La fiction
La società non c'è, la società non parla, la società è immobile, la società lascia solo l'allenatore. Che barba, che noia, che barba. Sempre le stesso cose ripetute milioni di volte da tutti. Parliamoci chiaro: anche se la società parlasse con dei virgolettati o con dei momenti pubblici, un attimo dopo la litania riprenderebbe come un attimo prima: la società non c'è, la società non parla etc... Nell'enorme villaggio globale delle dichiarazioni funziona così e va di moda così. Si cerca della gomma da masticare e appena la si ha fra i denti la si sputa fuori. Basterebbe invece, molto più semplicemente, prendere atto di un fatto molto chiaro: il Milan ha scelto di essere se stesso al suo interno e non sotto le luci dei riflettori all'esterno. Lo ha scelto. Può piacere o non piacere, ma è così. E le situazioni andrebbero lette così come le comunica, implicitamente e non esplicitamente come nel nostro caso, il soggetto, il protagonista, il Milan.
Dunque: Paulo Fonseca ha detto che o la piantano di essere superficiali o manda in campo la Primavera. Ok. Marcello Lippi nel 2000 disse che li avrebbe presi tutti a calci nel sedere i suoi giocatori. Altri termini, ma la sostanza è la stessa. Bene, Marcello Lippi è stato esonerato, Paulo Fonseca no. Il nostro allenatore fa quello che ritiene giusto come nostro allenatore e nel suo ruolo e nella sua funzione ogni presa di posizione comporta la responsabilità oggettiva e condivisa da parte della società. Così difficile? Eppure, qualcuno ci aveva già sbattuto il naso all'epoca delle panchine di Leao. Anche lì, la società non supporta l'allenatore e balle del genere. E invece, ecco a pochi minuti dall'inizio di Monza-Milan, plasticamente, Zlatan e Fonseca che conversano sereni sulla panchina dello Stadium brianzolo. Con Leao che di lì a poco si sarebbe seduto in panchina... Allora, una volta per tutte: la società e i giocatori, la società e l'allenatore si parlano tanto, tantissimo e di continuo. Di tutto e su tutto. E se all'esterno queste cose non si vedono e non si sentono, è normale.
La decisione, la scelta, la natura del Milan è questa, tutta interna. Liberissimi tutti, fuori, di costruire attorno al club e alla squadra la fiction della solitudine e dell'incomunicabilità, ma il Milan si sente diverso, molto diverso, da questa sceneggiatura. Il feed in possesso dei dirigenti da parte della squadra, su tutti i temi, è continuo e aggiornato. E l'allenatore? Lasciato solo dopo Bergamo? Ma dove? La società ha semplicemente ribadito il suo appoggio a Fonseca nel merito delle sue frasi dopo la partita, ma non si sente dentro una crociata generalizzata contro il mondo arbitrale. Dov'è l'incoerenza? Rieccola la fiction: tutti i giornali e tutti i social si affrettano a scrivere che il mondo arbitrale è tremendamente irritato e incazzato, e poi tutti si sorprendono se il club, a mente fredda, senza una parola pubblica che sconfessi l'allenatore, ribadisce la sua totale fiducia nei confronti degli arbitri...
La stessa cosa, la stessa fiction anche su Theo: prima tutti a dire che il Milan sbaglia totalmente se non rinnova, e poi tutti a criticare Theo e a dire che deve essere ceduto. Come diceva il Galliani: non si può essere criticati, sullo stesso tema, per due ragioni diverse fra loro... Non sarà una fiction nemmeno quella di domani a San Siro. Sarà una festa sentitissima dal club, che al Famedio, nel nome di Kilpin, ha ricordato di tutto cuore Silvio Berlusconi, Nils Liedholm, Cesare Maldini, Gianni Rivera, Franco Baresi e Paolo Maldini. La grande famiglia dei miti. Tutta nostra. E se nelle grandi famiglie c'è anche il litigarello, come storicamente accaduto fra Gipo e il Paron, come fra Rivera e Buticchi, come fra il Silvio e il Gianni, e come accade oggi anche tramite tv, pace, amen, sempre di grande famiglia di tratta e dentro ci sono e ci restano tutti. L'importante è che quando il litigarello è anche sui soldi, la parola amore venga utilizzata in modo sobrio e morigerato. Perchè l'amore è bello. Ma, a quanto pare, non c'è solo quello....
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