Una sconfitta di poesia
Il Milan perde la prima partita ufficiale della stagione, in casa, contro il Bologna neopromosso e dopo il grande calciomercato che ha portato dieci giocatori, tra cui due ex palloni d'oro come Ronaldinho e Shevchenko: largo ai drammi ed alle critiche per una squadra che non ha garantito il giusto equilibrio tra difesa ed attacco e che soprattutto è già costretta a rincorrere le rivali Juventus, Roma ed Inter. Stop, non siete difronte al'ennesimo articolo di cronaca che, con un pizzico di qualunquismo, valuta solo in base al risultato finale: zero drammi mentre per le critiche ci attrezzeremo, a patto che siano costruttive e dunque utili. Se Milan-Bologna fosse stata una gara di tuffi o di ritmica, discipline a cui il Mondo si è avvicinato nel mese olimpico, sarebbe stata un assoluto trionfo, specie volendo poi allargare il discorso anche alle partite giocate dalle suddette rivali dei rossoneri per la vittoria dello Scudetto: l'Inter ha subito la grinta della Sampdoria ed è risultata macchinosa in avanti, la Juventus non ha brillato salvo eccezioni (Camoranesi imprendibile), la Roma è stata quasi fortunata a mantenere il pari contro un Napoli meritevole di qualcosa in più. La strada intrapresa dal Milan è stata chiara in sede di calciomercato e coerente ieri a San Siro: lo spettacolo prima di tutto, il divertimento, il gusto di assistere ad uno spettacolo emozionante anzicchè ad una partita noiosa spuntata per 1-0 con una svista arbitrale o un gol in mischia. Altrimenti sarebbe arrivato, come auspicato da tanti, Adebayor che avrebbe risolto il problema delle palle alte ed avrebbe fatto, come va di moda dire, "salire la squadra": probabilmente Kakà sarebbe stato ceduto al Chelsea per acquistare due, forse tre, rinforzi per l'11 titolare come fece la Juventus con Zidane nel 2001. Ma al Milan, inteso come società ma forse prima ancora come tifosi, di vincere non hanno certamente la stessa necessità ossessiva delle rivali in Italia: alcuni fanno notare che un tifoso qualsiasi dei Rossoneri, di un'età media di 25 anni, ha visto vincere - specie in campo europeo - quanto Roma, Juventus ed Inter messe insieme nella loro storia... Considerazione faziosa al limite dello sfottò, ma anche verità inconfutabile. L'ultima stagione, un anno di delusioni assolute, il peggiore dei "Meravigliosi", ovvero il terzo ciclo vincente del Milan di Berlusconi, ha lasciato una profonda ferita nella tifoseria, nella società e forse addirittura nella squadra (vedi i dubbi di Gennaro Gattuso): c'era e c'è bisogno di ritrovare la gioia di guardare a testa alta le partite, di divertirsi, di emozionarsi.
Il che ovviamente, non vuol dire evidentemente sempre perdere, lapalissiano: per spiegare meglio, mutuerei una considerazione dell'ex campione del Real Madrid, ed oggi primo scrittore-filosofo calcistico, Jorge Valdano su Juan Riquelme. "Se dovessimo viaggiare da un punto A ad un punto B, la maggioranza di noi prenderebbe un'autostrada a sei corsie per arrivare il prima possibile: Riquelme sceglierebbe il più ventoso sentiero di montagna, con il panorama stupendo e che gli costerebbe sei ore di viaggio invece di due": chi vede il Calcio con cinismo (o concretezza, a seconda dei punti di vista) potrà pensare che sia un sofismo gratuito al limite della stupidità, ma riscoprire la passione, il romanticismo e la poesia di questo sport è forse un'operazione che lo migliorerebbe notevolmente. Andando invece a vivisezionare i novanta minuti di ieri con la sciabola anzichè il bisturi, è evidente che Carlo Ancelotti avrà molto da lavorare per amalgamare questa squadra: la personale sensazione è che gli scompensi arrivino dallo spostamento del fulcro del gioco dai piedi di Pirlo a quelli di Ronaldinho. Il Milan dal 2002-03 in poi è sempre stato Pirlo dipendente, eccellente direttore d'orchestra di una squadra che pendeva dal suo dolce destro: ma come nel basket di regola ci si dovrebbe affidare al playmaker, ma la palla in mano nei momenti storici la si lascia alla stella assoluta della squadra, ai Jordan e Bryant (guardie e non play), si dovrà lavorare per riassestare e correggere proprio questo aspetto e trovare una connotazione differente al numero 21 bresciano. Per l'attacco poi, Shevchenko è apparso assolutamente fuori condizione, esattamente in formato Chelsea: ennesima riprova che il nuovo Milan dovrà rinascere su Pato, ieri in chiaroscuro nei pochi minuti in cui è stato impiegato. Fantastica invece la partita di Ronaldinho, che ha offerto numeri che hanno mandato in delirio lo stadio di San Siro come forse mai successo nel Milan di Berlusconi, neanche per Van Basten: è però solo un assaggio, gustosissimo antipasto (circa il 60%, la sua condizione attuale) di un bello che deve ancora venire e che, viste le premesse, arriverà. La sconfitta col Bologna non deve (e non penso succederà) far desistere dall'idea di mettere insieme in occasioni particolari due trequartisti e due punte o meglio ancora tre trequartisti ed una punta: già perchè, se qualcuno se ne fosse dimenticato, a Genova tornerà disponibile Ricardo Kakà, il Pallone d'Oro in carica. Daccordo la poesia, ma anche la realtà avrà presto la sua parte.
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