C'è qualcosa da salvare, nella nebbia? Monza, Madrid e Cagliari ultime tappe sul destino di Fonseca. Bisogna aspettare lo stadio nuovo per tornare a vincere (o sognare)?
Quasi ogni settimana, la parte più difficile è da dove, da cosa cominciare a scrivere. Bisogna farsi aiutare dalla cronologia, perché il fardello è copioso e pesante. Parto da Bologna, allora, dalla farsa di un rinvio politico (per ottenere lo stato di calamità dal Governo...) che niente, ma proprio niente, aveva che fare con il maltempo, l'ordine pubblico, i pericoli e tanto meno le disgraziate vittime - anche e soprattutto quelle rimaste vive - di una tragedia come quella in cui puntualmente l'Emilia sprofonda. A proposito di quest'ultimo punto, infatti, nessun altro evento è stato soppresso per rispetto nei confronti della gente colpita e danneggiata. Nessun altro evento. Solidarietà di lana caprina, sensibilità ipocrita: per questo perfettamente sposata dal mondo del calcio italiano, che nella pavidità sguazza. Il Milan ha abbaiato per poi chinare la testa, come fa con gli arbitraggi in Italia e in Europa (ma in quest'ultimo caso senza nemmeno abbaiare) e su troppe altre questioni.
Nessun vantaggio quindi - come i giorni di riposo in più suggeriti da Napoli...-, anzi una concatenazione di eventi sfavorevoli come le squalifiche da scontare contro il Napoli anziché contro i rossoblù, gli acciacchi prima di Gabbia poi di Pulisic, la panchina di Leao per scelta. Vedendo Rafa inizialmente escluso martedì sera, a Conte sarà venuta in mente la lite furiosa con Lautaro ai tempi interisti, al momento di una sostituzione non gradita dal candidato al Pallone d'oro. Ad Allegri in tv saranno venute in mente le sue schermaglie con Bonucci e Vlahovic. A Sarri quelle con immobile, a Spalletti quelle con Totti. Tutto il mondo è paese, ma il favoloso mondo di Fonseca e Leao è più paese degli altri.
Dal punto di vista estetico nemmeno così male poi la partita con il Napoli, ma con un dislivello di valori palese. Questo è il punto. Ci si è messo anche Mike in una serata decisamente no, dopo di che 5 sconfitte in 12 partite dall'inizio della stagione sono un macigno gravoso sulle spalle di tutti: società, allenatore, giocatori. Purtroppo anche l'unica fetta del pianeta rossonero ancora all'altezza dei bei vecchi tempi, i tifosi, sono rimasti coinvolti in questioni torbide: l'inchiesta sulla Curva Sud, le rimostranze dei club e dell'AIMC, il caro-prezzi per tutti. La pace non alberga né al Portello né a Milanello.
In questo clima è assai difficile recuperare fiducia e autostima in quello che si cerca di fare. Qualche vittoria qua e là (Venezia, Lecce, Udinese, Bruges e soprattutto derby) hanno spazzato via la nebbia che si è puntualmente ripresentata più fitta che mai. L'allenatore è sul patibolo, firmatario delle sue responsabilità nelle scelte, nel gioco, nel bilancio in rosso sia in Italia che in Europa. Mandarlo via adesso sarebbe un'ammissione di colpa corroborante per tutte le accuse mosse dal momento della sua scelta. La gestione del caso Leao, l'alternanza dei centrali in difesa, l'apparente serenità con cui accoglie le querelle e le sconfitte, sono indizi di una solitudine sempre più rumorosa in un silenzio inquietante, senza che vi sia contraddizione. Monza, Madrid e Cagliari sono le ultime 3 trasferte, le prossime, che decideranno quale piega definitiva prenderanno la stagione e la panchina.
Galleggiare nella mediocrità non sta bene a nessuno che abbia a cuore le sorti del Milan, ma la domanda che ci si pone è se bisognerà davvero aspettare il nuovo stadio (con le prime stagioni di ricavi, quindi un lasso di tempo che sfiora i 10 anni...) per tornare a vincere o quanto meno a sognare. In settimana la notizia che altri 15 milioni sono stati destinati al progetto di San Donato. Mi domando se avremo uno stadio nuovo prima di riavere una squadra competitiva e con essa un'aria più respirabile di quella pesante in cui siamo immersi. E che ci opprime.
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