Il triste gigante dai piedi d'argilla
C’era una volta il Milan di Berlusconi, plasmato a sua immagine e somiglianza. Giovane, ruspante, intrigante ed affascinante. Era il Milan che maramaldeggiava al Bernabeu contro i Blancos, che umiliava la Steaua Bucarest e che rendeva macerie il Barcellona di Cruijff senza Baresi e Costacurta. E tre coppe Campioni messe in bacheca con un certo stile. Poi è arrivata la versione 2.0 del Milan berlusconiano. Un fuoriclasse per volta (Weah, Shevchenko, Kakà) e una squadra infarcita di giocatori dalla travolgente personalità (Gattuso, Nesta) e di squassante fantasia (Seedorf, Pirlo). E altre due Champions League a scintillare in via Turati con una certa classe.
Ecco, ora di quel Milan non resta che il ricordo. Quello che rimane è una squadra senza alcun tipo di personalità né orgoglio, senza qualità né fantasia, svuotata di ogni credo presidenziale. Timorosi per lo sguardo giudicante di un San Siro onesto e non prevenuto, drammaticamente in difficoltà ad imbastire un’azione da palleggio e inermi di fronte all’aggressività degli avversari. Una rosa che ha eletto capitano chi non è mai stato leader nello spogliatoio nonostante una lunga militanza, una rosa che ha dato il 10 a chi 10 non è, una squadra che al primo schiaffo non rialza la testa e si piega come un gigante dai piedi di argilla.
E’ la morte del Milan di Berlusconi. E non date la colpa al fair play finanziario.
Testata giornalistica Aut.Trib. Arezzo n. 8/08 del 22/04/2008
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