André Cruz: "Milan, Emerson Royal merita fiducia. Scrissi a Maldini dopo lo scudetto"

Napoli-Milan ci dà l'occasione di fare un tuffo nel passato, con i tanti doppi ex che hanno vestito la maglia azzurra e quella rossonera. Tra essi André Cruz, difensore che nella nostra Serie A si fece apprezzare per la sua abilità sui calci piazzati. Arrivò nel Milan nell'estate del 1997 proprio dal Napoli (via Inter, che aveva inizialmente acquistato il suo cartellino, salvo poi scambiarlo con Francesco Moriero). Cosa fa oggi il brasiliano? Ce lo ha raccontato lui stesso, in esclusiva per MilanNews.it
André Cruz, cosa fai oggi?
"Lavoro nella politica anche se non mi definirei un politico. Ma ho un ruolo nella mia città, che è Santa Barbara do Oeste, al servizio del sindaco Rafael Piovezan. Mi occupo della segreteria dello sviluppo economico".
Cosa ti ha portato a questa nuova vita?
"Conosco Rafael da prima che divenisse sindaco. Parlavamo della nostra città e dei suoi problemi, raccontavo del mio vissuto in Europa. Una volta eletto sindaco, Rafael ha trovato in me una figura che avesse una riconoscibilità per la città, inoltre parlando diverse lingue e avendo vissuto altre esperienze al di fuori dal Brasile potevo essere utile per dare una mano. Ci ho pensato e mi son detto: 'perché no?' Del resto ho deciso di fermarmi qui ho famiglia e dei figli di 13 e 11 anni. Il maschio gioca a calcio".
Gli stai insegnando a calciare le punizioni?
"Certamente, tra l'altro ci sono sempre meno specialisti in questo gesto tecnico".
In effetti si segnano sempre meno reti su calcio piazzato. Come mai?
"Io credo che ci siano due fattori principali: anzitutto non ci si allena più come prima. E in secondo luogo non si gioca più per strada, i bambini sono attratti da altre distrazioni come la Playstation. E poi con la criminalità che cresce è sempre più raro vedere qualcuno qui in Brasile giocare per strada".
Sei stato un grande specialista delle punizioni, come hai affinato questa tecnica?
"Giocavo a calcio giorno e notte. Anche a casa tiravo il pallone contro il muro. E poi c'era un gioco che facevo da bambino e che era popolare in Brasile: 2 vanno in porta e due devono calciare, se mandi la palla sulla traversa e poi in rete prendevi 3 punti. Tenta oggi, tenta domani ho affinato la mia tecnica. Quando poi ho iniziato a giocare a calcio mi allenavo ogni giorno, mi fermavo anche dopo allenamento per calciare le punizioni. Ricordo a Napoli, l'allenatore mi guardava incredulo perché volevo proseguire anche dopo la sessione. Mi diceva: 'Sei matto?'. Al primo anno ho fatto 7 reti, la maggioranza su calcio piazzato".
Anche in Brasile il tema dei bambini che non giocano per strada è di moda
"E infatti la nazionale brasiliana è figlia dei tempi, non c'è più quella qualità che potevi vedere fino al 2010. Neymar è l'ultimo fuoriclasse che abbiamo".
Endrick non ti piace?
"Buon giocatore, non al livello di Neymar e di Ronaldo, il Fenomeno".
Colpa anche delle scuole calcio?
"Sicuramente, perché dagli 8 ai 14 anni dovresti pensare ad allenare la tecnica e basta. Il resto dopo, ma prima servono fondamentali come l'abilità nel controllo palla, nel passaggio corto e lungo. Tutte cose che non vedo".
Segui ancora la Serie A?
"Pochissimo, a causa del fuso orario. Ogni tanto riesco a vedere la Champions League, il Milan l'ho seguito negli anni recenti, specie quello dello scudetto. Mandai i complimenti a Paolo (Maldini, ndr) e lui mi rispose che non aveva mai lavorato tanto in vita sua".
Molte cose sono cambiate da allora, Maldini ad esempio non è più in società
"Mi dispiace, perché Paolo è uno dei simboli del Milan, un grande".
È stato tuo compagno di squadra
"Il più forte difensore di tutti, assieme a Franco Baresi. Ma ricordo anche grandi calciatori come Costacurta e Albertini".
Quell'anno però non andò benissimo
"Il pre-campionato fu illusorio, vincevamo sempre. Poi non so cosa sia successo. Io peraltro già a settembre-ottobre accusai mal di schiena. Dopo un derby in cui segnai mi feci malissimo e a gennaio 1998 mi sono operato. Il giorno prima finì sotto i ferri Weah. Paolo aveva problemi alla schiena, ricordo problemi anche per Boban e Ziege. Era una catena, se non stai bene non riesci a giocare al 100%".
Alla fine fu un clamoroso decimo posto
"Come detto, gli infortuni ci hanno condizionato. E poi in quell'anno quando una cosa doveva andare male, andava male. Cito una partita su tutte: Milan-Vicenza, una delle prime della stagione. Dominiamo in lungo e in largo, arriva una punizione per loro e Arturo Di Napoli ci fa gol. Perdiamo 0-1. È difficile da spiegare, perché avevamo uno squadrone e giustamente la gente si aspettava un Milan vincente e convincente, così non è stato".
L'anno dopo salta Capello, arriva Zaccheroni. Non vedi più il campo
"Zaccheroni non mi voleva, io non volevo lasciare il Milan perché volevo dimostrare il mio valore, pensavo di giocarmela. Niente da fare. Mi portava in ritiro pre-partita, poi mi mandava in tribuna. Col senno di poi avrei dovuto prendere atto della situazione e andarmene, anche perché mi voleva il Barcellona, mica una squadra qualsiasi".
Venendo all'attualità nel Milan di oggi c'è un brasiliano, Emerson Royal. Stagione per lui complicata
"La Serie A è il campionato più difficile d'Europa. C'è tecnica, tattica, gioco, grinta. Emerson è cresciuto calcisticamente in Brasile, poi è andato in Spagna ed è abituato a un altro tipo di calcio. Serve pazienza e lui stesso deve adattarsi il prima possibile alla cultura italiana. Se scegli il Milan poi devi mettere in preventivo le pressioni, le aspettative. Per me è un buon giocatore, ha esperienza e ha giocato partite importanti. So che nelle grandi squadre è difficile aspettare, ma io dico di dargli fiducia".

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