Pradella racconta Pobega: "A 11 anni mi colpì per le scelte nelle sue giocate. Aveva personalità e intelligenza"
Tommaso Pobega è tra i giocatori più in forma e più interessanti del momento, con il centrocampista di proprietà del Milan che si sta mettendo in mostra in Nazionale U21 e con lo Spezia in Serie A. Per conoscerlo meglio e scoprire il percorso che l'ha portato a vestire la maglia del Diavolo la redazione di MilanNews.it ha contattato in esclusiva Loris Pradella, osservatore che dal 2007 al 2018 ha fatto parte della rete di scouting del Milan e che insieme al suo gruppo di lavoro composto da Gabriele Visentin e Giuliano Groppi segnalò per primo Pobega ai rossoneri quando era ancora giovanissimo. Queste le sue dichiarazioni nella lunga e interessante chiacchierata che ci ha gentilmente concesso:
Signor Pradella, lei è l’osservatore che segnalò Pobega al Milan quando era ancora giovanissimo, poco più che un bambino. All’epoca cos’è che la colpì del giocatore? “Per spiegare tutto al meglio devo fare una breve cronistoria. Chi si occupava del territorio del Triveneto (Veneto e Friuli) eravamo io, Gabriele Visentin e Giuliano Groppi. Eravamo un team da tre e abbiamo seguito il ragazzo scambiandoci le nostre opinioni. Io principalmente mi occupavo del Friuli. Andai a vedere ad Azzano Decimo, in provincia di Pordenone, un torneo internazionale importante. Per la prima volta c’era la Triestina che partecipava. Mi colpì questo ragazzo biondo per la personalità, per l’intelligenza e soprattutto per le scelte nelle sue giocate: l’80% delle sue giocate erano giuste, che fossero semplici o difficili faceva sempre le scelte migliori. Vedere queste cose ti crea un’emozione, cattura l’attenzione. Mi sono confrontato con i miei colleghi Groppi e Visentin facendogli presente che avevo trovato un ragazzo davvero molto interessante. Lo hanno visto anche loro e hanno concordato con me. A fine stagione abbiamo consigliato i genitori di portare il ragazzo a Trieste: lì c’è una scuola calcio Milan che si chiama Trieste Calcio. Il ragazzo dalla Triestina è passato al Trieste Calcio in modo che potesse essere seguito prima del passaggio definitivo al Milan, che non può avvenire prima dei 14 anni. Lui allora ne aveva 11, dovevamo quindi monitorarlo durante il suo percorso; tante volte ragazzi così giovani migliorano ma possono anche fermarsi. Nella comunicazione con la famiglia, i genitori erano molto intelligenti, siamo stati sempre molto cauti perché rappresentando una società come il Milan non bisogna assolutamente creare delle illusioni: sempre con cautela e senza fare nessun proclamo, però il ragazzo è stato bravo ed è cresciuto molto. Quando ha compiuto 14 anni è venuto proprio Angelo Carbone (quando era ancora osservatore, ndr) a vederlo e poi lo hanno preso. È stata una bella soddisfazione ed è stato un lavoro di equipe, prima noi tre osservatori, poi sono stati bravi al Milan perché gli allenatori lo hanno usato al meglio. Non è detto che una volta arrivati al Milan si diventa per forza giocatori di alto livello, qualcuno nel percorso si perde. Il ragazzo però è stato bravo, aveva delle caratteristiche importanti per arrivare dov’è arrivato adesso”.
Quindi lei ha segnalato Pobega quando il ragazzo aveva solo 11 anni. Quanto è difficile riuscire ad intravedere talento e potenziale a quest’età? “Chi fa l’osservatore sull’attività di base deve individuare i ragazzi più bravi da portare al Milan una volta compiuti i 14 anni. Dovevamo scoprire quelli davvero forti. Non eravamo osservatori della prima squadra che vanno a seguire giocatori già pronti, qui devi saper capire quali sono le prospettive di un ragazzo. Ma soprattutto è importante conoscere da che famiglia viene, che tipo di cultura famigliare ha, le componenti sono tante. La cosa più difficile è individuare i margini di miglioramento e dove può arrivare il ragazzo. Qualcuno si ferma, magari invece chi era un po’ più indietro arriva più avanti. Noi abbiamo sempre lavorato con la massima trasparenza e senza mai illudere i genitori. Rappresentando una società così importante qualche genitore poteva davvero perdere la testa”.
Guardando il percorso del ragazzo e le sue ultime prestazioni si può dire che abbiate fatto davvero un ottimo lavoro: “Con Pobega a mio avviso sono state fatte tutte le scelte giuste. È andato alla Ternana in C e ha fatto molto bene nel primo campionato fra i professionisti, l’anno scorso è andato al Pordenone e ho visto tutte le sue partite, tutti i suoi progressi: è stato il miglior giovane del torneo. In estate l’hanno portato in ritiro in prima squadra, poi l’hanno dato in prestito allo Spezia: qui si sta mettendo di nuovo in mostra. Ad oggi tutte le scelte fatte sono state giuste. È un giocatore importante, anche adesso vedo che le scelte delle sue giocate sono quasi sempre giuste. Vedo anche che è migliorato molto nella fase realizzativa. Quando è arrivato al Milan era abbastanza gracilino, mentre ora fisicamente è molto forte. Il fratello maggiore giocava a basket ed è alto un metro e novanta, anche il papà è alto un metro e novanta e quindi si è pensato che questo ragazzo potesse crescere e così è stato. Fisicamente è una bestia, è mancino e ha un bel tiro. Ha personalità ed è intelligente anche nella vita di tutti i giorni, è un ragazzo davvero con la testa sulle spalle. Sono soddisfatto per lui e per la sua famiglia, se lo meritano”.
