La “fatal Verona” entra nel novero dei ricordi. Inzaghi interpreta bene la gara schierando un Milan sulla “cresta” dell’”Honda”
Il timore di non riuscire a sfatare il tabù Verona, fatale nel corso dell’ultimo decennio, accompagna i rossoneri alla sfida del Bentegodi. Ai posteri però, questa volta, arriveranno altre impressioni, altre notizie. La formazione di Mandorlini, troppo preoccupata di arginare il miglior attacco della serie A, si dimentica di avere di fronte una squadra che, nelle prime giornate del campionato, ha anche dimostrato di essere facilmente perforabile. Così nel tentativo di arginare eventuali danni, Marques serve su un piatto d’argento l’apertura delle marcature del Milan: nemmeno Abate sembra credere ai suoi occhi quando il cross, peraltro innocuo, finisce alle spalle di Rafael. La scintilla che accende il fuoco di fronte al Diavolo è proprio questa. Il Milan diventa addirittura cinico, a tratti spietato. La formazione di Inzaghi spinge i suoi uomini più pericolosi nella ampie zone di campo lasciate colpevolmente libere dallo schieramento tattico dell’Hellas. In questi corridoi, che a tratti diventano autostrade, si inseriscono El Shaarawy, assist man in grande spolvero, e Honda, finalizzatore spietato. Evidentemente le panchine indigeste hanno provocato in El Shaarawy una presa di coscienza delle proprie forze ancor più netta: quello visto a Verona è il giocatore che per mesi abbiamo rimpianto nella scorsa stagione e che, nel corso di questa prima fase di campionato, abbiamo sperato di rivedere in campo. Ora ci si aspetta la continuità che fa da linea di confine tra un buon giocatore e un campione. Senza voler girare il famoso coltello nella piaga, nonostante il buon risultato e la felicità di aver visto una squadra tonica, non si può soprassedere nell’evidenziare che il centrocampo del Milan, rispetto agli altri reparti, è quello più claudicante. L’assenza di De Jong per squalifica ha dimostrato che l’olandese non possiede doppioni in rosa. Essien, Muntari e lo stesso Poli non sono stati in grado di sopperire, in tre, all’assenza dell’olandese. Poli, a dire il vero, è l’unico che almeno ha provato a proporsi o, quanto meno, a dimostrare di poter essere un giocatore degno anche della convocazione del ct della nazionale. Muntari è stato presente a tratti, mentre Essien risulta ancora lontano da uno stato di forma accettabile.
Anche Torres, là davanti, raggiunge a stento la sufficienza. L’impegno c’è, ma il giocatore è lontano anni luce dai livelli di gioco che gli hanno consentito di diventare uno dei giocatori più desiderati d’Europa. Ma, almeno in questo caso, si vede un avanzamento nelle prestazioni. Lascia un po’ di amaro in bocca la sua sostituzione, avvenuta oltretutto in coda ad una gara che il Milan stava vincendo comodamente. Poteva essere l’occasione giusta per lasciare il segno. Ma Inzaghi era stato chiaro sulla gestione delle punte: vuole giocatori freschi nel reparto, in ogni momento della partita. E i risultati in zona gol gli danno ragione. Dal Bentegodi, Inzaghi, esce con una certezza assoluta: ha trovato la coppia di difensori centrali che può davvero far svoltare le prestazioni rossonere. Ramì e Alex sono stati quasi perfetti. E con loro, nonostante le molte critiche passate, si merita un applauso anche Abbiati. Maestoso nel gesto che impedisce al tiro di Toni di infilarsi all’incrocio e determinante in molte altre occasioni. Ora c’è bisogno di misurarsi con una realtà potenzialmente più organizzata e in lizza per un posto che conta. All’orizzonte infatti si staglia, nel posticipo di S.Siro, l’ombra di Montella.
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