Le assenze? Mh, sì. Ma diciamo le cose come stanno: Milan a -11 dal Napoli perché non sceglie i Conte, perché sceglie i Pavlovic e non i Buongiorno. Si raccoglie ciò che si semina
È evidentissimo che le tante importanti assenze tra i rossoneri abbiano influito enormemente sul risultato di Milan-Napoli. Senza gl squalificati Theo e Reijnders, gli infortunati Gabbia, Abraham, Florenzi, Bennacer, Jovic e il debilitato Pulisic (solo mezzora in campo per lui), la squadra di Fonseca ha un valore, un potenziale e una forza nettamente inferiori a quelli che potrebbe esprimere normalmente. E sul campo, questa impotenza, si è vista, nonostante i rossoneri abbiano comunque offerto una buona prestazione.
Altri motivi
Quindi le assenze, sì. Ma le motivazioni della sconfitta di ieri, che portano il Milan già a -11 (con una partita in meno) dalla capolista Napoli a fine ottobre, non si fermano certo al tabellino indisponibili. Anzi: partono da più lontano e hanno a che fare con le scelte societarie e dirigenziali. Perché il Napoli, in estate, ha fatto ciò che moltissimi tra i tifosi milanisti chiedono da tempo al management rossonero: intervenire sulla squadra coprendo con vigore le mancanze, magari facendo un paio di sforzi (economici e non) in più per migliorare e rinforzare il tutto.
Modus operandi
Aurelio De Laurentiis, dopo una stagione fallimentare da grande colpevole, l'ha fatto. Il Milan di RedBird, dopo due stagioni di delusioni soprattutto nel confronto con l'Inter, no. O meglio: gli investimenti sono stati fatti (quasi 100 milioni in due anni), ma sempre e in qualche modo contenuti, limitati, fatti in modo da cercare di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo.
È il modus operandi per cui il Napoli decide di prendere Antonio Conte, allenatore forte e vincente, a 6,5 milioni a stagione per risalire la china e il Milan, seppur corteggiato dallo stesso Conte a più riprese, si affida a Paulo Fonseca, pur bravo tecnico, ma mai vincente ad altissimi livelli, ad uno stipendio ridottissimo di 2,5 milioni annui, rinunciando con forza a Conte per i motivi - non tecnici - che ben conosciamo.
È il modus operandi per cui il Napoli, che ha disperatamente bisogno di un difensore di spessore dopo l'addio di Kim, prende Alessandro Buongiorno a 40 milioni, mentre il Milan, colpito dalla stessa necessità difensiva, sceglie il serbo Pavlovic dal campionato austriaco, per meno della metà dell'esborso per il cartellino.
È il modus operandi per cui il Napoli, su indicazione chiara di Conte, non si fa troppi calcoli e acquista Romelu Lukaku in attacco, mentre il Milan, dopo aver mollato Zirkzee per la lotta contro i mulini a vento delle commissioni, sceglie Morata con la clausola rescissoria a 13 milioni e Abraham in prestito secco nelle ultime ore di mercato dalla settima in classifica dell'ultimo campionato.
Sia chiaro: non è solo una questione di soldi. Non è detto che se spendi di più spendi meglio eh, ma è probabile che, se spendi di più, ti ritrovi in casa cose migliori. Ed ecco che il Napoli si è costruito un bell'appartamento: l'allenatore che gli serviva per rialzarsi, un difensore di livello, centrocampisti di spessore, l'attaccante ideale per il gioco del tecnico. Al Milan, invece, tutto sembra fatto con l'idea delle offerte sui siti low cost: fai degli acquisti pensando più al risparmio che alla resa, ma poi ti accorgi che, in pochi mesi, devi spendere nuovamente quei soldi e gli altri perché la qualità di ciò che hai preso è già andata a farsi benedire.
Tutte cose ampiamente prevedibili e che in tanti avevano già previsto dopo il mercato estivo: il Milan, a fine ottobre, è già chiamato ad un miracolo per rientrare nella lotta Scudetto. Questione di scelte, di ambizione, di voglia di incidere, di vincere. Oltre le parole. Quelle le porta via il vento e si raccoglie solo ciò che si semina.
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