Segni particolari: bandiera!

Segni particolari: bandiera!MilanNews.it
sabato 3 luglio 2010, 00:00Terza pagina MilanDay
di Milan Day

Quando ero piccolo, nella scarna libreria di casa mia, facevano bella mostra di sé due libri che attrassero subito la mia attenzione: all’inizio ne guardavo continuamente le foto in essi contenute, successivamente cominciai a leggerli più volte. Con “Il tocco in più” e “Dalla Corea al Quirinale”, scritti da Oreste Del Buono, cominciai a conoscere la figura di Gianni Rivera. La prima volta che chiesi a mio padre chi fosse Gianni Rivera, la sua risposta fu “E’ il più grande giocatore che il Milan abbia mai avuto, ed il nome che ho scelto per te lo devi a quest’uomo!”. Nel bar di mio zio, nella centralissima piazza del mio paese, c’erano appese due grandi foto, una di Clarke Gable e l’altra (con dedica) di Gianni Rivera: alla mia solita domanda, il volto di mio zio si illuminava e la risposta era sempre la stessa “Lui è il Milan”. In questo clima, cominciai a capire che mi trovavo davanti ad un autentico “mito” della nostra squadra, un calciatore che non aveva rivali nel cuore dei tifosi rossoneri, la bandiera assoluta! Personalmente me lo sono goduto solo per due stagioni, e di lui mi restano indelebilmente impresse due immagini: l’importantissimo e decisivo gol segnato a S.Siro alla quart’ultima giornata del campionato della Stella che dava l’avvio alla rimonta (vittoria finale per noi 2-1) contro il Verona che pareggiava il gol segnato dall’attaccante scaligero Calloni (proprio lui, lo “sciagurato Egidio”) ed il ricordo di un Rivera che il giorno dello scudetto (contro il Bologna) con il microfono in mano invita i tifosi ad abbandonare le gradinate inagibili pena la sconfitta della squadra a tavolino. Quell’episodio era il chiaro segnale dell’immenso carisma che il Capitano esercitava sulle folle rossonere.
Gianni Rivera rappresenta, senza dubbio, uno dei più grandi (secondo molti il più grande) calciatori italiani di tutti i tempi, ed è entrato nella storia per essere stato il primo giocatore italiano a conquistare il prestigioso Pallone d’Oro (1969). Uno dei pochi giocatori ad avere avuto in dono dalla natura quella grazia, quella tecnica e la visione di gioco che su un campo di calcio distinguono un buon giocatore da un vero fuoriclasse. Tutti sono stati affascinati dalla sua leggerezza, dal tocco felpato e da una immensa visione di gioco che gli permetteva di mandare in rete i compagni di reparto. Fu soprattutto il ruolo di assist-man ad averlo reso celebre, ma non furono certo secondarie le sue doti di realizzatore. Insomma, un calciatore fuori dagli schemi, dentro e fuori dal campo, che fu, per 19 stagioni, il punto di riferimento intorno al quale ruotava tutto l’ambiente milanista.
Nato ad Alessandria il 18 agosto 1943, fa il suo esordio in serie A con i grigi all’età di 15 anni. Dopo due stagioni in Piemonte arriva al Milan nella stagione 1960/61, per 80 milioni di lire e la cessione di tre giocatori, una cifra per l’epoca molto elevata, al punto da meritarsi il soprannome di “Golden Boy”. La svolta avviene nella stagione successiva, quando con l’arrivo al Milan di Nereo Rocco, Rivera contribuirà con i suoi gol (10) alla conquista della scudetto. Con Rocco comincerà un rapporto indissolubile, al punto che per il Paron Gianni diventerà un vero figlio. E’ l’inizio di un’epoca, che avrà la sua prima grande tappa nella conquista della prima Coppa dei Campioni nella stagione successiva, grazie al successo per 2-1 sul fortissimo Benfica di Eusebio: Rivera a Wembley disputa una partita straordinaria, culminata con l’assist decisivo per il gol di Altafini. L’Europa si accorge di lui, e già quell’anno arriverà secondo nella corsa al Pallone d’Oro alle spalle di Jascin. Rivera è un personaggio che fa discutere, ed inizierà un conflitto di amore-odio con il giornalista Gianni Brera il quale gli affibbia il soprannome di “Abatino” per il suo fisico gracile che lo rendeva (secondo Brera) poco adatto alle battaglie fisiche e che per questo “…è da considerarsi un mezzo grande giocatore”. Queste critiche lo portarono spesso ad ingaggiare delle dispute contro le battute della stampa. Battaglie che lo contraddistinsero anche nelle sue vicende con lo staff della Nazionale, battaglie che culmineranno nella spedizione della nazionale italiana nei mondiali di Messico 1970, quando sarà umiliato da Valcareggi nella finale col Brasile venendo impiegato solo per 6 minuti a partita ormai persa. Una decisione cervellotica, soprattutto dopo la grande prestazione di Rivera nella storica