Il suo arrivo, amore a prima vista
Forse si è trattato della più grande infatuazione collettiva che ha colpito il popolo milanista negli ultimi trent’anni, un autentico colpo di fulmine difficilmente replicabile anche in futuro.
L’epilogo della storia ha lasciato un grande amaro in bocca a tutti, ma per anni l’amore è stato travolgente: un po’ come accade tra due grandi amanti che ad un certo punto scoprono che il sacro fuoco che li ha uniti ormai si è spento.
E’ la primavera del 1987 ed i giornali cominciano a parlare insistentemente della volontà di Silvio Berlusconi di acquisire le prestazioni di tale Ruud Gullit. Il Milan ha già cominciato a mettere a segno una serie di colpi importanti, ed in questo clima di rinnovata euforia spunta la figura “esotica” di un calciatore non molto conosciuto dalle nostre parti (i più giovani non si stupiscano, erano anni in cui le tv non ci inondavano di calcio 24 ore al giorno): alto e potente, con delle lunghe treccine rasta, olandese ma originario del Suriname.
La curiosità era molta, e trovammo modo di soddisfarla davanti alla televisione una sera in cui si disputava a Barcellona il Trofeo Gamper.
Gullit giocava nel PSV Eindhoven, e quella sera venne impiegato da difensore centrale, ruolo che aveva ricoperto agli inizi della sua carriera prima di avanzare a centrocampo. Nonostante ciò, Ruud trovò il modo di mettersi in luce e di segnare anche un gol con un gran colpo di testa.
Tutti i dubbi svanirono, e fu lì che l’olandese divenne l’oggetto dei desideri del tifo rossonero.
Quando il Presidente Berlusconi si metteva in testa qualcosa difficilmente non la realizzava, e così per una cifra di circa 13 miliardi di lire lo strappò alla Philips e lo portò in rossonero.
Insieme ad un altro olandese, Marco Van Basten, rappresentava la coppia di stranieri che doveva guidare il nascente Milan di Arrigo Sacchi.
L’impatto col Milan fu devastante!
Al di là delle doti tecniche, Gullit conquistò tutti dimostrandosi un personaggio fuori dal comune: sorridente e con la battuta sempre pronta, si mise anche in luce per il suo grande impegno nel sociale.
Tenne subito a Milano dei concerti con i “Revelation Time”, un gruppo che suonava musica reggae impegnato contro il razzismo, faceva parte della Fondazione Anna Frank e si batteva attivamente a favore del movimento anti-Appartheid e del suo leader Nelson Mandela (allora ancora in carcere).
Insomma, un ragazzo dalla grande personalità, un autentico leader che non tardò a diventare il vero punto di riferimento dei suoi compagni di squadra e di tutti noi tifosi.
Nel frattempo, sin da subito, questo “personaggio così impegnato” si stava dimostrando un trascinatore anche in campo.
Ruud era un calciatore con una ottima tecnica individuale, era in grado di ricoprire al meglio ruoli diversi (centrale difensivo in gioventù, centrocampista avanzato ed anche attaccante), aveva ottime doti realizzative, era fenomenale nel gioco aereo (le sue erano autentiche frustate), possedeva un destro molto potente e, soprattutto, era dotato di uno strapotere fisico enorme.
Quando si buttava la palla in avanti, in progressione non esisteva nessun difensore in grado di fermarlo: tutti i più arcigni marcatori dell’epoca collezionarono delle pessime figure!
Si presentò subito alla grande (gol all’esordio in Coppa Italia, in campionato a Pisa e nella gara di ritorno in Uefa nella rimonta contro lo Sporting Gijon), ed approfittando del pesante infortunio di Van Basten si appropriò completamente della scena.
La squadra di Sacchi, dopo un inizio un po’ così, divenne un complesso perfetto, ma Ruud Gullit era la sua punta di diamante.
Scoppiò la “Gullitmania”, e dilagavano tra i tifosi milanisti i cappellini rossoneri con le lunghe treccine di Ruud incorporate.
Le sue prestazioni furono talmente esaltanti che, unite a quelle della prima parte di stagione di Eindhoven, gli valsero a dicembre la conquista del Pallone d’Oro, trofeo che dedicò e poi regalò a Nelson Mandela (dopo la sua scarcerazione).
E’ indubbio che Gullit fu il protagonista numero uno della cavalcata del Milan di Sacchi alla conquista dello scudetto numero undici, prendendosi, tra l’altro, il merito di segnare gol pesantissimi nelle gare più importanti: indimenticabile il gol contro il Napoli nel 4-1 di San Siro, la capocciata vincente nella gara di Torino contro la Juventus, il potentissimo sinistro sotto la traversa che sbloccò il “più dominato” derby della storia contro l’Inter.
Oltre ai gol ebbero un enorme peso anche i suoi assist (due perfetti a Virdis e Van Basten nella decisiva sfida scudetto del San Paolo di Napoli).
La sua stagione di grazia venne confermata dalla conquista con la nazionale olandese del titolo di Campione d’Europa ottenuta in Germania, segnando nella finale contro la Russia il gol che sbloccò la sfida su assist di Van Basten.
Con l’arrivo del connazionale Rijkaard nella stagione ‘88/’89...(continua)
Testata giornalistica Aut.Trib. Arezzo n. 8/08 del 22/04/2008
Partita IVA 01488100510 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246
Direttore editoriale e responsabile: Antonio Vitiello
© 2024 milannews.it - Tutti i diritti riservati