Un po' di polvere sotto al tappeto, ma Europa League, Ibra e… i soldi non risolvono i problemi. Gli infortuni continuano. Ora servono autocritica e una svolta nel gioco
Con la vittoria di Newcastle un po' di polvere è finita sotto al tappeto, ma già nei momenti di sollievo per essere comunque rimasti in Europa, arriva la notizia di Chukwueze che al fischio finale si tocca il flessore, rientra negli spogliatoi senza andare sotto la Curva e si ricomincia insomma (anche se non è niente di grave, per una volta…). Ognuno è libero di riferire l'eliminazione dalla Champions agli episodi che più gli sembrano significativi: gli errori in attacco nelle prime 2 partite, l'espulsione di Thiaw con il Borussia, il rigore regalato al PSG allo scadere della gara col Newcastle (ignorare il FairPlay Uefa non incide), ma personalmente resto dell'idea che con un limitato numero di infortuni le cose sarebbero andate diversamente, fino ad oggi anche in campionato.
Resta il fatto che a Bergamo e in Inghilterra la squadra schierata era migliore di quella avversaria, ma contro i nerazzurri questa non è mai parsa verità e contro gli inglesi (pure rimaneggiati e in altre grane recenti) per almeno un'ora i rossoneri hanno fatto fatica a mettere insieme due passaggi di fila e creare un'occasione. Poi è vero, sono arrivati 2 gol, 2 pali e una reazione dettata anche e soprattutto dai cambi (a proposito di panchina lunga...), ma è assolutamente necessario ritrovare alla svelta quella fluidità di gioco, quell'entusiasmo, quell'organizzazione che avevano portato il Milan in testa alla classifica dopo 8 giornate, facendo pensare che davvero il mercato avesse rinforzato la squadra. Oggi Lofutus, Musah e Reijnders - premiato dall'Uefa come MVP al St. James's Park, devo essermi perso qualcosa - hanno abbassato i rifornimenti offensivi e la protezione a un reparto difensivo reinventato con Theo centrale e Florenzi a sinistra. Dettaglio non indifferente quest'ultimo: fa piegare la nave su un fianco nonostante la disponibilità di Hernandez e l'abnegazione di Alessandro, che sbaglia più spesso la scelta e la giocata rispetto a quando sta nel suo (ed è sistematicamente tra i migliori).
Il Milan resta tremendamente fragile: come scrivevo una settimana fa, manca una leadership riconosciuta in mezzo al campo. Maignan, Tomori e Giroud (in parte lo stesso Florenzi) gridano, spronano, incoraggiano, ma è là nel centro che serve come il pane Bennacer che con il gioco, prima che con le frustate, dia ordine e personalità a una squadra che tende a sfaldarsi al primo alito di vento.
E' in campo, in partita, a Milanello che deve avvenire la svolta. Non saranno Ibra né il mercato di gennaio, per quanto importante per dare un aiuto alla rosa, a determinare il cambio di rotta. Zlatan arriva accompagnato da un minuzioso, esteso comunicato che ben definisce le sue alte responsabilità. I suoi ritorni da giocatore prima e da dirigente poi - conoscendo il suo carattere, le sue ambizioni - certificano che un progetto di alto profilo sia in atto come pensavo con la presenza di Paolo Maldini. Ora deve tradursi nei fatti che sono ritrovare la competitività in Italia e in Europa, oltre allo stadio nuovo: in EL la storia, il dovere, i tifosi impongono che si arrivi fino in fondo. Fino a Dublino. E per favore quest'anno si tenga nel mirino anche la farsesca Coppa Italia: diventa una cosa un po' più seria solo dalla semifinale in poi, quindi arrivarci dev'essere un obiettivo.
Non è con i soldi, con il mercato, che si vince, anche se aiutano molto. E' con un progetto che si insegue un traguardo. Il Chelsea spende vagonate di sterline da 3 stagioni: balbetta in Premier, è fuori dall'Europa e dodicesimo in campionato, cambia più allenatori che calzettoni. Non parliamo dello United: sesto in campionato, malamente scaraventato fuori dall'Europa. Senza l'omaggio del rigore alle penultima del girone, il miliardario PSG a sua volta sarebbe out dalla Champions dove colleziona da anni brutte figure. Il piccolo Girona è in testa alla Liga. Lo stesso Milan, secondo nel 2021, campione nel 2022, semifinalista di Champions nel 2023, ha parametri di budget rigorosi e chissà dove sarebbe se facesse debiti su debiti o trasgredisse i paletti del FairPlay... Più dei soldi contano le idee, la competenza, la logica.
L'ambiente ha bisogno di avere coesione, serenità, ordine. Deve ritrovare fiducia, continuità, ferocia. Non è utopia: aveva tutto a settembre e ottobre, ha perso le chiavi dopo la prima sosta. Ibra aiuterà senza bacchetta magica, ma con orgoglio, autorevolezza e carisma. E' una risorsa, non un problema né tanto meno una minaccia.
Dissento, per una volta, da un’analisi a ritroso degli amici del gruppo “I Casciavit”: non è vero e non è giusto dire oggi che le semifinali di Champions nella scorsa stagione sono state un caso fortuito: il Milan disputò le 2 ultime gare del girone e le 4 con Tottenham e Napoli in maniera superba, tra l’altro senza subire gol se non quello ininfluente di Osimhen all’ultimo secondo della sesta gara. Una partita può essere fortunata, un gol, un episodio, ma non un intero cammino. Lasciate credere ad altri che lo scudetto fu figlio dell’errore di Radu a Bologna: su questa sponda sappiamo benissimo, invece, che la sorte nello sport segue il karma e le energie, sono conseguenza di come stai, cosa fai e quanto vali. Per tutte queste cose i rossoneri hanno strameritato di arrivare dove sono arrivati 8 mesi fa, meritano di andare in EL adesso. Ma non facciamo confusione.
Nel frattempo, il Milan Football and Cricket Club compie 124 anni: auguri vecchio cuore rossonero, plasmato dall’anima e non da una fedifraga costoletta.
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