L'anticipo di Galli - Milan, è ora di tornare al gioco
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Lo scorso fine settimana è stato amaro in casa rossonera. All’inopinata sconfitta della Prima Squadra subita contro il Torino il sabato sera, ha fatto seguito – per chi come me un occhio alle categorie “giovanili” lo rivolge sempre - la debacle casalinga per 2-3 di Milan Futuro contro il Pescara, all’ora di pranzo. Una resa che ha sancito l’esonero di Daniele Bonera, sostituito da Massimo Oddo. Al primo va il nostro “in bocca al lupo” per il prosieguo della carriera di allenatore; al secondo,l’augurio di saper incidere dal punto di vista dei risultatiaccompagnato dal suggerimento che, ad essi, si arriva attraverso la proposta e lo stile di gioco, strumenti di formazione per i giovani calciatori, fine principale delprogetto di una seconda squadra.
Il peggio, intanto, stava per arrivare. Gli uomini di Conceicao si apprestavano a preparare la partita con il Bologna, forse la prima preceduta da un numero di allenamenti tale da poter permettere al tecnico di dire di aver preparato la gara.
Molte erano le questioni da risolvere:
- Capire il ruolo di Leao, non inteso come posizione in campo, ma riguardo all’essere leader tecnico all’interno del gruppo.
- Prendere atto che l’assenza di Leao determini nel suo compagno di corsia, Theo Hernandez, un atteggiamento timido, titubante, spaesato,rinunciatario nello spingersi in avanti, come abbiamo visto nel secondo tempo con i granata, senza nulla togliere a Sottil cui vanno fatti i complimenti per la caparbietà e l’efficacia dimostrata nel poco tempo a disposizione.
- Definire il valore di Joao Felix, un giocatore che vorremmo più incisivo e che finora ha confermato di essere privo di self-regulation, cioè della continua capacità di migliorarsi attraverso l’allenamento e le partite, e che, pertanto, è ancora lungi dal poter essere accostato ad alcuni giocatori del recente passato come Kakà e Rui Costa.
- Infine capire la sostenibilità dei “Fab four” nel campionato italiano, dopo che l’Europa ha bocciato questa soluzione.
Allo stadio Dall’Ara, Conceicao decide di fare a meno di Pulisic inserendo dall’inizio Musah, come esterno alto a destra, nel tentativo di dare equilibrio alla squadra e più copertura alla linea difensiva.
Il primo tempo si chiude sull’1-0 per i rossoneri. Il goal nasce dall’ “attacco del portiere”, definizione coniata da Nedo Sonetti: goal di cui si devono sottolineare tutti gli aspetti positivi (la scelta di Maignan di lanciare, il tocco di Gimenez, l’ottima conclusione di Leao), anche se non possiamo tacere che la partita la stesse facendo il Bologna.
Lo stesso scenario si è ripetuto nella ripresa. Il Bologna pareggia dopo 3’ (certo, il tocco di braccio di Fabbian sembrava evidente e il goal da annullare) e passa in vantaggio all’82’ approfittando di un blackout complessivo dell’impianto difensivo rossonero.
Ennesima serie di amnesie individuali, ma anche una squadra che non è quasi mai padrona del campo, mai padrona del gioco. Forse quando ci siamo trovati in vantaggio eravamo disposti ad accettare un pragmatismo che non ci appartiene, il fine che giustifica i mezzi, una vittoria che, pur allontanandoci dal nostro DNA, avrebbe tenuto vive le speranze di raggiungere la zona Champions. Forse è stato proprio questa disponibilità a snaturarci che ci ha portati alla sconfitta.
Più in generale, sono certo che questa squadra sia molto di più di ciò che abbiamo visto finora. Ma è stato l’insinuarsi dell’idea che si possa prevalere sugli avversari anche senza essere la migliore versione di séstessi, sostenuta da affermazioni improvvide, tra cui quella secondo la quale il calcio è uno sport semplice, a minare il principio che per vincere occorra voler essere dominanti, esprimere unità di intenti e, perché no, volerela palla (per toglierla agli avversari, guarda un po’). Per verticalizzare quando possibile ma anche per “tikitakeggiare”, al fine di disorganizzare la difesa avversaria per trovare spazi là dove sembrano non esistere. Purtroppo ci siamo via via allontanati da tutto ciò, e un’inversione di rotta sembra sempre più remota, invece di avvicinarsi partita dopo partita e allenamento dopo allenamento, come sarebbe lecito aspettarsi.
Domenica a San Siro arriva la Lazio. Cosa chiedere? Il compito, per tutti, sarà quello di trovare dentro di sé le motivazioni per onorare la maglia alla Scala del Calciodavanti al popolo rossonero, anche nel caso, probabile, di una forte contestazione.
Forza Milan
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