Inzaghi sul banco degli imputati. Nessun alibi, ma la difesa è già pronta e con il Sassuolo si può cambiare rotta
Il Milan è uscito dall’Olimpico di Torino con un punto che sa di beffa. Non per i rossoneri, ma per il Torino. Protagonista assoluta in campo è stata la formazione di Ventura, sventurata solo nell’episodio del rigore che avrebbe condannato, se decisivo, il Torino ad una sconfitta dal gusto amaro. Il Milan non ha personalità, non ha continuità, non ha coscienza delle proprie armi. E’ dipendente in toto dall’umore di Menez, croce e delizia di questo campionato. E questo, ovviamente, non può bastare. Non si possono accettare i rendimenti altalenanti di molti giocatori, con buona pace di Inzaghi, che ha sempre cercato di difendere i suoi ragazzi e che ora, per la prima volta in tutto il girone di andata, viene messo sotto accusa insieme ai suoi uomini. Accusato di inesperienza: non dovrebbe essere una novità, visto che Inzaghi è alla prima in serie A. Ma quando è stato chiamato a salvare la panchina del Milan occupata dal cattivo di turno, nessuno si è preoccupato delle sue possibili strategie in tempi di crisi. Nonostante tutto, non posso imputare ad Inzaghi la colpa assoluta della situazione in cui stiamo navigando. Sempre e solo a vista, sempre sperando in un’occasione propizia o in una folata di vento che possa tornare a gonfiare la vela rossonera. Perché di questo, ormai, stiamo parlando. Si aspetta che qualcosa cambi, senza però analizzare e programmare a fondo presente e futuro. Evidentemente l’esaltazione dovuta alla fase positiva che ha chiuso il 2014, compresa l’amichevole contro il Real Madrid, che aveva messo il vetrina il ritrovato El Shaarawy, ad esempio, si è confermata un fuoco fatuo, frutto del caso o di concomitanza di congiunzioni astrali (ci si appella a tutto ormai) che hanno consentito agli uomini di Inzaghi di ritrovare loro stessi. Un momento di lucidità in un anno denso di episodi di follia. E per follia intendo molte cose. Ad esempio l’aver tenuto in campo, sulla stessa fascia, contro un Darmian che a tratti è stato devastante, sia De Sciglio che Niang. Ammoniti entrambi, sotto tono entrambi. Era normale, purtroppo, aspettarsi un intervento al limite del regolamento per bloccare le discese degli esterni di Ventura.
Da una parte e dall’altra. Il cambio Alex-Menez è stato l’episodio scatenante i dubbi, le critiche, la rabbia e le legittime perplessità legate proprio all’assenza di un vero attaccante in campo. Non solo contro il Torino. L’idea di Menez come prima punta nasce dalle sue prestazioni positive. Il giocatore sta vivendo periodi idilliaci, ma non continui. In effetti il Milan, almeno ultimamente, dipende dal suo stato di forma. La scelta poi, pur in inferiorità numerica, di sostituire l’unico giocatore in grado di cambiare ritmo o creare scompiglio in area avversaria per inserire un difensore “contro i pericoli in area da calcio piazzato” e subire un gol proprio dalla situazione appena descritta, è inquietante. Paradossale. Il Torino non ha vinto, ma ha preso letteralmente a pallonate i rossoneri, incapaci di ogni reazione. De Sciglio lascia la squadra in inferiorità numerica e sarà sottoposto alla gogna, mediatica e non, per l’ennesima prestazione che lo allontana dal giocatore che avevamo conosciuto. E da quel momento, ancora di più, catenaccio e ripartenza sono gli aggettivi che meglio qualificano il gioco del Milan. Ma questa squadra, il nostro Milan, non puòà essere paragonato a una qualsiasi squadretta provinciale, che per la prima volta si trova a giocare in serie A. Perché un atteggiamento del genere non è consono nemmeno se associato ad una neopromossa. Inzaghi è finito sul banco degli imputati eppure lui stesso può costruire la sua difesa. I giocatori a disposizione in rosa, forse non sono paragonabili a quelli di stagioni passate, ma hanno dimostrato di poter essere in grado di fronteggiare qualsiasi squadra. L’arrivo di Cerci, lasciato in panchina proprio nella sua Torino, forse anche un uso più continuo di Pazzini, che di gol qualcuno ne ha segnato in carriera, potrebbero cambiare la tendenza magari già contro il Sassuolo, in Tim Cup, candidamente associata alla Champions League, quale obiettivo stagionale rossonero. Inzaghi non può fare miracoli, ma può affidarsi ad un gioco lineare, senza forzature, senza affidarsi a giocatori fuori ruolo. Bonaventura a centrocampo, senza l’assillo di doversi esprimere sotto porta, Menez esterno, non ingabbiato in schemi tattici che gli sono stati cuciti addosso dagli eventi, Pazzini o qualsiasi punta di ruolo, che sappia muoversi tra le linee avversarie. Con buona pace anche del Presidente, che solo ottenendo punti, potrà intonare un coro anche al pupillo Inzaghi.
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