Al calciomercato, dove spende di più chi ha meno: beffe infinite tra storie, balle e squali di provincia. L’ossessione per Berlusconi è ancora viva

Al calciomercato, dove spende di più chi ha meno: beffe infinite tra storie, balle e squali di provincia. L’ossessione per Berlusconi è ancora viva  MilanNews.it
venerdì 7 luglio 2023, 00:00Editoriale
di Luca Serafini

Da qualche estate ormai, il titolo più gettonato sulle pagine dei giornali e nelle aperture dei tg sportivi durante il mercato è: “Milan beffato”. Da Leonardo a Boban, da Maldini e Massara fino a Furlani e Moncada, nessun altro club vanta così numerosi cerini spenti tra i polpastrelli. Nel gioco della sedia, i rossoneri restano sempre in piedi. Poi sono arrivati casualmente risultati eclatanti, sono stati moltiplicati all’infinito i valori di molti giocatori, spesi più soldi di molti altri, ma comunque il refrain resta sempre quello di un disco rotto: Milan beffato. 

Non sto a seguire i racconti, le storie, le suggestioni quotidiane. Sono anni che mi disinteresso del calciomercato, dove gli interessi di bottega di procuratori, dirigenti, giornalisti fanno sì che gli scambi più frequenti e misteriosi siano quelli delle balle da raccontare. Artatamente, con obiettivi precisi. E i giornalisti, alcuni di loro per lo meno, stanno volentieri al gioco: “Ti dico questo se mi scrivi quest’altro” è un dazio da pagare nel passaggio da dogane di verità nascoste, o presunte, o virtuali. E di balle, un’infinità di balle che le fake social sembrano una goccia nel mare.

Quello che non è mai cambiato da Leonardo a Boban, da Maldini a Massara fino a Furlani e Moncada, è il loro silenzio: ogni trattativa inizia e finisce sotto traccia, senza conferme né smentite. Il che ovviamente non è sempre una strategia che paga, agli occhi della gente, ma personalmente resto dell’idea che siano sempre i fatti - alla fine - a contare più delle parole. Delle chiacchiere. Quindi, tra un Thuram a 6,5 l’anno più 10 di commissioni, un Frattesi con le cambiali e altri che prendono destinazioni differenti, si continua a lavorare nella direzione tracciata da Pioli per profili e necessità oggettive. 

Non è facile, è evidente, per due professionisti che fino alla domenica sera facevano il capo scouting e l’AD, buttarsi un lunedì mattina nell’oceano del calciomercato con ruoli diversi, specie in una realtà mediatica che spernacchia qualsiasi dirigente rossonero vi si dedichi da qualche anno a questa parte. Ma questa è stata la decisione della proprietà e in questo senso si procede. Le priorità sono quelle che elenchiamo noiosamente da settimane: due punte (3 se partirà almeno uno tra Origi e Rebic), un esterno, 3 centrocampisti. Questo nell’immediata vicinanza della prima squadra, poi bisognerà fare anche altro per sistemare la rosa, in uscita e in entrata. I tempi nel dopo-Maldini si sono accorciati, le possibilità finanziarie nel dopo-Tonali sono aumentate. 

Ci raccontano del pranzo delle (ennesime) beffe col Sassuolo per Frattesi - non per Colombo e dintorni -. Lo fanno colleghi autorevoli, che aggiungono il dettaglio non indifferente di un risentimento postumo del Milan nei confronti della dirigenza emiliana e dell’Inter. Immagino che nell’alta finanza Giorgio Furlani sia abituato a nuotare tra gli squali, magari meno subdoli e sleali che nel calcio, ma squali comunque. Posso dubitare che vi si tuffi in bermuda senza nemmeno un arpione, nel bel mezzo di un branco di pescecani di periferia, ma così ci dicono. Un giorno ci racconterà lui, o lo farà la storia, come vanno le cose. Come sono andate. 

Così come ai tempi Locatelli e poi Vlahovic alla Juve, anche l’Inter adotta la tecnica dei “pagherò” che - fino a prova contraria - è assolutamente lecita e quindi ammessa. Se abbiano risorse, se -  come ripete da tempo Arrigo Sacchi - chi ha così tanti debiti non dovrebbe potersi iscrivere a un campionato, se siano furbi loro e scemi gli altri, non lo so. Lo dirà il tempo, anche qui. Mi basta, personalmente, che alla fine Pioli abbia quello di cui ha bisogno e il Milan disputi la stagione che ci aspettiamo, partendo come al solito sotto traccia e lontano dalle favorite. Ricco solo delle sue beffe di mercato estivo. 

Nel frattempo, tra illeciti, penalizzazioni in tutte le serie italiane, debiti giganteschi e maneggi di vario tipo, resta viva l’ossessione anche postuma per Silvio Berlusconi. In una “inchiesta” vuota come una casseruola dopo il cenone del 24 dicembre, “L’Espresso” ravana di nuovo sul closing con il portaborse cinese Yonghong Li. Bastano il sommario sotto al titolo (“Misteriose ombre cinesi sul Milan”, “Silvio Berlusconi è uscito indenne dall’ultima indagine sulla vendita del club rossonero”) e le prime righe dell’articolo, per interrompere la lettura e dedicarsi a qualcos’altro: “Dalla lunga istruttoria della Procura di Milano sulla vendita del Milan a società estere, Silvio Berlusconi è uscito senza alcuna accusa, senza essere stato mai neppure indagato. Dopo anni di verifiche bancarie e rogatorie internazionali, l’unico indiziato per un’ipotesi di false comunicazioni sociali rimane Yonghong Li (…)”. Leggete bene: indiziato, ipotesi, false comunicazioni. Un cinese, come le scatole vuote. Segue una serie minuziosa di se e ma, come “se” le vergini fossero tutte le altre, “ma” la meretrice una sola. La quale, nel caso, non potrebbe più nemmeno difendersi. Come ha stabilito la Procura e scritto “L’Espresso”, comunque, il caso non esiste, e però qualche pagina andava riempita con qualcosa che facesse più rumore di un qualsiasi Thoir o di un autorevole Zhang. Per esempio.