Da Lavezzi a Thiago Silva: tutta colpa del petrolio
C'era una volta l'Italia. I tappeti rossi e le bottiglie di champagne, i gol e i colpi miliardari. Spendere, spandere, tasche bucate e mani forate. Bella la vita, al tempo delle mele. Poi la crisi, poi la recessione. Poi il petrolio. Benzina motrice di un mondo intero, anche il sacro mondo del futbol non poteva esimersi dall'inchinarsi all'oro nero ed all'ondata di sceicchi che pare prendere una disciplina antica col sorriso di chi può farne un hobby più che una professione. Con le loro tuniche dorate, hanno invaso l'Europa, mentre l'Italia, che pure aprirebbe i suoi confini senza pudore alcuni ad eventuali compratori. Lo farebbe anche Silvio Berlusconi, pronto a ricevere l'abbraccio di Al Maktoum e del suo portafogli ricco di dollari e petrolio. Ci ha pensato in passato, e lo sussurra tuttora nelle notti di mercato, anche Maurizio Zamparini per il suo Palermo, ci sperano in fondo anche i tifosi di ogni altra squadra.
"Ma perché non arriva un arabo?", si chiedono, sconsolati, mentre i campioni fanno le valigie anziché acquistar magioni come un tempo. L'esempio di Thiago Silva è lampante. Ha ceduto, il buon brasileiro, al richiamo del conto in banca, grazie ad un bonifico che solo gli Emiri, pur emigrati in terre lontane dalla nostra, possono permettersi. Fortunato il PSG che ora può godere delle infinite casse del suo sceicco, beato il Manchester City, sperano lo stesso anche i tifosi del Malaga. Chiaro, non tutti gli sceicchi vengono col greggio, e ne sanno qualcosa alcuni club di Premier League poi sprofondati nelle Marianne dei debiti. L'Italia, intanto, osserva sconsolata. Osserva la sua argenteria scintillante, conscia che i pozzi qui vanno esaurendosi, mentre in Francia, Spagna ed Inghilterra, si riempiono con l'oro nero delle tuniche d'Oriente. In Germania hanno trovato una soluzione, e si chiama sguardo al futuro: stadi nuovi, nuova organizzazione, club che riescono ad autofinanziarsi. Ma questa, è tutta un'altra storia.
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