Secondo lei qual è il ruolo in cui si esprime al meglio? “Quello che sta facendo ora, a sinistra in un centrocampo a tre. La sua più grande dote è la capacità d’inserimento e di buttarsi dentro, quasi a fare da attaccante aggiunto. Ha le capacità d’inserimento e dei tempi che non sono comuni, vede prima il gioco. Nel 4-2-3-1 di Pioli potrebbe giocare ancora a sinistra nei tre davanti, farebbe bene anche la fase di copertura”.
Per avere un'idea, come il Bonaventura dell’Atalanta? “Sì e no. Bonaventura è più tecnico e ha più dribbling, Pobega invece sfrutta molto gli spazi. Ha una potenza nella corsa straordinaria, un gran calcio di sinistro ed è migliorato anche con il destro”.
Parlando di Milan in generale, la convince il progetto giovani dei rossoneri? “Sicuramente piano piano il progetto sta venendo fuori. Basta pensare anche solo a quanti giocatori del settore giovanile del Milan sono arrivati in prima squadra o comunque giocano in grandi club di Serie A: Donnarumma, De Sciglio, Calabria, Gabbia, Locatelli, Cristante, Petagna, Cutrone. Insieme all’Atalanta è la società che negli ultimi 10 anni ha fatto benissimo con i giovani. Bisogna dare il merito a chi c’era prima nel settore giovanile: Bianchessi, poi Filippo Galli e Angelo Carbone. Hanno fatto tutti e tre un buon lavoro. Tornando a prima, io, Visentin e Groppi abbiamo usato lo stesso sistema con Cristante e Petagna: hanno fatto lo stesso percorso di Pobega. Eravamo un gruppo di lavoro molto affiatato, c’era sempre un confronto sincero e quando eravamo sicuri proponevamo i giocatori al Milan. Questo era il lavoro che facevamo noi. Pobega è stato l’ultimo, precedentemente ci sono stati Cristante e Petagna. E non so se se lo ricorda, ma c’è stato anche il classe ’94 Kinglsey Boateng che però è stato davvero sfortunato con gli infortuni. Abbiamo seguito anche Michael Fabbro. È una soddisfazione scoprire e seguire tutti questi ragazzi, l’altro giorno quando Pobega ha fatto doppietta in nazionale ho mandato un messaggio a lui e al papà”.
Prima mi ha parlato di un Pobega che sta crescendo in zona gol: “Per me Pobega è uno che può arrivare anche agli 8 gol in campionato, è un centrocampista che segna. L’anno scorso col Pordenone ne poteva fare 10 ma è stato sfortunato, ha preso 3-4 volte i legni. Il processo di crescita è quello giusto, allo Spezia farà le sue partite e si metterà in mostra. Il suo sviluppo è stato costante e sta raccogliendo i frutti del suo lavoro, per me ha ancora ampi margini. Bravi anche gli allenatori: ad esempio l’anno scorso mister Tesser l’ha messo nel ruolo giusto”.
Fra i tanti talenti che ora il Milan ha in rosa quale le sembra il più interessante? “Ho condiviso molto la scelta di andare a prendere Hauge. Ho visto la partita con il Bodo/Glimt, dopo i primi tre tocchi ho subito detto a mio figlio “Questo è bravissimo”. Ha fatto un gol molto bello, è un ragazzo davvero interessante, a me piace molto. Ma il Milan ha tanti ragazzi forti. Gabbia ad esempio ha dimostrato un’ottima personalità, non è facile per un giovane vestire la maglia rossonera, in più San Siro è uno stadio di livello mondiale”.
A proposito di personalità, è rimasto sorpreso dalla crescita di Leao? Il portoghese ha grandi colpi ed ora è molto più determinante: “Si deve ancora adattare al meglio al calcio italiano nella propria mentalità, però ha delle qualità enormi. Ha una falcata impressionante. Mi dà l’idea di avere una grande tranquillità interiore, lo vedi proprio che è sereno. Per lui giocare a San Siro o al campetto di paese è la stessa cosa, ho questa impressione. Lo vedo molto sereno e per un ragazzo così giovane non è facile. Appena ha capito i meccanismi è diventato importante per la squadra”.
Poi se puoi allenarti e giocare con Ibrahimovic diventa sicuramente tutto più semplice: “Da Ibrahimovic si può solo imparare, da mettersi lì e guardare cosa fa. È un secondo allenatore in campo, ha personalità e protegge tutti, anche fisicamente”.
In conclusione mi pare di capire che è davvero molto soddisfatto di Pobega: “Il nostro lavoro è fatto dietro le quinte, è un lavoro “sporco”. Le scelte finali le fa il Milan ma noi abbiamo sempre lavorato per loro, per portare i migliori giocatori. Quando si rappresenta una società così importante bisogna essere molto attenti nella comunicazione, soprattutto con i genitori. In certi casi sono difficili da gestire. Abbiamo sempre lavorato per percorsi, come dimostrato da Pobega, Cristante e Petagna. Siamo contenti per i ragazzi e per il Milan”.
Lei ora però non lavora più per il club rossonero: “Quando sono arrivati Fassone e Mirabelli hanno cambiato tutti gli osservatori per l’attività di base. Quando c’è stato il cambio da Berlusconi ai cinesi sono stati cambiati tutti gli osservatori, ma giustamente ognuno fa le proprie scelte. Il nostro lavoro però rimane, anche dal punto di vista economico dei ragazzi”.
Intervista di Manuel Del Vecchio.
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