Il polmone rossonero

Il polmone rossoneroMilanNews.it
© foto di Alberto Fornasari
sabato 6 novembre 2010, 08:00Terza pagina MilanDay
di Milan Day

Per un sacco di tempo ho creduto che fosse uno straniero, per la sua faccia e per quella chioma super-bionda, per non parlare poi del nome che portava, Ruben!
In realtà Ruben Buriani era un italianissimo ragazzo emiliano della provincia ferrarese (di Portomaggiore, per la precisione) che scorrazzava instancabilmente lungo la fascia per tutti i novanta minuti della partita senza fermarsi mai.

Un moto perpetuo Ruben, centrocampista dotato, oltre che da un fisico da “maratoneta” (come spesso veniva anche soprannominato), di una buona tecnica individuale e, soprattutto, di una grandissima capacità di muoversi senza la palla.
Del resto che fosse un giocatore tatticamente intelligente è provato dal grande affidamento che faceva su di lui un maestro come Nils Liedholm.

Ruben era il quattordicesimo ed ultimo figlio di una famiglia molto umile, e questo contribuì non poco a forgiare il suo carattere ed il suo spirito di sacrificio; non perse la sua grande umiltà nemmeno quando era diventato ricco e famoso, e fu proprio in quei momenti che non dimenticò i sacrifici che la sua famiglia aveva sostenuto per far crescere quella “miriade” di figli (per anni visse a Milano con quello di cui necessitava e mandava al padre il resto del suo stipendio).
Ci mise pochissimo a far innamorare di lui i tifosi del Milan, ma del resto fu un fatto del tutto normale per uno che era abituato ad andare di corsa: il 6 Novembre del 1977, dopo pochissimi mesi dal suo approdo in rossonero ed al suo primo derby contro l’Inter, si prese “la briga” di far impazzire il suo avversario di turno, il capitano nerazzurro Giacinto Facchetti, di realizzare una incredibile doppietta e di evitare un gol già fatto (del possibile pari) di Pietro Anastasi.
Finì 3 a 1 per il Milan, e quelle prodezze della “pannocchia” rossonera lo fecero entrare subito nel cuore del tifo milanista.

Dopo aver cominciato nelle giovanili della Spal, il direttore sportivo del Monza Giorgio Vitali lo portò al Monza in C, e qui, dopo alcune difficoltà iniziali, fu uno dei protagonisti principali che condusse i brianzoli, guidati da Magni, prima in serie B e poi a sfiorare clamorosamente la promozione in A.

Nell’estate del 1977, a 22 anni, il neo presidente milanista Colombo (che era stato il suo presidente anche a Monza) lo portò al Milan.
Il Milan disastrato della stagione precedente (salvatosi dalla B solo nel finale di campionato) venne affidato per il suo rilancio alla sapiente guida di Nils Liedholm, e Buriani, insieme a Tosetto (suo compagno arrivato da Monza) ed Antonelli furono i rinforzi di quella stagione.
Il rilancio ci fu, ed il Milan, che chiuse il campionato al quarto posto, cominciò a gettare le basi per la “grande conquista” della Stella che avvenne la stagione successiva. Nonostante la giovanissima età, Ruben divenne titolare sin da subito, disputando 26 partite di campionato su 30, ed impreziosendo la sua stagione con 3 gol tutti decisivi (i due del derby di cui abbiamo già detto ed il gol della vittoria 1-2 di Verona alla terzultima giornata, quella dell’esordio in prima squadra del giovanissimo Franco Baresi).

Che Buriani fosse ormai un punto fermo del Milan, lo fece capire subito Liddas all’inizio della stagione 1978/79 affidandogli la maglia rossonera numero 10, quella “sacra” del capitano Gianni Rivera che per diversi mesi restò fuori per infortunio.
“Erano anni che quella maglio numero 10 non correva così tanto!” , fu il commento dell’inimitabile Nils Liedholm dopo avergliela affidata per la prima volta.

La stagione della Stella fu una cavalcata incredibile, e non fu un caso che a dare avvio a quella cavalcata fosse uno che andava al galoppo.
Prima giornata di campionato, a San Siro Milan... (continua)