De Jong suona la carica verso l’obiettivo europeo. Suso si infrange sul palo, ma scardina le gerarchie
Il Milan esce da S.Siro con un solo punto, rimandando a data da destinarsi l’appuntamento con la terza vittoria consecutiva. Per la prima volta nel corso del campionato Inzaghi ha potuto schierare la stessa formazione in due gare consecutive e, se non è arrivata la vittoria, almeno c’è stata una sorta di continuità di manovra, ottenuta anche dalla familiarità del modulo utilizzato da Inzaghi. Il Milan ha subito per breve tempo il forcing doriano, e il gol di Soriano è scaturito da un blackout difensivo agevolato dal colpo di tacco di Menez, croce e delizia delle vicende rossonere. Il suo nervosismo nei minuti seguenti è stato testimone del senso di colpa che il francese ha manifestato con tentativi improbabili e personali di rimediare all’errore. Ci pensa De Jong, che con un colpo fortunoso deviato in rete da Duncan salva parte del malloppo, risparmiando ad Inzaghi una settimana da incubo alle porte del derby. Tutto sommato, senza dover per forza trovare delle eccellenze in campo ( la ricerca della pietra filosofale potrebbe risultare meno ardua), i rossoneri si sono dimostrati padroni, con tutti i limiti del caso, del proprio destino. Inzaghi perde Destro dopo lo scontro con Mesbah e solo dopo gli accertamenti di rito si può tirare un sospiro di sollievo. Al suo posto Pazzini, che di motivi per riuscire a lasciare il segno sulla gara ne ha molti, ma troppo spesso appare bloccato anche nelle giocate che, una volta, erano il suo marchio di fabbrica. Chi delude ed esce tra qualche fischio è Cerci. Protagonista anche di qualche giocata interessante, ma limitato dal suo essere esclusivamente mancino nei momenti in cui la palla va calciata senza doversi contorcere o avvolgere su se stesso, con il rischio di essere raggiunto dall’avversario. Al suo posto Suso che, nel finale, mostra al pubblico di S.Siro un tiro a girare di rara bellezza, che però si infrange fragorosamente sul palo di Viviano. Se quel pallone avesse gonfiato la rete, avrebbe consacrato senza dubbio alcuno la scelta di Inzaghi.
Un palo dunque si frappone tra la gloria personale e le dinamiche di spogliatoio che ora Inzaghi dovrà affrontare in vista del derby, l’obiettivo più ambito della stagione. Perché i punti di distacco dall’ultima posizione utile alla qualificazione europea, misti al rendimento altalenante del Milan e al calendario che attende Inzaghi da qui alla fine del campionato, cominciano ad essere un limite difficilmente valicabile per la qualità e la quantità di forze a disposizione. Si apre, però, nel contempo, il valzer dei rinnovi. De Jong e Mexes su tutti. E se dalle parole di Mexes trapela la grande voglia di rimanere in rossonero, anche riducendosi l’ingaggio (evidentemente la recente esperienza l’ha fatto ragionare in tal senso), De Jong che ha richieste da piazze di prestigio, temporeggia. Gli obiettivi futuri, la programmazione, la voglia di lasciare il segno nella rinascita rossonera fanno parte del suo Dna. Ma De Jong è altrettanto consapevole del fatto che senza coppe e con meno soldi disponibili, ci vorrà ancora molto tempo prima di poter ricostruire qualche cosa di grande. Però è anche il primo a suonare la carica e lo fa da leader. Difficile ma non impossibile. Questo il senso delle sue parole. Difficile ma non impossibile vuol dire vedere ancora una flebile luce in fondo al tunnel, vuol dire indicarla ai suoi compagni per lottare fino a che, come ha sottolineato Inzaghi in conferenza post-gara, la matematica non condannerà il Milan all’ennesimo anno di purgatorio.
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