Riconoscenza, questa sconosciuta
Pur conoscendo il personaggio, ho provato lo stesso un po’ di stupore nell’ascoltare le parole pronunciate da Antonio Cassano in conferenza stampa. Oltre che sulla questione gay (e già quì bisognerebbe stendere un velo pietoso), quando gli è stato chiesto un parere sulla cessione di Thiago Silva da parte del Milan. Certo, è difficile aspettarsi sensibilità e riconoscenza da una persona che ha offeso davanti ai compagni un presidente che lo ha trattato come un figlio, oppure che non ha voluto nemmeno aprire la porta della sua camera di Ospedale a un vecchio amico che era venuto apposta da Bari a trovarlo. Detto questo, se c’è una persona non autorizzata a muovere alcuna critica alla società Milan questa dovrebbe essere proprio Antonio Cassano.
Al club rossonero il barese deve dire una sola parola: grazie. Per averlo portato via da Genova, dove non volevano più vederlo dalla disperazione. Per avergli regalato quello che è il primo e che probabilmente resterà l’unico scudetto della sua carriera. Per averlo curato con dedizione e rimesso in campo a tempo di record. E, in ultimo, in tempo utile per farlo andare agli Europei. Cose che lui stesso ha detto che ‘non pensava’. Però, purtroppo, non ha riflettuto neanche prima di dire: “Senza Thiago Silva possiamo al massimo qualificarci per la Champions League. Dopo gli Europei deciderò se restare o andare via”. E ancora: “Se Ibra si arrabbia per la cessione di Thiago gli do ragione”. E allora le lasci a Ibra le lamentele. Lui, visto quello che ha passato, non se lo dovrebbe permettere. E non certamente adesso.
Cassano dovrebbe ricordarsi che per amore della maglia e per riconoscenza della società di appartenenza c’è stato chi è andato a giocare in Serie B. E la Champions League l’ha vista in televisione non per uno, ma per tre anni. Ma questa è un’altra storia, fatta di campioni veri, con ben altri valori. Quella di Cassano inizia ad assomigliare in maniera abbastanza preoccupante a quella di Nwankwo Kanu, curato dall’Inter per un problema analogo al suo e che poi una volta tornato in campo, alla prima cosa che non gli andava bene ha liquidato Moratti con un laconico: “Grazie e arrivederci”. Se dovesse finire nello stesso modo, sarebbe davvero triste.
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