Una stagione alle giostre. Rafa e il destino di Vlahovic. Stadio, club e biglietti: è urgente parlare. L'ennesima lezione di Baresi

Una stagione alle giostre. Rafa e il destino di Vlahovic. Stadio, club e biglietti: è urgente parlare. L'ennesima lezione di BaresiMilanNews.it
venerdì 25 ottobre 2024, 00:00Editoriale
di Luca Serafini

Ci vogliono le cinture allacciate per viaggiare sulle montagne russe con il Milan, salite ripide e discese vertiginose. La sensazione è che non ci libereremo da questo andamento ondivago, a meno che la squadra non sappia definitivamente chiudere il cerchio. Dico la squadra perché qui non è (solo) questione di allenatore, di modulo, di formazione o di scelte: la cattiveria, l'attenzione, l'abnegazione devono metterla in campo i giocatori con le loro qualità. Sfangate Udinese e Bruges, il calendario incalza ed è necessario avere il seguito di tutti, la partecipazione incondizionata di tutti. 
A questo proposito il tormentone Leao è il termometro più significativo per capire se staremo alle giostre fino a maggio o se sarà possibile partire sul chilometro lanciato e non fermarsi più. Con Okafor e Chukwueze, con Pulisic in mezzo al posto di Loftus Cheek il cui apporto è finora deludente, il Milan gioca più da squadra, senza cercare assoli o magie, ma restando compatta e viva in tutti i settori. Ho già detto più volte cosa penso di Rafa Leao: è unico per repertorio e capacità di stravolgere le partite, ma non si può pretendere che tutti abbiano lo spirito di Gattuso o di Fofana, per restare ai giorni nostri. La sua querelle rossonera mi ricorda quella che sta vivendo Vlahovic alla Juventus dal primo giorno del suo arrivo: al terzo anno bianconero, ancora è considerato croce e delizia da allenatori, tifosi e opinionisti. Fossi juventino, me lo terrei bello stretto. Essendo milanista, mi tengo strettissimo Leao.

E' Rafa, però, che deve leggere dentro se stesso. E' lui che deve accendere il fuoco, senza zittire i molti che lo criticano, senza bisogno di balie, senza aspettare coccole o incentivi. Gli unici due portoghesi sono lui e Fonseca, non v'è via migliore che parlarsi e capire che l'allenatore si aspetta da lui esattamente quello che tutti si aspettano da lui. Non è la società, non è il tecnico a dover risolvere la vicenda, ma lui.

Da qualche partita l'AIMC e i club affiliati non espongono striscioni e sono sul piede di guerra: il caro-prezzi e la gestione delle dotazioni dei biglietti sono al centro della diatriba. Non entro nel merito di meccanismi che conosco solo in parte, ben conoscendo invece sforzi fisici ed economici che i tifosi (non solo dei club) sono costretti a sostenere per alimentare la loro passione. Non c'è nessun'altra via, nessun'altra soluzione - in casi come questo - se non il dialogo, il confronto, la comunicazione. Le parte devono sedersi al tavolo e parlare. Mercoledì scorso l'AIMC ha incontrato il presidente Scaroni: è un primo passo che spero porti a un risultato concreto. San Siro deve cantare, incitare e sostenere: è per quello che i tifosi pagano.
A proposito di comunicazione. Sul nuovo stadio sarebbe opportuno sapere come stanno esattamente le cose, ma è un percorso tortuoso essendoci di mezzo la politica. Oggi San Siro sì, domani no. Oggi San Donato sì, domani forse. Tenere il piede in due scarpe è una strategia condivisibile con di mezzo le incertezze di Sala e le paure del Comune di Milano, ma bisognerà fare chiarezza prima o poi perché sulla questione non vi è dubbio che Elliott prima e RedBird poi, giochino il loro futuro e la faccia. Non credo siano disposti a restare in balìa dei ritardi, delle chiacchiere, della precarietà che la politica italiana offre a loro e non solo a loro.

Franco Baresi ha presentato il suo libro, "Ancora in gioco" (Sperling&Kupfer), raccontando di viaggi in realtà lontane e sconosciute, valori come il senso della vita, la sua eredità, la cristianità, la perdita delle persone care, ma anche le grandi lezioni che arrivano dallo sport e di come un'icona come lui - considerato tra i più forti di tutti i tempi nel suo ruolo - abbia profuso energie, lavoro, mentalità in una professione che ha esaltato e che lo ha esaltato. Leggendo quelle pagine, anch'io ho appreso dal capitano l'ennesima lezione di una fulgida carriera, sorpreso a affascinato dai suoi racconti così intimi e dalla sua umiltà che non è mai mancata. E che emerge chiara ancora oggi, ancora in gioco.