Si riparte da Leao. Battere il Verona per serietà e (molti) altri ottimi motivi. I casi Origi e Rebic. Mercato: giusto inseguire i sogni più che i nomi. Galliani, Gravina, Malagò: modi di dire (e di fare)
La questione non è affatto platonica, anzi coinvolge molti aspetti: battere il Verona puntando a un eventuale 3. posto sarebbe l’ideale chiusura di un cerchio che dura dall’inverno del 2019. In quel momento il Milan affidato a Stefano Pioli era nella colonnina di destra della classifica, arrivando da anni di mediocrità atavica nonostante i closing e un paio di campagne acquisiti faraoniche. Nomi altisonanti e profili gustosi.
Da quel momento si registrano: ritorno in Champions, 2. posto in campionato, scudetto, semifinali di Champions. Ogni anno un balzo in avanti. Non possiamo però nasconderci che questa stagione si conclude anche con le cocenti delusioni in Coppa Italia e in Supercoppa, oltre a uno sballottamento in serie A che ha rivoltato le viscere dei tifosi, dopo un girone di andata e di Champions estremamente incoraggianti. Illusori, direi ormai. Il bilancio del 2023, in particolare, è assolutamente in deficit anche e soprattutto perché il potenziale di questa squadra si è visto con il Tottenham e 3 volte con il Napoli: potenziale così elevato da rendere sconcertante il rendimento in molte (troppe) altre partite e in particolare nei derby. La rabbia, la delusione e i rimpianti - non nascondiamocelo - ad oggi superano ampiamente le soddisfazioni. Chiaro che essere eliminati da Real o City in semifinali avrebbe sottolineato molto diversamente l’impresa europea, invece è andata male che peggio non si poteva.
Quel possibile terzo posto, quindi, non sarebbe né platonico né consolatorio: arriveresti per il secondo anno consecutivo davanti alla corazzata nerazzurra, ti scrolleresti di dosso le ridicole osservazioni (degli stessi tifosi milanisti!) circa il raggiungimento del piazzamento solo “grazie alla Juve penalizzata” e chiuderesti il cerchio con un avversario storico.
Non si tratta affatto né di vendette né di provincialismo, come invece sostiene Franco Ordine che perdono perché non mi aveva ascoltato: anzitutto, siccome finalmente da qualche anno anche in Italia le ultime giornate sono credibili, giocate con impegno e serietà da tutti, il Milan non può prestare il fianco a polemiche né ironie dopo il campionato a singhiozzo che ha disputato. In secondo luogo, io a Verona il 20 maggio ‘73 c’ero - con i miei genitori e le mie sorelle - e c’ero anche nel 1989: su quel campo i rossoneri hanno sotterrato 2 scudetti. La storia, anche quella sportiva, non è mai un alibi o un pretesto per cancellare alcune macchie.
È storia nella storia.
Dalla prossima settimana tracceremo bilanci definitivi che riguardano responsabilità e rendimento di tutti. Che a Casa Milan si siano da tempo reso conto dei cambiamenti che servono, abbiamo la prova in questi giorni in cui Maldini e Massara sono già immersi nel mercato e stanno già perfezionando le prime operazioni. Così sembra adesso più chiaro quanto - un anno fa - abbia negativamente inciso tener sospesi i loro contratti fino al 30 giugno, ma era in corso un complesso passaggio di consegne, mentre oggi si può lavorare con una panoramica completa e obiettivi precisi.
In questo senso, ogni tifoso - aspettandosi un impegno tangibile della società - è libero di sognare, più che di inseguire la ridda di nomi che si accatastano ogni giorno nelle chiacchiere televisive e su carta. Il mercato è da sempre la fiera dei sogni.
Una parte fondamentale di questo lavoro, saranno certamente i giocatori in uscita. In settimana un autorevole quotidiano sportivo ha ironizzato sull’incapacità di vendere, da parte del Milan, citando Donnarumma, Kessie e il turco. Si sono dimenticati di Piatek, Paquetà, Andrè Silva per esempio. O dei riscatti e rinnovi di Hernandez, Tomori, Tonali, Bennacer e ora Leao, il punto di ripartenza che più ci stava a cuore.
Oggi sul tavolo ci sono - tra gli altri - i cartellini di Origi e Rebic, che considero personalmente le delusioni ferali del 2022-23. Il primo ha alcune richieste interessanti, il secondo deve capire che è giunto il momento di cambiare. Non so cosa gli abbia impedito di fornire il minimo sindacale, ma non ho mai colto il benché minimo segno di reazione ed è questa la cosa che mi ha avvilito di più.
Galliani dice che a Istanbul tiferà Inter, perché “farebbe bene al calcio italiano”. Ai tempi dell’esclusione volontaria dalle coppe europee, Malagò disse: “Il Milan è un brend importante, c’è un danno di immagine, ma sono affari loro”. Oggi - mentre Abodi e dintorni si affannano per farci credere che la giustizia sportiva funziona - il presidente (ripeto, il presidente) FIGC Gravina, riferendosi al patteggiamento Juve, sostiene: “È il risultato più bello per il calcio italiano”. Credo non valga la pena aggiungere altro, a parte ricordare a Galliani che al calcio italiano farebbe bene avere le società con i conti a posto e a Gravina che il risultato più bello per il calcio italiano sarebbe non avere più asterischi né penalizzazioni, dalla serie A in giù, perché significherebbe che tutti si comportano bene, con onestà, lealtà e rispettando le regole.
Testata giornalistica Aut.Trib. Arezzo n. 8/08 del 22/04/2008
Partita IVA 01488100510 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246
Direttore editoriale e responsabile: Antonio Vitiello
© 2024 milannews.it - Tutti i diritti riservati