Zaccheroni: "Una bestemmia non aver mai dato il pallone d'oro a Ibra. Triste vedere il Milan cosi"
Tra i grandi nomi del calcio italiano, sicuramente, figura quello di Alberto Zaccheroni, celebre allenatore romagnolo che partito dalla sua terra ha conquistato l’Italia con il Milan e l’Asia con la nazionale giapponese. In un momento di grande emergenza per l’Italia, la redazione di Milannews.it lo ha contattato per commentare le ultime vicende che hanno riguardato il calcio italiano e il Milan, una squadra - che a detta dello stesso Zaccheroni - è sempre rimasta nel suo cuore. Queste le domande e le risposte:
Siamo coinvolti in una situazione di grande emergenza, in cui il calcio inevitabilmente e giustamente viene in secondo piano. Quale è la sua opinioni sulle ultime disposizioni emanate?
“Sembra che non ci fossero altre soluzioni. Il calcio è difficile da gestire guardando anche alle partite tra Juventus e Inter o quella del Sassuolo dove i giocatori durante la partita si abbracciavano. Il calcio è importante ma è fondamentale la salute e non mettere in difficoltà il sistema sanitario. Mi sembra una soluzione inevitabile anche se spero che duri poco. Se seguiremo tutte le indicazioni che ci danno credo che riusciremo ad uscirne in un periodo di tempo non così lungo. Se invece continueremo a non rispettare universalmente le regole, il problema si protrarrà per diverso tempo."
Al termine del consiglio di Figc di ieri sono state tante le ipotesi ventilate per il campionato: dall’annullamento, all’eventuale posticipazione dell’europeo con la possibilità di finire il campionato. Quale potrebbe essere la scelta più logica?
“E’ una domanda difficile perchè non conosciamo i tempi. Se riprenderemo ad inizio Aprile, anche se dubito fortemente che si potrà, possono starci tutte le soluzioni ma se non riprendiamo a giocare nel giro di un mese diventa estremamente complicato terminare il campionato. Questo problema non riguarda solo noi sopratutto quello dell’Europeo, considerato anche che questa edizione sarà itinerante. Negli altri stati il focolaio è arrivato più tardivamente rispetto a noi che abbiamo preso provvedimenti drastici prima come in Cina. I tempi tuttavia sono stretti perchè l’europeo è vicino"
Tra i tanti provvedimenti presi c’è stata la decisione di disputare partite senza pubblico. Da ex allenatore che ha vissuto il calcio per molti anni, quale è l’atmosfera nel giocare a porte chiuse?
“Io sono stato calciatore dilettante e prima di allenare i professionisti sono stato allenatore nelle categorie minori, quindi ero abituato a giocare senza pubblico anche se allora tra i dilettanti c’erano quasi 2000 persone ad assistere alle nostre partite sopratutto a Cesenatico e a Riccione. Non avere pubblico è chiaramente un’atmosfera diversa sia per i tecnici che per i calciatori anche se a tutto ci si può abituare. E’ un ipotesi plausibile ma poi bisogna considerare anche il comportamento dei calciatori e le dinamiche di gioco con i normali contatti fisici dei giocatori. Per non fermare il calcio, giocare a porte chiuse e trasmettere le partite in chiaro è una scelta comprensibile ma se hanno scelto di fermarlo temporaneamente bisogna capire che le esigenze di salute hanno priorità. Io sono un appassionato di calcio mentre chi prende le decisioni ha la competenza per farlo, quindi io sto assolutamente con loro."
La scorsa settimana il Milan è stato investito da una rivoluzione societaria. Boban si è sentito scavalcato da Gazidis e ha usato parole forti alla Gazzetta che poi hanno portato al suo addio. E’ stata la scelta giusta?
“Al di fuori è sempre complicato valutare perchè bisogna capire quali erano i rapporti interni e la comunicazione tra le parti e sopratutto quali erano i patti iniziali. La situazione Milan mi sembra di transizione considerato che la proprietà non è interessata a creare un ciclo ma a valorizzare il bene per poi rivenderlo. Questo scenario non è il migliore per fare calcio, la Roma per esempio è andata avanti per un po’ di tempo in una situazione simile però c’è sempre stato un malcontento tra tifosi e dirigenti mancando quel feeling e quell’emozione tipica del calcio. Il pallone in Italia è fonte di passione se manca quella non è più lo sport che conosciamo. Al Milan c’è questa situazione di standby e lo vediamo anche dalle reazioni dei tifosi che non si arrabbiano più e accettano situazioni che in passato erano inaccettabili. La proprietà con il suo messaggio è stata chiara in quanto il calcio non rientra nelle loro priorità economiche e che si ritrova a gestire, anche se ha il cuore milanista, è in una situazione di difficoltà. Penso sopratutto a Paolo (Maldini, ndr) che ha trascorso una vita in rossonero e dispiace molto che si sia creata questa situazione. ma sopratutto rende triste vedere il Milan così. Ci deve essere tuttavia rispetto dei ruoli, quindi in questo senso sono d’accordo con Boban e Maldini perchè se i ruoli sono stabiliti bisogna rispettarli. Quando ero al Milan io non interferivo nelle scelte della dirigenza o nelle scelte di mercato, davo qualche consiglio ma nulla di più. Quando arrivavano i giocatori però la gestione era solo dell’allenatore.”
Circola insistente il nome di Rangnick in orbita rossonera. Che idea si è fatto dell’allenatore tedesco?
