Alla ricerca del Nocerino perduto. Vittoria a Bologna fondamentale, ma adesso servono varianti anche dal punto di vista tattico. Continuano gli infortuni al Milan: "Acqua di Lourdes" tra i nuovi sponsor

Alla ricerca del Nocerino perduto. Vittoria a Bologna fondamentale, ma adesso servono varianti anche dal punto di vista tattico. Continuano gli infortuni al Milan: "Acqua di Lourdes" tra i nuovi sponsor
© foto di Fabrizio Tomasello
martedì 4 settembre 2012, 00:00Editoriale
di Fabrizio Tomasello
Fabrizio Tomasello, giornalista, ideatore e conduttore di "Passione Rossonera" su Radio Radio, l'unico programma radiofonico esclusivamente dedicato al Milan

Non so se essere più contento per la prima vittoria del Milan in campionato oppure perché finalmente non sentiremo più parlare di Kakà per un bel po’. La vicenda di calciomercato che ha coinvolto il caro Ricky è stata stucchevole oltre misura e chi ne ha pagato maggiormente le conseguenze sono stati i tifosi, illusi e poi delusi.
Messo un punto e a capo, passiamo ad analizzare tutto quello che è accaduto in casa Milan nell’ultima settimana.
I rossoneri sono usciti trionfanti dal Dallara di Bologna, dopo aver rifilato un incoraggiante 3-1 ai ragazzi di Pioli, ma nessuno si sogni di buttare sotto il tappeto tutta la polvere che questa estate destabilizzante ha accumulato.
Facile parlare delle note liete: la tripletta del “Pazzo” Pazzini, il ritorno energico e vibrante di un tonico Boateng (non casuale la rima con ginseng), la conferma del baby De Sciglio e la scoperta di Acerbi al centro della difesa.
Ma poi ci sono le magagne. Tanto per iniziare, io non sono affatto d’accordo con Galliani: questa squadra non è da scudetto e, a meno di clamorosi miracoli di Allegri e dei suoi ragazzi, potremo al massimo lottare per un posto in Champions League.
Parliamoci chiaro, questo Milan è almeno due spanne inferiore alla squadra che lo scorso anno era la favoritissima per la vittoria finale e poi ha smarrito lo scudetto per strada. Forse ha mantenuto un buon livello a centrocampo (anche se gli innesti di De Jong, Montolivo, Constant e Traorè a mio avviso non possono compensare le partenze di Van Bommel, Seedorf, Gattuso, Merkel e Aquilani); ma è in attacco (gli addii a Ibra, Cassano, Inzaghi e Maxi Lopez colmati da Bojan,  Pazzini e Niang) e soprattutto in difesa (Acerbi e Zapata per Thiago Silva e Nesta) che il divario diventa imbarazzante.
Inutile negarlo, il Milan durante l’estate ha subito un’emorragia di talento, classe, carisma, esperienza e forza fisica, ma potrebbe aver guadagnato in freschezza atletica, gioventù ed entusiasmo. Ed è su queste basi che Allegri dovrà lavorare sodo per costruire una “squadra”, con la speranza di riuscire a trovare in Ambrosini, Boateng, De Jong e magari anche Nocerino quel leader che al Milan, dopo la partenza in blocco di tutta la vecchia guardia, serve come il pane.
A proposito del barbuto neo numero 8 del Milan, sono stato tra i primi a sottolineare che la cessione di Ibrahimovic, ci avrebbe privato oltre che del centravanti più “imponente” del mondo, anche della spalla e uomo-assist ideale per bomber Nocerino. 11 gol fatti nella scorsa stagione (10 in campionato, 1 in Champions al Camp Nou) rappresentano un record assoluto e probabilmente nessuno, nemmeno il Noce stesso, punterebbe un euro sulla concreta possibilità di bissare un exploit del genere quest’anno.
Ma da qui a vedere trotterellare in campo a Bologna uno svagato, svogliato, indolente, pigro Nocerino ce ne passa. Sarebbe opportuno che Antonio non dimenticasse quelle che sono le sue reali caratteristiche, quelle che lo hanno portato in Nazionale e l’hanno reso uno degli idoli della curva sud di San Siro: aggressività, tenacia, vigore, atletismo, passione, cattiveria agonistica. Perché il Milan, adesso più che mai, ha un gran bisogno di lui.
In teoria avrebbe bisogno anche di Stephan El Shaarawy. Il piccolo faraone, grazie al doppio infortunio di Pato e Robinho, si è trovato titolare inamovibile dell’italico Milan di Allegri. Ma così come per Nocerino, El 92 appare molto, molto distante dal fenomeno che abbiamo ammirato a sprazzi la scorsa stagione. Spaesato, mai in grado di saltare l’uomo o di fare una giocata importante, a tratti impaurito, El Shaarawy sembra aver smarrito quella sfacciataggine e quella sfrontatezza che aveva esibito con ardimento nella sua prima stagione rossonera. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un ragazzino che non ha ancora compiuto 20 anni, quindi alti e bassi sono più che normali, ma è lecito augurarsi che il nostro campioncino ritrovi presto lo smalto dei giorni migliori, per mettere seriamente in difficoltà mister Allegri una volta che tutti gli attaccanti rossoneri saranno a posto fisicamente.
A proposito, ma arriverà mai quel giorno? Sono state giocate appena due giornate di campionato e il Milan “vanta” già 3 infortuni muscolari (oltre al solito Pato e a Robinho, a Bologna si è aggiunto alla lista anche Montolivo) e una frattura alla mano per Boateng. La stagione è iniziata esattamente come era finita quella scorsa. Tra i nuovi sponsor urge “Acqua di Lourdes”.

Passiamo ad una piccola nota di carattere tattico. Se c’è una cosa che è spesso rimproverata ad Allegri è quella di essere stato troppo rigido dal punto di vista del modulo: un 4-3-1-2, con pochissime divagazioni e di conseguenza, anche pochissime sorprese per le squadre avversarie, ormai abituate alle consuetudini rossonere. Ora, alla luce anche delle caratteristiche di alcuni dei nuovi acquisti, sarei incuriosito da qualche variante, ad esempio un 4-2-3-1 che porterebbe diversi benefici: innanzitutto consentirebbe a De Jong di giocare in mezzo al campo come ha sempre fatto, sia al City che in Nazionale, e cioè con un altro centrale di centrocampo accanto. E poi permetterebbe di valorizzare e dare spazio ai numerosi attaccanti esterni che abbiamo in rosa quest’anno, Bojan, Robinho, El Shaarawy, Niang ed anche lo stesso Pato, che potrebbe anche fare il centravanti al posto di Pazzini. La sosta può favorire esperimenti di questo tipo, chissà che non ne venga fuori qualcosa di interessante.



E chiudiamo con un po’ di Champions League. L’urna di Nyon quest’anno è stata benevola, ci consentirà di rivedere Spalletti in Italia con il suo Zenit, di apprezzare il Malaga dello sceicco “pentito” e approfittare degli influssi benefici dell’Anderlecht che porta fortuna al Milan (anche nell’ultima Champions vinta, nel 2007, ci furono i belgi sulla strada dei rossoneri nel girone con Lilla e AEK Atene). Intanto ieri è scaduto il termine ultimo per la presentazione delle liste. Avrei voluto non trovare Mesbah tra i 25, il suo ostruzionismo sul mercato mi ha infastidito molto. Invece il franco-algerino è stato premiato, anche se, come sostengo da tempo, la colpa non è sua (quando gli ricapiterà mai di indossare la maglia di un club importante come il Milan?), ma di chi l’ha portato in rossonero con la convinzione di aver fatto un affare.

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