semifinale contro la Germania in cui segnò il gol del decisivo 4-3. Le amarezze azzurre fanno da contrasto con le grandi gioie vissute col Milan, squadra di cui è l’autentico leader. Dopo qualche stagione di difficoltà (con la sola vittoria della Coppa Italia nel ‘66/’67), nella stagione 1967/’68 si ricompone la coppia Rivera-Rocco (andato via nel ’63), il Milan torna ai suoi vecchi fasti, e Rivera eredita la fascia di capitano da Cesare Maldini: la porterà al braccio per 12 anni! Il Milan conquista subito lo scudetto (Rivera segna 11 gol e fa la felicità della coppia Prati-Sormani) e la Coppa delle Coppe (2-0 all’Amburgo in finale). La stagione successiva sarà ancora più entusiasmante. Il Milan arriva secondo in campionato, ma sarà in Coppa Campioni che arriverà il grande trionfo. Il 28 maggio 1969 a Madrid il Milan distrugge in finale l’Ajax di Cruijff per 4-1, e Rivera, pur non segnando, sarà l’autentico protagonista mandando in gol i suoi attaccanti. A dicembre il Milan conquista anche la Coppa Intercontinentale (Rivera segnerà a Buenos Aires il gol decisivo in un clima infernale), ed i giurati del Pallone d’Oro non possono esimersi dall’assegnargli il prestigioso trofeo.
Rivera ormai è il condottiero del Milan, ed interpreta il suo ruolo di capitano e leader anche fuori dal campo di gioco. Comincerà anche una autentica battaglia contro il Palazzo, denunciando più volte il clima di sottomissione di tutte le istituzioni calcistiche nei confronti della Juventus degli Agnelli. Clamoroso il gesto del campionato 1971/’72: dopo una partita persa a Cagliari (decisiva nella corsa per il titolo) a causa di un rigore contestato nei minuti finali, Rivera si scaglia contro l’arbitro Michelotti e l’intero sistema, rimediando una squalifica record di 9 giornate. La stagione si concluderà con la perdita del scudetto per 1 punto, ma con la conquista della Coppa Italia.
La stagione ‘72/’73 sembra una cavalcata trionfale. Il Milan conquista la sua seconda Coppa delle Coppe (1-0 al Leeds) e la Coppa Italia (contro la Juventus ai rigori), ma perde incredibilmente uno scudetto già vinto (quello della possibile Stella) a Verona (3-5) in quella che passerà alla storia come la “fatal Verona”. Il campionato di Rivera sarà esaltante, al punto da conquistare anche la classifica dei cannonieri con 17 reti. E’ un autentico choc, ed il Milan ci impiegherà 5 lunghissime stagioni per rimediare a questa delusione. La società entra in una fase di grande confusione, ed addirittura il Capitano, al termine del ‘74/’75 entra in aperto contrasto con il presidente Buticchi che sembra sul punto di cedere Rivera al Torino. Addirittura il Capitano viene messo fuori rosa, e questo scatena l’ira dei tifosi rossoneri che si schierano dalla parte del Golden Boy. All’inizio della stagione successiva Rivera diventa praticamente il padrone del Milan, preferendo comunque continuare a giocare piuttosto che fare il presidente. Alla presidenza della società si alterneranno Buticchi, Pardi e Duina.
Dopo la conquista della Coppa Italia nel ‘76/’77, Rivera comincia la sua ultima stagione da giocatore nel 1978/’79 sotto la presidenza di Felice Colombo e la guida tecnica di Nils Liedholm. Rivera contribuisce con la sua grande esperienza alla cavalcata del Milan verso la conquista della tanto sospirata Stella. Al termine della stagione, a 36 anni, si ritira dal calcio giocato, ritenendo di aver concluso con l’ambito traguardo la sua splendida avventura con la maglia rossonera.
658 partite disputate (501 in campionato) e 164 reti realizzate, 3 scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe delle Coppe, 1 Coppa Intercontinentale, 4 Coppe Italia, 1 Pallone d’Oro ed 1 titolo di Capocannoniere. Questo l’invidiabile palmares che spiega solo in parte la grandezza di Gianni Rivera, un’autentica bandiera della nostra squadra, un esempio di grandissimo attaccamento alla maglia che ci possono tranquillamente arrivare a dire che pronunciando il suo nome ti viene in mente il Milan, e pronunciando il nome del Milan ti viene in mente quello di Gianni Rivera.
Personaggio idolatrato, amato, invidiato e discusso. Un uomo che per 20 anni ha vissuto sempre al centro dell’attenzione, ma che è riuscito a legare il suo nome a quello di una squadra di calcio come forse nessuno mai nella storia di questo sport. Il titolo che gli dedicò la Gazzetta dello Sport il giorno del suo ritiro, interpretò il pensiero di milioni di tifosi del Milan di quegli anni: “Si ritira Rivera, LO SPETTACOLO E’ FINITO!”.



di Gianpiero Sabato

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