Buon Natale caro Milan. E chissà che sotto l’albero…
Queste poche righe le scrivo nella notte che ci accompagna al Natale. La vigilia è, per antonomasia, la notte dei desideri. Poco importa che questi possano essere davvero realizzabili nel breve periodo: rimane la convinzione di poterli consegnare a chi li potrà prendere in seria considerazione per progettare il nostro futuro.
Il Milan chiude l’anno con quattro punti preziosi, ottenuti contro Napoli e Roma,avversarie per quel piazzamento europeo che alla società rossonera preme ottenere per potersi risollevare.
Già, risollevare da un momento non proprio positivo, fatto di mancanza di equilibri e progettazione che hanno lasciato il Diavolo ai margini del calcio mondiale. Chiuso un ciclo, si attende con ansia di poter tornare a scrivere la storia. E se il nuovo capitolo inizierà dalle imprese della rosa agli ordini di Inzaghi, lo sapremo solo tra qualche tempo. In attesa di un mercato che potrebbe portare al Milan nuova linfa dalla quale attingere energie importanti , voglio soffermarmi su ciò che, di positivo, ho viso in questi mesi.
L’energia di un tecnico giovane, alla prima esperienza su una panchina importante, è ciò che ha accompagnato ogni mio scritto. Inzaghi, che non è esente da critiche, ha però compiuto il miracolo di riportare la speranza in un periodo in cui era troppo facile essere critici. Una sorta di alibi, a volte, il suo essere un novizio, che però lui stesso ha pagato a caro prezzo. Le sue dichiarazioni pre e post gara, sono state condite da quell’ottimismo, da quella spontaneità, che accomuna chiunque si trovi a realizzare un’impresa fino a quel momento solo sognata. Guidare il Milan, dopo esserne stato un simbolo nelle vittorie più importanti non è così scontato. Ci aveva provato Seedorf, voluto fortemente dopo l’esonero di Allegri e che, sul campo, aveva anche portato risultati insperati. Ma il suo atteggiamento extra-campo era stato pesantemente sottolineato dai media, che l’hanno trasformato in una sorta di caprio espiatorio ancor prima della fine della sua avventura. Con Inzaghi è tutto diverso. Caratterialmente molto più malleabile dell’ex compagno di squadra, Pippo ha dalla sua il tempo, la fiducia e la simpatia di tutto l’ambiente. Una cornice nella quale è facile, più facile, collocarsi e riuscire ad esprimersi. La bacchetta magica, donata a Inzaghi nell’appuntamento a Milanello prima della trasferta di Roma, ha dato i suoi primi frutti. Un pareggio frutto di una gara altalenante ma concreta, dove non si sono viste le eccellenze rossonere in attacco, ma dove, la difesa, ha finalmente scardinato i registri di mediocrità a cui eravamo abituati. Con quella stesa bacchetta ora Inzaghi ha la possibilità di realizzare altre magie, magari grazie all’avvento di qualche nuovo interprete, in grado di stabilire quell’equilibrio che sta alla base di ogni risultato positivo.
Si parla dell’addio di Torres, come se questo potesse essere risolutorio. Si parla dell’arrivo di Cerci come tassello importante sul quale ricostruire le dinamiche del gioco rossonero. L’organico a disposizione di Inzaghi non comprende nomi altisonanti: forse questo è il segreto di questo Milan. Una squadra che lavora alacremente per convincere il proprio pubblico, che parte tutta dallo stesso livello, che viene messa da Inzaghi costantemente in discussione. Si aspetta il ritorno definitivo di El Shaarawy, l’uomo sul quale possono essere tessute trame importanti. Si aspetterà il rientro di Honda dalla coppa d’Asia e intanto ci si coccola Bonaventura, vera sorpresa insieme a Menez, di questa parte di stagione.
Il mercato è alle porte e non è difficile immaginare quali saranno i desideri di noi tifosi: ricostruire un’impalcatura degna di un Milan propositivo, pronto in ogni partita, ad imporsi sull’avversario. Esattamente come nei ricordi che portano a Sacchi, Capello, Ancelotti. I tifosi vogliono un Milan vincente, pur sapendo che in tempi di crisi, le vittorie non saranno associate a grandi nomi. Ma l’idea di un progetto a lungo termine che metta in evidenza i talenti, anche quelli cresciute tra le mura di Milanello è la speranza alla quale noi tutti ci aggrappiamo. Perché tifare Milan è una malattia dalla quale non si può guarire.
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