Galliani salva Inzaghi, almeno fino a Firenze. Ma qualcuno salvi il Milan, o quel che ne rimane
Certo, se non ci fosse stato il gol del pareggio proprio sul finire del recupero, ci sarebbero stati più sorrisi, forieri anche di una dose di adrenalina importante dopo troppe gare buie. Ma quel buio, che attanaglia il Milan, non se ne va. Se non ci fosse stato il gol del pareggio forse si sarebbe ripartiti con più convinzione, o magari si sarebbe semplicemente allungata l’agonia di una squadra che, a conti fatti, non ha ancora dimostrato sul campo il suo vero o presunto valore. Una vittoria avrebbe alleggerito le critiche, ma non sarebbe servita a nascondere il problema. Il Milan senza identità, senza automatismi, con un’idea di gioco confusa. La vittoria avrebbe semplicemente accantonato un problema che ormai è esploso con fragore nel pareggio contro l’Hellas. Un rigore causato da Muntari, che rende molto facile l’approccio alla gara per la formazione di Mandorlini. Quel cucchiaio di Toni che batte Lopez è l’ennesimo sfregio nei confronti di una formazione che fatica ad imporsi come temibile, anche nel proprio fortino. Inzaghi arriva in sala stampa completamente trasfigurato dalla delusione, quasi in attesa di un atto liberatorio che possa così consentirgli di voltare pagina. La sensazione data dal tecnico rossonero è paragonabile alla pura confusione e all’inconsapevolezza di quanto la situazione cominci a diventare grave e di difficile gestione. Sicuramente i giocatori in campo hanno dato ciò che avevano, il problema è che non può bastare. La domanda sul cambio Bocchetti-Pazzini era attesa, ma la risposta, per quanto ben giustificata, non ne cambia il senso letto da tutti nel momento in cui i due giocatori sono stati avvicendati sul campo. Togliere Pazzini, questa volta preferito a Destro nello schieramento iniziale, per inserire un difensore, solo a mente fredda può assumere contorni plausibili. A caldo, con il Milan in vantaggio, sembra il primo segno di resa all’avversario che, molto probabilmente si è sentito addirittura galvanizzato dalla scelta. Poi, è vero che in campo si stava soffrendo, soprattutto in mediana dove Muntari non può essere l’unica alternativa possibile e dove Poli e Bonaventura non hanno garantito la qualità espressa dai compagni assenti.
E’ vero che il Milan aveva comunque un tridente offensivo di peso, ma da quel momento qualche cosa è cambiato. Inutile nascondere l’evidenza, anzi meglio sottolinearla per non incorrere nuovamente nello stesso errore. Se Inzaghi rimarrà sulla panchina del Milan, lo deciderà la società, ma il fatto che il tecnico rossonero non abbia il coraggio di dirlo guardando negli occhi i propri interlocutori, è sintomatico. Quasi come a sperare che, non porgendo la guancia, lo schiaffo non la raggiungerà. Questa volta il famoso bicchiere si è rotto e anche col miglior adesivo universale, difficilmente si potrà bere ancora dallo stesso bordo, ormai pericolosamente scheggiato. La squadra ha reagito allo svantaggio, ma ha trovato un gol anche fortunoso e poi è crollata nel finale con l’ennesima ingenuità difensiva. Troppo per essere il Milan, difficile da accettare senza che qualcuno se ne prenda la responsabilità. Mexes, tra i migliori in campo contro l’Hellas, almeno ci ha messo la faccia, nel tentativo di limare gli attacchi al suo mister, che l’ha graziato e soprattutto rilanciato dopo quell’episodio abominevole contro la Lazio. Gli infortuni hanno falcidiato una rosa anche fin troppo ricca, per una squadra che è rimasta a bocca asciutta in Europa, questo un alibi assolutamente sfruttabile. Ma cosa ci fanno in panchina Suso e Van Ginkel se poi non vengono ritenuti idonei per essere schierati in campo? La panchina corta del Milan, sulla quale siedono anche due giovanissimi come Gori e Mastalli è la dimostrazione lampante che qualche cosa non funziona anche nella gestione fisica di questa squadra. Inzaghi viene confermato, ancora una volta, in attesa del risultato di Firenze. Una lenta agonia, per qualcuno. L’attesa di un miracolo, per altri. L’andamento altalenante, ultimamente verso il basso, è il marchio di fabbrica di questo Milan. Una vittoria a Firenze, che al momento ha la stessa consistenza di un miracolo, potrebbe essere l’omologo di una dose di morfina per un malato terminale.
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