AT SALUT STEFANO!

AT SALUT STEFANO!MilanNews.it
© foto di Giacomo Morini
sabato 7 novembre 2009, 00:00Terza pagina MilanDay
di Milan Day
La nuova rubrica di MilanNews in collaborazione con il blog MilanDay.it

“At salut Stefano!”
E’ con un saluto nel dialetto della tua amata provincia bolognese che vogliamo idealmente salutarti per l’ultima volta, caro Stefano!
Quella “bassa bolognese” che gli aveva dato i natali e dove si era rifugiato al termine della sua carriera calcistica per avviare e condurre una nuova vita dedicata alle attività in cui aveva investito proficuamente i suoi risparmi, attività che ha sempre condotto con la genuinità e la familiarità che sono tipiche di queste terre.
La notizia inattesa della sua prematura scomparsa non poteva lasciare indifferenti tutti quei tifosi rossoneri che hanno un’età come quella di chi scrive e che hanno eletto come primi idoli della loro nascente “carriera di tifoso milanista” quel manipolo di ragazzi che sotto la sapiente guida del Barone Nils Liedholm regalarono al popolo rossonero la tanto agognata Stella, compiendo un’impresa che dopo la fatal Verona sembrava irrealizzabile.

A quei tempi non esistevano le rose ampie, l’espressione turn-over poteva suonare come una parolaccia per quanto era sconosciuta, e nell’album della Panini c’erano le figurine di soli sedici giocatori, gli undici titolari e quelle dei cinque componenti la panchina.
Albertosi, Collovati, Maldera, De Vecchi, Bet, Baresi, Buriani, Bigon, Novellino, Rivera, Chiodi.
Questo era lo scioglilingua della squadra rossonera che puntò e realizzò l’impresa.
Ed in quella esaltante stagione quell’album Panini l’ho guardato talmente tante volte, che ancora oggi mi ricordo la foto si Stefano Chiodi che, con la sua fluente chioma e le mani sui fianchi, si trovava in basso, nell’ultima fila, tra quelle di Walter “Monzon” Novellino e Antonio Rigamonti.

Breve ma intensa.
Con questa espressione possiamo riassumere l’esperienza al Milan di Stefano Chiodi, durata “solo” due stagioni che però furono intense come avvenimenti e ricche di soddisfazioni.
Per caratteristiche non rappresentava il prototipo del grande attaccante (era alto 178 cm e pesava 72 kg), ma la forza fisica e l’ottimo dribbling gli permettevano di ricoprire con profitto il ruolo di prima punta.
Quasi sempre, infatti, veniva schierato da punta unica, perché col fisico e coi suoi movimenti era abilissimo a creare quegli spazi che venivano puntualmente sfruttati dai compagni, centrocampisti e terzini, che avevano eccellenti qualità di inserimento e buone doti realizzative (per informazioni chiedere ai vari Bigon, Antonelli, Novellino e Maldera).
Lui, per contro, di gol non ne fece tantissimi
(33 in serie A in 147 presenze e 6 reti in 22 presenze in serie B),
ma il peso specifico delle sue realizzazioni era enorme. Lui stesso amava ripetere che:
“Agivo da unica punta, mi muovevo orizzontalmente per fare spazio agli altri. Di gol ne facevo pochi, ma bellissimi: segnavo d’istinto e quindi mi venivano bene.”

Probabilmente Stefano è il detentore di un primato che difficilmente verrà mai battuto:
il Milan che vince il decimo scudetto è l’unica squadra campione d’Italia con una prima punta capace di realizzare un solo gol su azione.
Quell’unica punta era lui, e l’unico gol su azione lo realizzò contro il Catanzaro alla 12ma giornata (un 4-0 sbloccato proprio dal gol di Chiodi).
Gli altri 6 gol li realizzò tutti su calcio di rigore.
Il modo in cui li batteva lasciava i tifosi molto tranquilli: una gran botta senza neanche guardare il portiere che non faceva neanche in tempo a buttarsi.
Era nato il rigore “alla Chiodi”.

