L'anticipo di Galli - Dal Lecce al Como, da Ibra a Furlani, dal DS all'allenatore

A Lecce abbiamo visto una squadra con una miglior fluidità di gioco. In particolare i rossoneri, nello sviluppo dell’azione, hanno saputo trovare, con qualità, l’uomo libero tra le linee dello schieramento avversario, almeno fino a quando la squadra di Mister Giampaolo ha ulteriormente abbassato il baricentro e stretto le marcature. C’è ancora molto da migliorare, in particolare nelle transizioni negative: quando la squadra perde palla è necessario un atteggiamento proattivo che ne preveda la perdita e consenta, grazie al corretto posizionamento dei difendenti, una riaggressione immediata degli avversari con maggiori possibilità di ritornarne in possesso. Fintanto che questa lacuna perdura, ci costringe, come accadeva nella gestione Fonseca, a correre verso la nostra porta (condizione da evitare) con i nostri giocatori che, lasciati in campo aperto, soffrono la velocità degli avversari e faticano a trovare il tempo per la necessaria chiusura, come è successo a Gabbia in occasione del primo goal di Krstovic. Conceição ha avuto un’altra settimana per poter lavorare e migliorare tutte le fasi del gioco. Siamo fiduciosi in un ulteriore passo in avanti, assolutamente necessario per non correre rischi contro un Como che già all’andata ci aveva messo in difficoltà e che si è ulteriormente migliorato nella proposta di gioco e negli interpreti a disposizione di mister Fabregas.
Se il campo lascia sperare in un percorso indirizzato verso la “guarigione”, dal punto di vista societario la convalescenza sembra protrarsi, in particolare a causa dello stallo sulla scelta del Ds: la gestione di questo delicatissimo passaggio sembrava infatti affidata a Ibrahimovic, che aveva già iniziato i colloqui con i candidati, in presenza dello stesso Cardinale; tuttavia, il viaggio negli Usa di Furlani e il suo incontro con Cardinale, sembra avere portato non tanto a una riapertura delle selezioni, ma – quel che più conta – a una forte investitura dell’amministratore delegato anche nell’area sportiva. Ora ai nomi di Tare e Paratici, che sembravano in short list, sembrano essersi aggiunti anche quelli di Scuro e Krösche, ma anche quello dell’atalantino D’Amico. Si va verso una maggiore chiarezza nelle deleghe societarie? Lo speriamo tutti. Personalmente mi auguro solo che il nodo venga sciolto al più presto e si vada verso la nomina di un profilo che conosca a fondo il calcio italiano.
Da questa scelta dovrà poi partire il lavoro, accurato e profondo, per capire da dove e con chi iniziare il processo che porterà a definire l’allenatore, lo stile di gioco e i giocatori della prossima stagione. Ho parlato di stile di gioco perché personalmente non amo tifare per una squadra che giochi per vincere di “corto muso” o con un atteggiamento speculativo. Certo, direte voi, che siamo talmente stanchi e frustrati che un allenatore difensivista e mago degli 1-0 verrebbe accolto come Giulio Cesare trionfatore sulla Gallia. Lo capisco, e vorrei anch’io un po’ meno imprevedibilità: ma vorrei al contempo che venissero create le basi per iniziare un ciclo che duri nel tempo.
Ammesso, a titolo di ipotesi, che Conceição non venga riconfermato, è chiaro che Allegri e Conte sono i due allenatori che rispondono alla richiesta di vincere nell’immediato; entrambi, inoltre,potrebbero essere tra le scelte del prossimo Ds, in particolare se questi fosse Paratici, anche in considerazione del comune passato in bianconero.
Ma allora? Dove va a finire il “milanismo”? Rimane solo uno slogan, “una frase sintetica, orecchiabile, suggestiva destinata a rimanere nella mente e a persuadere l’ascoltatore” come si legge nel dizionario? Probabilmente si, ahimè. Sia chiaro, “milanismo” non è sinonimo di competenza. Pertanto, la presenza di un Ds o di un allenatore di comprovata fede milanista o comunque con forti legami con il club non implica necessariamente il possesso delle competenze necessarie ad assolvere a compiti così complessi come quello di formare una squadra e sceglierne l’allenatore, per l’uno, e quello di condurla ai successi, per l’altro.
Però, però. Pur consapevole dello scetticismo di molti tifosi rossoneri, la mia preferenza per la panchina, dopo un anno di esperimenti non esattamente esaltanti, va ancora a Roberto De Zerbi, un allenatore le cui competenze crescono e si rinnovano stagione dopo stagione e sul cui “milanismo” non vi è alcun dubbio: basta sedersi nel suo ufficio ed ascoltare la sua storia, un’esperienza che ho potuto fare, due volte, durante i viaggi di studio in Inghilterra e Francia, e che mi hanno davvero allargato il cuore.
FORZA MILAN
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