Borriello-Ambrosini e Ronaldinho-Thiago Silva: ma Lippi e Dunga dormono?
Amauri, Elano, Iaquinta, Ramires: "chiiii?" ci verrebbe da chiedere in stile Maurizio Mosca. Eppure i quattro citati (neanche i più scandalosi per la verità, si potrebbe andare avanti) rischiano di andare in Sudafrica in scioltezza con le rispettive nazionali, quella italiana e quella brasiliana. Scelte di Marcello Lippi e Carlos Dunga: il primo ha un Mondiale dalla sua, il secondo una Coppa America ed una Confederations Cup. Onore a loro, ma non per questo sono infallibili: ciò che ad oggi lascia assolutamente esterefatti è il loro masochismo. A cosa, anzi chi, ci riferiamo non è molto difficile capirlo: la somma dei loro numeri è 102, ma per votare il loro rendimento occorre aggiungerne altri 8, 110 e lode. Marco Borriello e Ronaldinho sono le stelle di un Milan che ha imparato a volare: lo affermo con orgoglio, perchè per l'onore di entrambi mi sono battuto a lungo. L'11 novembre 2008, all'indomani della sciagurata trasferta di Lecce, scrissi "Giù le mani da Borriello": quella maledetta partita è forse l'unica in cui Marco ha fallito dal suo ritorno in rossonero. Quest'anno il bomber di San Giovanni a Teduccio però sta tappando la bocca agli scettici a suon di gol: fondamentali e spettacolari, perchè anche l'occhio vuole la sua parte. Il messaggio è chiaro: Dzeko non serve, il Milan ha Borriello. Qualcuno penserà ad una boutade: non lo è.
Una squadra con un budget limitato non può comprare l'ennesimo doppione (seppur di altissimo profilo, come il bosniaco), andando a creare un ingorgo nel ruolo del centravanti: che il caso Huntelaar insegni. Marco Borriello oggi, 8 gennaio 2010, è l'attaccante italiano più forte in circolazione: non teme concorrenza nè di "vecchi", nè di giocatori inadatti a sostenere il peso di una maglia importante (vedi Gilardino). Se la Nazionale fosse degli Italiani, probabilmente Marcone giocherebbe con Cassano e Quagliarella: qualcosa ci dice che non sarà così, nè per lui, nè per gli altri due. I migliori auguri a Lippi, ne avrà bisogno: a proposito, quella furia con il 23 è nato a Pesaro, non a Malmo, non si faccia ingannare dalla chioma bionda, Mister. Allo stesso modo, Carlos Dunga ha il dovere di restituire al palcoscenico mondiale il giocatore più forte dell'ultimo decennio di calcio: Ronaldinho è tornato e non è inferiore a nessun giocatore dei suoi fedelissimi. Nè Robinho, quasi riserva al City, nè Kakà che dovrà risolvere la tignosa pubalgia, nè tantomeno i vari Ramires, Elano e compagnia cantante: dare le chiavi della squadra al Gaucho paga, per informazioni chiedere a Leonardo. Il Brasile sembrava una macchina inarrestabile avviata verso il suo sesto Mondiale: ad oggi basa la sua squadra su giocatori con evidenti problemi fisici o mentali, da Felipe Melo a Luis Fabiano, passando per i già citati. Se Pato alla fine dovrebbe far parte della spedizione in Sud Africa (o meglio Nilmar, Carlos?), un altro mistero è rappresentato dalla coppia di centrali: uno dei migliori difensori del Mondo è nato a Rio de Janeiro ed ha solo 25 anni, ma Dunga punta tutto sui vari Juan, Luisao e Miranda. Che assurdità. Idiosincrasia per i colori rossoneri o semplice paura di rovinare la festa ai loro "cocchi" ? La speranza è che alla fine a prevalere sia l'unico valore assoluto importante, quello del campo: altrimenti seguire con maggior simpatia del previsto l'Inghilterra di un grande Beckham e di Fabio Capello, per i tifosi rossoneri, potrebbe diventare la più normale delle conclusioni.
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