...Il caos calmo del diavolo
Con l’accordo trovato fra Ibrahimovic ed il Psg cade l’ultimo ostacolo che impediva di accendere un faro sulla complicata situazione rossonera. Il Milan perde i suoi giocatori più importanti, ma non solo, sembra aver perso un po’ di lucidità, con emblematici cambi di rotta e venti nuovi che scuotono l’ormai fragile struttura del diavolo.
Le cessioni di Thiago e Zlatan, prese singolarmente, non sono un evento così traumatico, abbiamo reagito agli adii di Shevchenko e Kakà, abbiamo saputo riprendere la rotta dopo i ritiri di Van Basten e Maldini, ma calate nel contesto generale hanno un impatto decisamente diverso.
Il Milan sembra avere una progettazione variabile, la coppia di stelle era blindata a maggio, da loro si doveva ripartire, colonne di un diavolo che si basava su giocatori di valore per tentare l’assalto agli obiettivi che contano. A giugno si è parlato del brasiliano con il Psg, ma poi il cambio di rotta, questioni di cuore e di ambizioni, calorosi inviti a “scatenare l’orgoglio” per una squadra che, in un momento di crisi, si prendeva il “lusso” di rifiutare cifre astronomiche per il numero 33 e di continuare a pagare il lauto ingaggio dello svedesone.
A distanza di un mese l’idea cambia ancora, via entrambi, monte ingaggi abbattuto pesantemente, finanze ok e voglia di cambiare filosofia. Chi invece sembrava destinato a partire, d’un tratto è divenuto incedibile (almeno per adesso), ci riferiamo a Robinho, secondo i bene informati l’uomo da sacrificare per fare mercato, ma per il quale Galliani e soci proprio oggi hanno rifiutato l’offerta del Santos dichiarando il brasiliano incedibile (nulla vieta che sia una tattica per ottenere un compenso più alto, che sia dai brasiliani o dal Malaga).
Mercato rossonero tutto da decifrare, quella che doveva essere una campagna chirurgica, fatta da innesti mirati, per lo più a centrocampo, adesso richiede investimenti pesanti davanti e dietro con il rischio che la linea mediana continui a restare sguarnita. Ambizioni crollate secondo alcuni, architettura di squadra modificata secondo altri, investimenti diversi volti a ridurre gli ingaggi, ma obiettivi immutati.
Solo il tempo ci potrà dire chi avrà avuto ragione e quale sarà il livello della rosa a disposizione di Allegri.
Ecco Allegri, uomo che torna al centro delle polemiche dopo le parole di Gattuso. Il centrocampista calabrese non ha rilasciato dichiarazioni al vetriolo come quelle di Pirlo, ma ha fatto intendere senza mezze misure che l’addio dei senatori (inaspettato quanto difficile da digerire) in larga parte sia stato dovuto alle scelte del tecnico toscano. Nessun rancore, una stretta di mano e via al Sion (secondo Rino lo stesso ragionamento sarebbe stato fatto da Nesta), con la voglia di essere ancora calciatore vero e non un senatore a vita, più dirigente che atleta. Politica giovane quindi, cambio di rotta improvvisa in casa Milan, il tecnico vuole giocatori dinamici e pronti a reggere fisicamente i ritmi forsennati cui è sottoposto il diavolo, sembra finita l’era dei campioni d’esperienza ed a fine carriera.
La sensazione, però, è che poco sia stato fatto per trovare una mediazione, se il discorso di Gattuso può essere esteso agli altri addii eccellenti (Nesta, Seedorf ed Inzaghi), infatti, strano che un allenatore possa aver avuto così tanta voce in capitolo, senza che la società abbia proferito parola. Nel Milan il mercato e le decisioni contrattuali quasi mai sono state delegate al tecnico, vi è sempre stata comunione d’intenti fra dirigenza ed allenatore, ma con l’ultima parola sempre in possesso degli uomini di via Turati più che di Milanello.
La sensazione è che qualcosa sia cambiato, che si sia perso un po’ il polso della situazione, cambiando idea in maniera repentina, modificando in corsa strategie e progetti, con la speranza che a cambiare non siano anche le ambizioni.
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