“Non lo conosco ma ho visto le sue gestioni e i suoi risultati. Mi sembra un uomo con le idee chiare e dalla grande personalità, molto deciso e determinato e in una ricostruzione potrebbe essere l’uomo giusto. Mi sembra un allenatore più adatto per una rifondazione più che per una gestione. Sul mercato ci sono tanti allenatori che possono allenare il Milan ma quello che mi preme capire sono i tempi e il modo perchè i rossoneri hanno bisogno di essere ricostruiti. Il tecnico può essere sostituito ma non deve essere mai messo in discussione se no i giocatori non ascoltano più l’allenatore. Qualsiasi scelta facciano, se vanno avanti con Pioli o lo cambiano devono dare il massimo sostegno all’allenatore. Questo vale in tutte le categorie e io ne so qualcosa dato che le ho fatte tutte."
Il tecnico tedesco potrebbe o dovrebbe ricoprire la figura dell’allenatore-dirigente. Nel calcio italiano sarebbe una novità funzionale?
“No non credo possa trovare difficoltà ci si deve solo abituare perchè se funziona all’estero non vedo perchè non possa funzionare in Italia, anche perchè adesso è cambiata la figura della proprietà. Prima c’era la dirigenza che non gestiva la società a fine di lucro ma per un valore affettivo e quindi prendeva determinate figure a gestire il club. Gli investitori invece hanno una visione diversa e quindi scelgono determinati dirigenti che conoscano bene il calcio. Mi sembra anche giusta la scelta di lasciare all’allenatore la scelta dei giocatori. Io mi ricordo che per parecchi anni io facevo l’ultimo allenamento al venerdì, lasciavo il sabato libero e andavo a vedere la formazione Primavera per scegliermi i giocatori da portare su l’anno successivo. Davo poi indicazioni alla proprietà o al presidente sui giocatori che mi interessavano ma non andavo a fare trattative o a parlare con gli altri dirigenti. In prevalenza chiedevo giocatori in prospettiva per farlo crescere e farne godere i frutti alla squadra per anni e per poi eventualmente rivenderlo. Mi ricordo ad esempio ad Udine dove si valorizzavano i giocatori e poi si vendevano mantenendo sempre lo stesso livello e compiendo una crescita graduale. Come? Mantenendo l’ossatura generale, questa è la cosa importante e anche se vanno via tre/quattro giocatori il clima era sempre lo stesso e chi arrivava sapeva già cosa fare"
Si è sempre professato un grande fan di Ibrahimovic. L’ha stupita l’impatto dello svedese?
“Io sono sempre quello che ha professato che il non aver dato il pallone d’oro a Ibrahimovic è una bestemmia. Ibra ha vinto 11-12 campionati di fila e nessun giocatore ha fatto la differenza che ha fatto lo svedese nella sua carriera. Ha un impatto determinante e una classe sconfinata che abbina a tempi di gioco perfetti, insomma ha tutto. Non so perchè è sempre stato considerato meno di Cristiano Ronaldo e di Messi perchè Ibrahimovic ha sempre spostato gli equilibri come loro due. Non so neanche se i due abbiano vinto i campionati che ha ottenuto lui nella sua carriera. Chi è che vinceva il campionato? La squadra che lo ingaggiava, arrivava prima"
Ibrahimovic potrebbe essere una base da cui ripartire per il Milan. Che cosa serve ai rossoneri per tornare in alto?
“In un Milan che deve ritornare in alto io personalmente punterei su giocatori da far crescere. Io sono uno di quegli allenatori che punta sul costruire, si parte da una posizione e si cerca di crescere prendendo gente di prospettiva anche se vedendo Ibrahimovic adesso è riuscito a dare un grandissimo rendimento nel Milan. Non si può investire su di lui per anni anche se probabilmente ci potrebbe stupire tutti grazie al suo talento che magari lo farà giocare altri tre anni. Se si dovesse tenere Ibrahimovic, tuttavia non si può andare a prendere altri giocatori sopra i trent’anni ma andare a prendere giocatori con un futuro e che possono crescere lo svedese.Dipende però se rimarrà questa proprietà o ne arriverà un altra e soprattutto se penserà al Milan come un affare economico o una gestione a lungo termine. Con il pubblico e i tifosi che il Milan ha bisogna solamente pensare di ricostruire, quindi spero che la proprietà odierna possa cedere a qualcuno che possa fare meglio. Bisogna creare una base, e in questo momento il Milan non c’e l’ha. I rossoneri devono ricostruire questo nel rispetto dei ruoli."
Quanto è rimasto legato al mondo Milan?
“Sono molto legato a quei colori e mi rende triste vedere il Milan in questa situazione. Ho trascorso tre anni in quell’ambiente, con quella maglia sul petto e vedere i rossoneri così in difficoltà non è bello. Solamente vedendo quella maglia gloriosa verrebbe voglia di spaccare il mondo. Purtroppo non dipende da noi, siamo semplici spettatori e dobbiamo avere pazienza. Con il pubblico e i tifosi che il Milan ha bisogna solamente pensare di ricostruire, quindi spero che la proprietà odierna possa cederlo a chi può fare meglio, onestamente vedere i rossoneri in questa situazione mi fa piangere il cuore. Io esempio arrivai in rossonero con la squadra che era reduce da un undicesimo posto però nonostante fosse una squadra logora c’erano dentro giocatori veri come Maldini, Costacurta e Albertini che erano l’anima di quella squadra. Arrivato al Milan ho imparato come ci si comportava perchè questi giocatori erano un esempio: i primi ad arrivare, gli ultimi ad andare via e mai una volta che discutessero delle scelte tecniche."
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