Maran spegne l’istinto di Inzaghi. Milan prostrato anche di fronte al Chievo. Arriverà la svolta?
Tutto da rifare. Per l’ennesima volta. E’ già finita l’energia innescata dalla vittoria contro il Cesena. E’ già finita la solidità tattica che il rientro di Montolivo e De Jong sembrava aver dato al Milan. Tutto in pochi attimi, in novanta minuti di nulla, andati in scena a Verona, sponda Chievo, dove Maran ha letto in modo corretto la partita e invece il Milan è stato risucchiato in un vortice di agonia infinita dal quale senza i giusti correttivi, difficilmente ritroverà la rotta. Volutamente nel paragone con Maran non ho messo Inzaghi. Perché in campo nemmeno i suoi fidi scudieri sono stati in grado di evitare che un affilato coltello lo andasse a colpire dritto ai polmoni, facendogli così mancare, lentamente, ossigeno vitale. L’immagine del Milan in questo momento è simile a quella di un guerriero colpito a tradimento nelle sue parti vitali. Una lenta agonia che potrebbe lasciare anche Inzaghi stramazzato al suolo, privo di forze, senza nemmeno conoscere la mano del suo assassino.
Che cosa può aver portato un giocatore che ha sempre vissuto d’istinto a lacerarsi le meningi per trovare la soluzione giusta per tutto e tutti? Chiedere a Pippo di agire secondo un copione, soprattutto ora, vuol dire snaturarlo e perderlo completamente per ciò che invece sono i suoi punti di forza. In sei mesi Inzaghi appare trasfigurato. I suoi occhi vispi, curiosi, allegri, si stanno lentamente spegnendo, così come le sue parole, prima sempre spontanee, a volte borderline tra ragione e sentimento e ora sempre più accuratamente ponderate e quasi sussurrate,nella speranza di passare in secondo piano.
Sentir dire dall’allenatore del Milan “è difficile giocare su questo campo”, di certo farà piacere ai tifosi del Chievo, ma per il popolo rossonero è l’ennesimo colpo al cuore. Le intenzioni di Inzaghi, che sicuramente volevano sottolineare la buona organizzazione che Maran ha dato ai suoi uomini, ha creato però l’ennesimo dubbio: possibile che il Milan sia davvero in questo stato prostrazione di fronte a qualsiasi avversario? Andando ad analizzare le dinamiche di una partita che ha lasciato i presenti in bilico tra rabbia e noia, balzano agli occhi le prestazioni sottotono degli uomini sui quali Inzaghi pensava di poter ricostruire l’ultima parte di stagione. Menez era in evidente serata no. Montolivo, se anche poi ha alzato bandiera bianca per infortunio, ha fatto tanti chilometri senza però rendersi protagonista. Forse, qualcuno lo sottolinea con forza, il capitano rossonero dovrebbe tornare a giocare in modo imprescindibile davanti alla difesa, dove può fare l differenza. De Jong al suo fianco ha fatto di necessità virtù: ha lavorato per due meritandosi, al pari di Diego Lopez, l’alloro dei migliori in campo. Peccato però che i due mediani si siano fermati all’improvviso per guai muscolari. Ennesimo stop che va ad allargare la lista degli indisponibili e che dovrebbe, però, a questo punto, far scattare un campanello d’allarme sulla gestione fisica della squadra. Che cosa sta succedendo? Ci sono più infortunati che giocatori disponibili. Inzaghi viene accusato di aver schierato un numero imprecisato di formazioni sempre differenti. Bè, se non è per sembrare eclettico agli occhi dei media (e ovviamente così non è), evidentemente qualche problema, il povero Inzaghi, ce l’ha avuto. Ma qui finisce l’alibi. Perché nel Milan ci sono giocatori in grado, o almeno così dovrebbe essere, di poter sostituire degnamente gli assenti. Invece ecco che, buttati in mischia, ogni volta con schemi tattici diversi, i vari interpreti dimenticano la loro parte e si danno all’improvvisazione. Anche perché, ed eccoci al nocciolo del problema, il Milan non ha una propria identità tattica, non gioca a memoria, non è in grado di cambiare passo, non riesce, a meno di affidarsi all’estro dei singoli in giornata positiva, ad imporre il proprio gioco. E ancora si parla di Europa? E ancora si parla di “bel gioco”? Questa squadra ha bisogno di ricostruire tutto dalla base, dall’abc del gioco del calcio, ha bisogno di un’impostazione decisa e univoca, deve ritrovare la propria anima e qualcuno in grado di guidarla con esperienza e istinto. Si, anche istinto. Quello che, da punto di forza di un giocatore abituato a giocare sul filo del fuorigioco è stato completamente eclissato anche nell’ultima disamina post-gara: “ sono due partite che non prendiamo gol”. Hip hip hurrah!
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