Oltre ai sette gol in campionato, nella stagione 1978/79 realizzò anche 2 gol in Coppa Italia e 2 in Coppa Uefa (in pratica, nei sedicesimi, qualificò il Milan agli ottavi segnando sia all’andata che al ritorno contro i bulgari del Levski Spartak).
Nella stagione successiva, si confermò sugli stessi livelli, risultando il miglior marcatore rossonero con 11 reti (7 in campionato e 4 in Coppa Italia).

Purtroppo quella stagione ebbe il drammatico epilogo del calcio scommesse: il Milan ne fu coinvolto pesantemente, e, purtroppo, alle vicende partecipò anche Stefano Chiodi, anche se il coinvolgimento fu considerato del tutto marginale, tanto che venne squalificato solo per 6 mesi.
Tuttavia, lo sconvolgimento totale che ne conseguì, spinse la società rossonera a cedere il suo attaccante alla Lazio in serie B (anche i laziali erano stati retrocessi per le stesse vicende dalla CAF).
Finiva così l’avventura rossonera di Stefano Chiodi, e quell’episodio delle scommesse fu solo uno dei tanti che ne caratterizzarono la carriera.
Il campionato con i biancocelesti romani non fu negativo, ma Stefano ebbe la disavventura di fallire il calcio di rigore che impedì alla Lazio di risalire subito nella massima serie: fu l’unico rigore sbagliato della sua carriera, e nonostante avesse cercato di mettersi alle spalle l’episodio, lui l’ha sempre ricordato come “una mezza tragedia”.
Ma l’episodio più drammatico doveva ancora arrivare.



Nella stagione 1981/82 Chiodi torna nella sua amata Bologna, ma durò pochissimo: nel corso del derby dell’Appennino contro la Fiorentina, saltando di testa, si scontrò con Ciccio Graziani e cadde pesantemente a terra battendo la testa.
Rimase in coma per una notte, si risvegliò e non ricordava l’accaduto, come se non fosse successo nulla.
In realtà quell’episodio mise, di fatto, fine alla sua carriera.
La stagione successiva (1982/83) provò a continuare la carriera ad alti livelli, ma nella Lazio disputò solo 10 gare anche a causa dei postumi dell’infortunio.
Da lì in poi fu solo calcio a bassi livelli (Prato, Campania, Rimini e Lugo), ed all’età di 30 anni si ritirò definitivamente dal calcio giocato.

Nonostante questi brutti episodi, l’animo da combattente gli permise sempre di reagire alle avversità, e gli consentì di vivere, da calciatore molte gioie, prima fra tutte quella di aver segnato il primo gol in serie A proprio il giorno del suo debutto:
allo stadio Dall’Ara con la maglia del Bologna proprio contro la squadra che diventerà l’altro suo grande amore calcistico, il Milan.
Fu il trampolino di lancio che lo portò qualche anno dopo proprio alla corte del Diavolo, per la cifra record per quei tempi di 1 miliardo 800 milioni.

Dopo una breve esperienza da allenatore (a Teramo), decide di dedicarsi esclusivamente alle attività messe in piedi a Budrio (Bologna): un albergo, un bar ed un ristorante.
Nonostante questo, non ha mai perso occasione di partecipare alle partite delle vecchie glorie e di organizzare manifestazioni benefiche, come il primo Memorial Fiorini, dedicato al suo amico, e compagno ai tempi del Bologna, Giuliano Fiorini.
Il cuore e la capacità di reagire non gli sono mai mancati, ma stavolta non sono bastati.

All’età di 52 anni, dopo una lunga malattia, il destino ha deciso di portarsi via, in un dignitoso silenzio, l’attaccante della nostra Stella.

Da oggi, nel cielo, sappiamo che brilla una nuova stella:
una stella che, insieme a quella di Nereo Rocco e Nils Liedholm, è il riflesso di quella che l’AC Milan porta orgogliosamente sulla maglia!
Ciao Stefano
…anzi…
”at salut Stefano”!

Gianpiero Sabato

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