Sicurezza negli stadi? Si discute su chi dovrà sobbarcarsi l’onere degli schieramenti di forze pubbliche, come se il problema fosse di natura economica e non civile
La mia prima riflessione riguarda il tema della sicurezza negli stadi. O meglio: i costi che ne derivano e la discussione politica e sportiva sulle eventuali nuove competenze assegnate alle società. Mi sembra allucinante il fatto che il presidente Malagò sottolinei le preoccupazioni (legittime peraltro) derivate dall’inserimento a bilancio da parte dei club di una voce di spesa imprevista e invece, nonostante le numerose manovre preventive(vedi tessera del tifoso),o punitive (chiusura delle curve e di interi settori) la nostra politica, anche quella sportiva, non abbia ancora raggiunto nemmeno lontanamente l’obiettivo di avere degli stadi sicuri senza la necessità di ingenti schieramenti di forze pubbliche, a carico come sempre, di tutti i contribuenti. Se ancora una partita di pallone deve essere motivo di mobilitazione di forze di polizia, se ancora questo paese si fa mettere in ginocchio dalle azioni di pochi facinorosi, che più normalmente sarebbero da chiamare delinquenti comuni e non tifosi, credo che il problema a cui trovare soluzione non sia di ordine economico. Ma questa è solo la mia opinione.
La seconda considerazione scaturisce dagli appuntamenti in Champions appena conclusi. Totti, l’ultima bandiera in Italia, lascia il segno indelebile nella competizione continentale, diventando il giocatore più vecchio a siglare una rete (e che gol!) in Europa. La speranza di poter vedere, in un futuro anche prossimo, altri giocatori come lui, Maldini, Del Piero, Zanetti, si affievolisce anno dopo anno. La cultura del calcio business trasforma i giocatori migliori, prodotti dai vivai italiani, in pregiate merci di scambio, pronte ad essere cedute in cambio di denaro sonante, utile a tamponare le lacune lasciate con qualche nome di sicura risonanza mediatica, ma spesso in fase calante. La Juventus cade contro l’Atletico. Allegri doveva rappresentare la svolta europea della veccia signora, invece si è adagiato a schemi che già avevano dimostrato di essere inefficaci in Europa, con interpreti di un anno più vecchi e idee confuse e soprattutto ritardate al momento di ridare vigore alla squadra. Balotelli, dopo un periodo tutto idilli e sorrisi, si è lasciato andare alla prima reazione durante la gara, che gli è costato il cartellino giallo e di certo qualche titolo piccato sui giornali oltremanica. L’unica differenza, di questi due giorni di Champions è l’assenza del Milan, che dopo una stagione di basso profilo, come tutti noi guarda le partite dell’Europa che conta in tv. Ecco dunque che da Milanello arrivano le dichiarazioni di Pazzini che, oltre a ricordare l’importanza di solcare le scene europee al più presto, ribadisce la sua convinzione sulla possibile coesistenza con Torres in area. D’altronde, rispetto allo scorso anno, Inzaghi ha a disposizione un potenziale d’attacco che può schierare con diversi moduli. Ecco dunque che, non essendoci penuria almeno in questo reparto, nemmeno Pazzini, alla ricerca del centesimo gol in A e vicino alle quattrocento partite nella massima serie, si sente di escludere un possibile schieramento magari già contro il Chievo. Inzaghi nella partita di Cesena ha dimostrato di poter alternare non solo gli interpreti, ma anche gli schemi. In fondo, a fronte dell’unica certezza, ovvero una difesa da riequilibrare, perché non puntare su un attacco di sicuro affidamento? Contro il Chievo potrebbe riapparire dal primo minuto El Shaarawy che, dopo la seconda panchina consecutiva, si è già trasformato in un vero e proprio caso. Difficile scegliere tra i vari interpreti: in questo momento è difficile pensare ad un Milan privo dell’estro di Menez, Honda, senza dimenticare le buone impressioni suscitate da Bonaventura. Nonostante la rabbia per i gol mancati, anche Torres ha dato segnali incoraggianti, seppur non ancora continui. I problemi sono appena dietro: il centrocampo ha gli uomini contati, ecco perché il nuovo modulo potrebbe tamponare le assenze e i rientri in corsa, e come già sottolineato in difesa Inzaghi non ha ancora, come si dice, trovato la quadra. Dopo l’entusiasmo, termine di cui si è di fatto abusato, ora è arrivato il tempo della pazienza. L’importante, come sempre, è non abusarne.
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