Honda, Menez e Bonaventura: tra operazioni di marketing, parametri zero e acquisti last minute. E intanto Conte gioca il "Jack" in azzurro
E’ stata di certo una delle note liete dell’ultima gara casalinga. Giacomo Bonaventura ha lasciato il segno a S.Siro ed eccolo uscire dallo stadio con in spalla il borsone azzurro. Sorride, quando in zona mista gli arrivano da più parti i complimenti per la convocazione azzurra. Mancava da un po’, così come in molti si erano dimenticati di lui anche in sede di mercato. Strapparlo all’Atalanta, se anche fosse stata una scelta casuale, dettata da dinamiche di mercato riesumate dal fallimento su altri fronti, è stato lungimirante. Il suo nome era aleggiato poco prima della chiusura delle trattative in direzione nettamente opposta rispetto alla sponda rossonera del naviglio, poi il guizzo che, lacrime agli occhi, Bonaventura ha colto. E il Milan ringrazia, perché proprio quest’ultimo colpo è stato forse il più azzeccato. Tra parametri zero e campioni in fase discendente, Giacomo svetta su tutti, conquistando non solo il popolo di S. Siro, ma anche l’attenzione del Ct azzurro. Lo spezzone di gara concessa da Inzaghi a El Shaarawy ci ha mostrato un giocatore volitivo e che scalpita per potersi riprendere un posto fisso in una formazione che ha bisogno come l’ossigeno delle sue migliori giocate. All’ingresso in campo, anzi, dal momento in cui la sua cresta ha fatto capolino dalla sponda della panchina rossonera, lo stadio è esploso in un applauso, che ne ha accompagnato ogni passo fino a quando il Faraone ha varcato la linea d’ingresso al campo. A quel punto è partito un boato, che si è ripetuto quando El Shaarawy è stato atterrato in corsa, intervento che ha propiziato il capolavoro made in Honda. Una punizione da manuale che ha consacrato la sua prestazione contro il Chievo e che mette a tacere tutte quelle voci sui presunti accordi extra-calcio per le sue apparizioni in campo. Honda è un giocatore nuovo rispetto al fantasma disorientato visto in campo nella scorsa stagione. L’intensità con cui produce azioni e la carica agonistica, ne fanno un’arma affilata a disposizione di Inzaghi. “Mi ha detto nell’orecchio che voleva giocare novanta minuti” confesserà poi Pippo in sala stampa. Questa è una delle piacevoli novità su Honda. Come ha scherzato Galliani a fine gara “l’anno scorso ci avevano mandato suo fratello”. La metamorfosi non è solo fisica o tattica. Honda strappa la palla a Menez proprio in occasione del calcio di punizione che poi sarà vincente. E pensare che a bordo campo c’era Poli, pronto ad entrare al suo posto per chiudere più coperti la partita e avere meno rischi sui tentativi di incursione del Chievo, in affanno ma non ancora rassegnato alla sconfitta. Ma la prodezza dalla sua zolla preferita, fa esultare anche Menez, che con i compagni sommerge, letteralmente, Keisuke.
La vittoria del Milan, il gol di Honda, la fortuna di contare su un potenziale offensivo corposo, non ci fanno però dimenticare le lacune difensive o quelle, a tratti meno evidenti, presenti a centrocampo. Muntari, non fosse stato per il gol d’istinto e potenza, avrebbe lasciato il campo con una prestazione incolore sulle spalle. De Jong salterà la prossima partita, lasciando la mediana del Milan pericolosamente scoperta. In difesa l’ennesima coppia difensiva non fa le scintille che tutti si aspettavano, ma ci pensano De Sciglio e Abate ad alzare la media voto nel reparto. La considerazione nata nel post-gara sulla non convocazione in azzurro di Abate, non è una bestemmia. Ignazio ha vestito la casacca della nazionale in condizioni quasi precarie, ora invece, reduce da una serie di partite ben al di sopra della sufficienza, con molti spunti utili anche in fase offensiva, sarà suo malgrado costretto a guardare le gare dei suoi compagni dalla tv. Alex e Ramì per la prima volta in campionato, fanno parte di una difesa inviolata, anche se alle loro spalle, anche Abbiati, per molti già in pensione, ha dato il suo contributo. Poi ci ha pensato lo stesso reparto offensivo del Chievo a non rendersi, per l’ennesima volta in quel di S.Siro, determinante e pericoloso. Maxi Lopez e soprattutto Paloschi, abituati al clima meneghino, non hanno inciso. Lazarevic, lanciato a rete dopo la leggerezza (!) commessa da Muntari, ha vanificato di suo un’occasione lampante. Il Milan deve trovare il giusto mezzo tra la danza soporifera messa in campo nel primo tempo e la spregiudicata manovra offensiva della ripresa, che ha sì prodotto due gol ma che contro avversari tecnicamente meglio dotati, avrebbe messo di certo in crisi il reparto difensivo.
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