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Vogel: "Il mio Milan era stratosferico, nell'attuale solo uno può fare la differenza. Quando gli va"

ESCLUSIVA MN - Vogel: "Il mio Milan era stratosferico, nell'attuale solo uno può fare la differenza. Quando gli va"MilanNews.it
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di Gaetano Mocciaro

Che fine ha fatto Johann Vogel? Lo storico centrocampista svizzero, che ha vestito anche la maglia del Milan, 22 presenze nella stagione 2005/06, in una delle squadre più forti di sempre. Oggi, a 47 anni, Vogel allena in un piccolo club del suo paese, l'FC Naters Oberwallis. E coglie l'occasione per raccontarsi, ai microfoni di MilanNews.it.

Johan Vogel, sei ancora nel mondo del calcio
"Sì. 14 anni fa ho iniziato ad allenare il Grasshoppers, dall'Under 15 all'Under 18. Ci sono rimasto 7 anni, per poi andare al PSV Eindhoven, dove ho allenato l'U17. Tra gli allenatori vi erano Mark van Bommel e Ruud van Nistelrooy, che erano miei compagni di squadra e ci siamo così riuniti. Poi ho deciso di tornare in Svizzera, dove ho allenato le nazionali giovanili. Ora sono al Naters, che gioca in quarta divisione".

Cosa ti ha portato nella quarta divisione svizzera?
"Il presidente mi ha chiamato, aveva bisogno di un aiuto e di un buon allenatore. Ha le risorse economiche necessarie per fare un buon lavoro e così ho accettato. Devo dire che c'è una bella atmosfera, è un bel club. Il livello è amatoriale, i giocatori hanno una loro professione, poi vengono ad allenarsi".

Progetti futuri?
"Il mio contratto scade a giugno, quindi poi vedremo. Diciamo che valutando tutte le esperienze fatte posso dire che mi piacerebbe tornare a lavorare con i giovani, perché ho modo di mettere mano per migliorare questi ragazzi ed è una cosa motivante".

Ci sono giocatori che hai lanciato e per i quali sei particolarmente legato?
"Ndim Bajrami, ex Sassuolo e oggi ai Rangers, in Scozia. Ma anche Ulisses Garcia, oggi del Marsiglia. Sono felice di aver contribuito alla loro crescita".

Segui il Milan?
"Lo seguo, certamente. Ho visto alcune partite, non è più la grande squadra in cui giocavo e sono un po' triste di ciò. Quando c'ero io, nel 2005, c'erano solo grandi nomi, i migliori al mondo. Questo è ciò che dovrebbe essere sempre il Milan".

Nel Milan attuale c'è un giocatore che può fare la differenza come i campioni dei tuoi tempi?
"Leao è un giocatore che può fare la differenza, ma è troppo discontinuo ed è un peccato perché potrebbe essere uno dei migliori in assoluto. Magari se fosse più costante, se aiutasse di più in difesa… Ancora non è detto, però, ha l'età per crescere ancora. Deve solo volerlo".

E Theo Hernandez?
"Theo mentalmente non è un top player".

Facciamo qualche passo indietro, alla tua esperienza al Milan. Che ricordi hai?
"Già in Svizzera guardavo la Domenica Sportiva, c'erano le gesta di Van Basten, Gullit e Rijkaard: erano i miei idoli e il Milan la squadra del mio cuore. Il fatto che poi sia riuscito a giocarci fu un motivo di grane orgoglio".

Hai un aneddoto legato all'esperienza?
"In realtà il cognome si dovrebbe leggere così come si scrive, alla francese. Ancelotti però aveva un modo di chiamarmi che suonava imbarazzante".

In che modo?
"Vögel, con la V che viene letta come una F e la dieresi nella o. Oltre ad essere sbagliato, in tedesco c'è una parola simile: 'vögeln', che significa 'sco**re'. Ecco, era tutto molto imbarazzante (ride, ndr)".  

C'era lo stesso problema di pronuncia con i compagni di squadra?
"No ma Vieri mi chiamava Toblerone, dato che sono svizzero. Voleva fare il simpatico ma non è che mi facesse ridere, perché volevo essere chiamato Johann. Dopo che insisteva con questo soprannome ho deciso un giorno di fargli trovare un enorme Toblerone nello spogliatoio: 'Ecco, adesso hai il tuo toblerone'. Quando l'ha visto e l'ha aperto è venuto da me e mi ha abbracciato. Da quel giorno siamo diventati amicissimi. E non mi ha più chiamato 'Toblerone'".

Con chi ti sei trovato meglio?
"Seedorf, Serginho e Nesta. Alessandro soprattutto è una persona speciale, sincera e simpatica. Pensa che quando hanno vinto la Champions nel 2007 la prima cosa che lui ha fatto, ad Atene, è stata di chiamarmi e dirmi: 'Manchi solo tu!'".

Sei rimasto solo un anno al Milan, come mai?
"Sono stato solo un anno, era una squadra devastante. Poteva vincere tutto, sempre. Me ne sono andato perché volevo giocare di più non volevo che il mio scarso impiego condizionasse la mia carriera con la nazionale. Tra l'altro la Svizzera avrebbe ospitato gli Europei del 2008, era troppo importante per me. Per questo ho chiesto di andar via".

I più forti con cui hai giocato?
"Serginho e Seedorf erano i più forti. Giocatori d'oro, un'eleganza, un'agilità incredibile. Erano qualcosa di eccezionale".

Quest'estate si era parlato di Mark van Bommel, tuo amico, come possibile allenatore del Milan
"Abbiamo condiviso la stanza per sei anni. Mark è un grande ragazzo, appassionato e fa tutto per il calcio, vive per il calcio. Ma nelle esperienze avute a Wolfsburg, PSV e Anversa c'è stato qualche conflitto con alcuni giocatori e dovrebbe migliorare sotto questo aspetto, per diventare un grande allenatore".

Pochi giorni fa il Milan ha ceduto Okafor al Napoli. Dopo un buon primo anno non si è ripetuto
"Okafor è molto forte, veloce con la palla. Ma non è abbastanza forte mentalmente. Mi è capitato di allenare il fratello, uguale se non che è più lento di Noah".

C'è un giocatore svizzero che consiglieresti al Milan?
"Un giocatore sottovalutato è Remo Freuler, massima affidabilità: su 34 partite ne gioca bene 28 ed è il classico elemento che gli allenatori amano. E conosce molto bene il calcio italiano".

Ti rivedresti in Italia?
"Sono aperto a tutto, se il Milan mi vuole chiamare sono qui".