Mercato chiuso? No, servono ancora interventi strutturali! Sembrava il Milan di Pioli. Morata ha già capito tutto
Partenza lenta, dove sabato sera non si è visto nulla del Milan di Fonseca e di quel cambiamento di cui hanno parlato sia l’allenatore portoghese sia Zlatan Ibrahimovic nel corso delle varie conferenze stampa. È sembrato il Milan di Pioli, l’ultimo Milan di Pioli, quello sfilacciato tra i reparti, senza una fase difensiva generale collaudata e con il solito, annoso, problema di attacco alla porta. Perché un conto sono i tiri verso la porta di Milinkovic-Savic, e un conto è indice di pericolosità e la sensazione che si viene a creare quando il Milan attacca. Ecco, siamo fermi alla scorsa gestione tecnica, dove il riempimento efficace dell’area di rigore e le scelte giuste da parte dei protagonisti latitavano. Anche contro il Torino si sono rivisti i fantasmi del passato. In ordine sparso: Thiaw che non trova mai la conclusione vincente di testa pur trovando la posizione ideale, Leao che si mangia un gol che Vinicius o Rodrygo fanno a occhi chiusi, Jovic che non ne struscia mezza e conferma la sua non idoneità a fare il riferimento unico in attacco, Chukwueze che non si accende e così via. Le scelte iniziali di Fonseca, poi, hanno destato non poche perplessità. Perché rinunciare fin dall’inizio a Theo e Reijnders, oggi, non è un qualcosa che questo Milan può sostenere. Saelemaekers è stato mandato come un soldato all’arma bianca contro Bellanova e Thiaw titolare è una scelta che è difficilmente comprensibile, visto che anche nel pre campionato non era apparso così brillante. La panchina ha evitato la sconfitta, ma per Fonseca c’è ancora tanto (forse troppo) da aggiustare, a partire dalla mentalità.
Alvaro Morata ha centrato il punto: questa è una squadra che la necessità di diventare più stronza, più cattiva, più determinata e smaliziata. C’è un atteggiamento sempre da bravi ragazzi, fin troppo. Serve una testa diversa, una fame diversa, una cattiveria diversa in ogni ruolo e nell’interpretazione globale delle partite. E sono le stesse parole che, in passato, erano riecheggiate da Tonali e Kjaer. Non benissimo... È un Milan che dovrà attingere da “The Animal” Pavlovic e dalla corsa e determinazione di Fofana, ma anche gli altri devono tirar fuori gli attributi. Theo Hernandez, sotto questo aspetto, è stato lasciato solo tra i giocatori di movimento dopo gli addii di Kessié, Tonali, Krunic ma anche Calhanoglu stesso. C’è bisogno che i giocatori capiscano che quello che si è visto sabato è un Milan non accettabile e lo deve capire anche l’allenatore. Perché va bene i bravi ragazzi, ma bisogna menare per vincere perché nessuno ti regala nulla e anche domenica contro il Parma, il Milan giocherà contro un avversario che avrà la bava alla bocca.
Capitolo mercato: la rosa è stata rinforzata, ma non è completa. Se sulla punta si è deciso di puntare su Morata, su Okafor (santo Noah, quanto sei sottovalutato), Jovic (funziona solo da seconda punta) e sulla crescita di Camarda, è in mezzo al campo che serve ancora qualcosa. Adli, Pobega e Bennacer sono tutti con un trolley pronto e se Tommaso sta lavorando con il club e il suo entourage per trovare la soluzione migliore, per Yacine e Ismael ci sono situazioni diverse. Il primo ha diverse proposte esotiche, lui non vorrebbe andare via dal Milan, ma rischia di finire fuori sia dalla lista per la Serie A sia (più ovvio) da quella per la Champions League. Non gli conviene a livello di carriera. Per Bennacer serve un’offerta per il cartellino. Isma dopo l’infortunio al ginocchio non è più tornato quello di prima e se la sua partenza dovesse servire a prendere Manu Koné del Borussia Monchengladbach, allora ben venga la cessione. E poi servirebbe un vice Theo vero. Terracciano e Saelemaekers in quella posizione hanno dimostrato di andare in tilt.
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