Viaggio alle radici dello scetticismo sul mercato Milan e sul ruolo di Ibra. Se chi sgarra non paga mai pegno…

Viaggio alle radici dello scetticismo sul mercato Milan e sul ruolo di Ibra. Se chi sgarra non paga mai pegno…MilanNews.it
giovedì 1 agosto 2024, 00:00Editoriale
di Franco Ordine

Partecipando a uno dei quotidiani dibattiti sulle onde di “radioradiolosport” ho espresso il mio punto di vista sullo scetticismo che circonda il mercato e la strategia del Milan di RedBird. È il caso di approfondire l’argomento perché mi sembra decisivo per capirne la portata e per valutarne il peso. Il punto di partenza dev’essere sempre lo stesso: la scelta dell’allenatore. Qualche settimana dopo l’inizio della preparazione e in particolare dopo le prime interviste napoletane di Antonio Conte, si è capito il perché da Furlani a Ibrahimovic il profilo del nuovo allenatore non sia mai stato quello del tecnico leccese. Antonio Conte vuole essere il “dominus” del club, ha ottenuto da ADL carta bianca per decidere -a parte il caso Osimhen- chi parte e chi arriva. Quelli del Milan vogliono avere loro le mani sul volante e decidere in quale direzione andare. Di qui la scelta di Paulo Fonseca, sul cui lavoro giudicheremo nei prossimi mesi senza il velo del pregiudizio.

Ma veniamo al mercato. Perché continuano lo scetticismo sulle scelte della prossima stagione e la sfiducia palese anche nei confronti di Ibra che è diventato -mi sembra ormai chiaro anche ai più distratti- il numero uno dell’area tecnica rossonera? La spiegazione qui si fa più complessa. Provo ad elencare i motivi. Il più antico di tutti è legato alla missione del fondo proprietario del Milan: e cioè tenere i conti in perfetto ordine, vincere lo scudetto del bilancio come si dice ripetutamente, invece che investire sulla squadra e quindi sui risultati da centrare. E questo nonostante, dati alla mano, uno scudetto, due 2 posti, più una semifinale di Champions league, non siano stati proprio da buttar via.

Ma questa è una osservazione superficiale. Il nodo è un altro. E cioè: l’insoddisfazione è dovuta al fatto che chi, in questi ultimi anni, ha collezionato debiti e bilanci con perdite pesantissime, non ha mai pagato “dazio”. Per meglio dire: non ci sono stati provvedimenti tali da far passare quella strategia come deleteria. Anzi: è stata premiata da qualche risultato sportivo prestigioso che ha fatto dire ai tifosi delle altre squadre: “Ma a che serve avere il bilancio perfetto se poi chi sgarra non paga mai il conto?”.

A questo quesito bisogna dare una risposta. Dovevano darla gli organi preposti al controllo dei bilanci, Covisoc, la federcalcio, dovevano darla i dirigenti di quei club virtuosi che invece non hanno accumulato debiti, come hanno fatto l’Atalanta, il Napoli, la Lazio oltre al Milan. E invece al di là di qualche sporadica stoccata (quella di Gasperini la più recente, qualche “sparata” isolata di Lotito), sul tema c’è stato un silenzio accomodante da parte dei club concorrenti. Solo da qualche settimana qualcosa si muove all’orizzonte perché con l’introduzione di un’agenzia indipendente sul controllo dei bilanci, c’è la speranza di ottenere una radiografia molto più attendibile della situazione economico-finanziaria collettiva della serie A. “Ma non sarà troppo tardi?” ha chiesto qualcuno. Probabilmente sì ma è sicuramente meglio aver intrapreso questa nuova strada. La morale di tutto questo ragionamento è una sola: se non funzionano i controlli, chi rispetta le regole non riceverà alcun riconoscimento pubblico.