Joe "Lo squalo"
Molti hanno sentito il suo nome riecheggiare distrattamente nella storia del nostro club, come il nome di un giocatore che per un paio di stagioni ha semplicemente vestito la casacca rossonera. Per molti, invece, stiamo parlando di un autentico idolo, l’uomo che milioni di tifosi hanno amato sin dal giorno del suo arrivo ed in cui avevano riposto tutte le speranze di riscossa di un popolo ferito. Dopo il primo campionato disputato in serie B, Joseph Jordan, detto Joe, rappresentò il primo giocatore straniero a vestire la maglia del Milan dopo la riapertura delle frontiere avvenuta nel 1980. Lui rappresentava la punta di diamante del nuovo Milan affidato a Gigi Radice, il bomber a cui aggrapparsi per tornare a rivedere il sole dopo una stagione vissuta nelle tenebre più assolute. L‘entusiasmo milanista che lo aveva accolto sin da subito si era trasformato in tripudio, grazie ad una prodezza in un derby “estivo” di coppa Italia il 6 settembre del 1981 Le due squadre erano inserite (insieme a Spal e Verona) nello stesso girone, e proprio nell’ultima gara si disputarono il passaggio del turno. Quando al 49’ Jordan portò in vantaggio (2-1) il Milan con una incornata prepotente, l’esultanza dei tifosi rossoneri fece letteralmente tremare San Siro: da troppo tempo il tifo milanista stava aspettando la riscossa nei confronti dei supponenti cugini nerazzurri. La rete di Bergomi all’89’ spense i sogni milanisti di qualificazione, ma quella sera il bomber scozzese, con la sua esultanza “terrificante”, era diventato l’idolo della tifoseria rossonera.
Joe Jordan (nato a Carluke, Scozia, il 15/12/1951) arrivò in Italia che non era più un ragazzino, accompagnato da una buona fama costruita sui gol e sulle innumerevoli battaglie d’oltremanica, disputate quasi tutte in Inghilterra. Dopo gli esordi scozzesi, nel 1970 venne acquistato dal Leeds, e per 8 stagioni contribuì alle fortune del club. La prima stagione da protagonista fu il 1973, quando coi suoi gol trascinò il Leeds fino alla finale di Coppa delle Coppe e si conquistò la nazionale scozzese. Proprio in quella finale di Salonicco, per la prima volta si incrociarono le strade di Jordan e del Milan: fu proprio la squadra di Nereo Rocco ad affrontare e sconfiggere gli inglesi di Jordan (1-0 gol di Chiarugi).
Jordan era un centravanti potente, eccellente nel gioco aereo e dalla grande determinazione e generosità; la voglia di primeggiare in area di rigore lo portava a gettarsi in tutti i modi su ogni pallone, mettendo spesso a repentaglio la propria incolumità fisica, sia in partita che in allenamento. Fu proprio in allenamento che successe il fatto che gli “cambiò i connotati” e lo rese celebre: nel tentativo di colpire un pallone in tuffo di testa, si beccò un calcione in bocca che gli procurò la perdita di tutti gli incisivi superiori. Fuori dal campo, Jordan, si avvarrà dell’ausilio di una dentiera, a cui però rinunciava quando andava in campo. Secondo la leggenda lo faceva per incutere terrore nei difensori avversari, fatto sta che quando apriva la bocca, o in azione o per esultare, assumeva un aspetto truce, evidenziato dalla capigliatura folta e dal fisico imponente. Questa caratteristica gli valse, da parte dei suoi tifosi, il soprannome di “Shark” (“lo Squalo”), che si portò dietro per tutta la carriera.
Dopo 157 partite e 35 gol, Jordan si trasferì al Manchester United dove rimase per 3 anni e mezzo, il tempo di segnare 37 gol e diventare l’idolo della tifoseria. Infatti, quando nel 1981 fu ceduto al Milan, i tifosi dei Red Devils inscenarono una specie di sommossa per protestare contro la società. Nel frattempo Jordan con la sua nazionale aveva già partecipato a due fasi finali dei Mondiali, andando a segno in entrambe le occasioni (2 reti nel ’74 in Germania ed 1 nel ’78 in Argentina).
Ed ecco, quindi, che nel pieno della maturità agonistica, nel 1981 “lo Squalo” approdò in Italia. Come detto l’inizio fu più che positivo, grazie alle 3 reti messe a segno nelle prime 4 gare di coppa Italia. Nessuno avrebbe potuto immaginare che dopo quell’inizio promettente quella stagione si sarebbe trasformata, per il Milan, in un autentico calvario. In una squadra praticamente incapace di fare gol (il Milan metterà a segno la miseria di 21 gol in tutto il campionato), Jordan fu incapace (ed impossibilitato) a dare il contributo atteso, finendo la stagione con il magro bottino di 2 gol in 22 gare disputate. In questo grigiore generale, Joe stava per riuscire nell’impresa più grande: segnare all’ultima giornata uno dei gol che stavano per valere una incredibile ed inaspettata salvezza. Col Milan sotto di due gol dopo il primo tempo a Cesena, fu proprio lo Squalo a dare l’avvio alla clamorosa rimonta (3-2) che stava per permettere ai rossoneri di salvarsi dalla seconda B ai danni del Genoa. Un “regalo” del portiere napoletano Castellini nel finale, spalancò le porte al pari dei rossoblù liguri ed alle lacrime milaniste. Quattro giorni prima di quel maledetto 16 Maggio, il Milan si era tolto l’unica soddisfazione di quella disgraziatissima annata, la conquista della Mitropa Cup. Fu proprio Jordan a segnare al 77’ minuto della gara decisiva contro il Vitkovice il gol che permise la conquista del torneo. Alla fine di quella stagione nefasta, Jordan ebbe l’onore di disputare in Spagna la sua terza fase finale dei Mondiali con la nazionale scozzese, ed ancora una volta entrò nel tabellino dei marcatori della sua squadra. Questo gli valse un record che ancora oggi detiene: Joe Jordan è l’unico giocatore scozzese ad aver segnato in tre edizioni diverse dei campionati del mondo.
Il risveglio nel finale di stagione, convinse la società rossonera a confermare Jordan anche per il successivo campionato di serie B (1982/83). Il tecnico Ilario Castagner, decise di affiancare al giovane Serena i “vecchi” Jordan e Damiani per risalire subito nella massima serie, ed i fatti gli diedero ragione. Un Jordan rinfrancato dal rapporto col nuovo allenatore, diede il suo decisivo contributo alla causa, mettendo a segno 10 reti in campionato e 4 in Coppa Italia e risultando, quindi, il miglior marcatore stagionale dei rossoneri (insieme a Serena).
Il nuovo Milan che si ripresentava in serie A decise che il “vecchio Joe” non rientrava più nei suoi piani, e fu così che dopo appena due stagioni e 66 partite ufficiali (con 20 gol) si concluse l’avventura di Joe Jordan in rossonero. Dopo una breve parentesi nel Verona, Jordan tornò in Inghilterra per giocare nel Southampton (3 anni) e nel Bristol. Una volta smesso col calcio giocato, ha intrapreso la carriera di allenatore, ed attualmente è il secondo di Herry Redknapp sulla panchina del Tottenham.
Questa è a storia di Joe Jordan, uno dei pochi giocatori che ha avuto il merito, in pochissimo tempo, di conquistarsi l’affetto dei tifosi milanisti che ancora lo ricordano con affetto.
di Giampiero Sabato
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