siamo in una buona posizione ma sono così, ci sono cose difficili da cambiare. E a volte sono stanco di lottare con queste cose. Non sono soddisfatto della prestazione della squadra. "Il problema è che la nostra squadra è una montagna russa. Oggi stiamo bene, domani non lo so. È come tirare la moneta e aspettare quel che succede. È impressionante. Io so che lavoro tutti i giorni per preparare la squadra, per fare bene. Non so se nella squadra tutti possono dire questo. Avevamo l'obbligo di arrivare oggi e fare di tutto per vincere la partita. E non l'abbiamo fatto. Io devo parlare con la squadra di quel che è successo in campo. Loro devono anche capire che questo non può succedere". E ancora: "Mai mi fermerò. Io ho la coscienza a posto. Se ci sarà bisogno di portare i ragazzi della Primavera o del Milan Futuro, lo farò. Senza problemi".
Chi era il bersaglio di questo sfogo? È presto detto: Theo Hernandez. Il francese, che oggettivamente in stagione è sempre stato ben al di sotto degli standard della sufficienza, finisce in panchina contro il Genoa e contro il Verona. Se l'esito sarà lo stesso di Leao è ancora tutto da vedere, ma intanto Fonseca non chiude gli occhi davanti al problema e lo affronta nel modo migliore secondo lui.
Anche perché la società, la stessa società che in estate aveva espressamente detto di volere un allenatore e non un manager, stenta nel supportarlo pubblicamente, facendogli fare dunque proprio il manager: Fonseca decide, Fonseca sceglie, Fonseca nel caso ne pagherà le conseguenze. Ma nel frattempo continua per la sua strada e con le sue idee, senza paura. La stagione sportiva sta prendendo una piega preoccupante, ma è un bene che situazioni del genere, che negli anni scorsi a volte passavano un po' in cavalleria, vengano affrontate. Certo, il pensiero comune è che i panni sporchi si lavano in casa, ma non potendo entrare in questa casa non sappiamo quanto sia pieno il cesto: magari a volte è giusto che anche chi è fuori lo sappia.
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