Da Inzaghi ci si aspetta una formazione offensiva, che ricalchi le sue caratteristiche da giocatore. Ecco perché solo Pazzini non può bastare
Le preoccupazioni di Berlusconi sui mancati introiti derivanti dalla non qualificazione Champions, le capisco. Eccome se le capisco. Ma, si dice, chi è causa del suo mal… Il presidente più vittorioso della storia rossonera ha regalato ai suoi tifosi un ventennio sfavillante, fatto di vittorie, grandi nomi, idee rivoluzionarie e leadership su tutti i fronti: dal campo alla comunicazione, al marketing. Cosa è cambiato dunque?
Facile rispondersi con un “C’è crisi”. Ma come ha fatto il Milan a non accorgersi che le politiche adottate fino a qualche anno fa, proprio in tempi di crisi, si sarebbero rivelate un bomerang inarrestabile? Non sono avvezza a far calcoli in tasca d’altri, non ho grande memoria per cifre e contratti. Da sempre mi concentro sul lato umano del calcio, oltre che su quello banalmente e meramente tecnico. Però, nonostante io non stia qui a snocciolare dati, facilmente ricostruibili grazie all’ausilio di professionisti, non è difficile intuire che dopo l’addio di Thiago Silva ed Ibrahimovic, l’epoca delle vacche grasse poteva esporre la parola fine.
Ci sta, la storia ci insegna che ci sono cicli positivi e negativi che tornano inesorabili. Il Milan dunque da qualche anno a questa parte ha iniziato un lento declino, che sembra aver imboccato una ripida pendenza nell’ultimo anno solare. Tre allenatori nel giro di un solo anno: qualcosa a cui non eravamo abituati. Valori che vengono infranti come specchi colpiti da un sasso, senza che però nessuno si preoccupi nemmeno di raccoglierne i pezzi per evitare di tagliarsi. L’esonero di Allegri, l’arrivo di Seedorf poi scaricato senza troppe remore, l’affidare la panchina del Milan ad Inzaghi: ecco, quest’ultimo tassello poteva essere il primo di un nuovo inizio. Ovviamente se stessimo parlando di una squadra qualunque, con bilanci che non necessitano di grandi introiti, con ambizioni ridimensionate e soprattutto non all’apice del calcio mondiale, almeno dal punto di vista dell’appeal. Se stessimo parlando di una formazione con pochi obiettivi, allora sì, Inzaghi avrebbe avuto il tempo di sbagliare, di imparare, di correggersi, di poter lavorare in serenità. Di questo però, non gliene faccio una colpa. Chiunque e, sottolineo, chiunque avrebbe accettato di poter realizzare il sogno di una vita. Lo fai d’istinto, lo fai con il tanto acclamato entusiasmo, con la speranza che una carriera sul campo possa trasformarsi in talismano nei momenti bui. Un commento ascoltato per caso ha però suffragato la mia tesi: ogni allenatore che, prima di sedersi su una panchina, è stato un grande giocatore, tendenzialmente porta alla squadra le sue caratteristiche. Il Milan invece no. Tutti da Inzaghi si sarebbero aspettati una squadra spregiudicata. In effetti all’inizio della sua avventura il reparto offensivo ha regalato anche del gran divertimento. Poi arrivò la fioritura di Menez e all’improvviso tutto il resto è scomparso. E forse proprio da qui è iniziato il declino, veloce come una sfera su un piano inclinato: inarrestabile.
La cessione in prestito di Niang, fa rimanere il solo Pazzini come vera punta di ruolo. Un po’ troppo poco per colmare ciò che resta di una stagione. Vero è che il cambio ipotizzato di modulo, potrebbe proiettare il Milan in uno schieramento assai spregiudicato: se solo Cerci ed El Shaarawy, oltre al già citato Menez, fossero continui e soprattutto sempre determinanti. Sono sconcertata dalla poca attenzione degli uomini del mercato rossonero al problema centrocampo, ad esempio, anche se ora come ora forse l’arrivo di una punta importante potrebbe togliere ad Inzaghi le castagne dal fuoco. Ma a meno di stravolgimenti tattici che evidentemente scontenteranno alcuni interpreti, leggasi Montolivo che non vuol giocare nel ruolo di De Jong, anche in mediana,ci sono troppi giocatori che però non hanno le caratteristiche adeguate allo stravolgimento che Inzaghi ha in mente. Insomma, il Milan è da rifare, da rifondare, da ristrutturare magari dotandolo anche di leader che, in ogni reparto, possano trascinare il resto della truppa alla battaglia. Ma questo non può accadere. Ci sono giocatori che stanno letteralmente svernando a Milanello, ci sono giocatori con ingaggi talmente spropositati da risultare, viste le prestazioni in campo, incedibili, se non creando minusvalenze vergognose. Ecco il vero problema, allora: una gestione non idilliaca delle risorse che di certo non può essere imputata ad Inzaghi e che di certo non è figlia dell’ultima sessione di mercato. E dunque ecco capibili le perplessità di Berlusconi sui mancati ricavi da Champions: il futuro diventa grigio. Ma non è certo questa stagione ad aver reso opachi i colori rossoneri. E’ sempre la solita sfera…. Scivola inesorabile fino al punto più basso, sempre che qualcuno non riesca a raddrizzare, appena in tempo, quel piano inclinato.
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