Ricky Albertosi: "Ho fatto il fenomeno ma ho rischiato 2 volte di morire"

Ricky Albertosi: "Ho fatto il fenomeno ma ho rischiato 2 volte di morire"MilanNews.it
© foto di Federico De Luca
domenica 20 ottobre 2013, 21:20News
di Antonio Vitiello
fonte di Stefano Borgi per FV Magazine

Ricky Albertosi, il più grande di tutti. Più di Zoff, più di Sarti, più di Buffon. Chi lo dice? Non certo lui, che professa umiltà e si limita a dire: "Sono stato un grande portiere, questo sì. Il più grande? Mi spiace, non sta a me dirlo".

Interviene allora la moglie Betty:
"Ricky è stato il migliore. Ma lui non lo dice, perchè è una persona umile. Anche se molti la pensano diversamente". Eh già, perchè Ricky Albertosi ha sempre avuto l'immagine del guascone, di chi conduce una vita spericolata: donne, gioco, sigarette (un pacchetto al giorno). Un personaggio "contro", tutto l'opposto di come dovrebbe essere un'atleta. "Che vi devo dire? confessa Ricky, anche un pò divertito. Zoff, per esempio, se faceva l'amore il venerdì la domenica aveva le gambe molli. Io potevo farlo anche di sabato, ma la domenica facevo ugualmente il fenomeno. Questione di fisico".

E allora con uno come Albertosi proviamo anche noi ad andare controcorrente, partendo dalla fine...
"Nella vita ho fatto il fenomeno - aggiunge - però per due volte ho rischiato seriamente di morire. La prima nel 2004, mentre andavo a cavallo per beneficenza. Eravamo all'ippodromo di Montecatini, sono crollato all'improvviso e l'ambulanza non aveva medico a bordo. Sono stato incosciente per 18 minuti, mi fecero l'elettroshock... tre, quattro volte, ma niente. Dopo tre giorni mi risveglio dal coma e per miracolo non avevo subito danni cerebrali. Anzi, litigai col medico perchè volevo togliermi la mascherina e baciare mia moglie".

La seconda, invece, la sanno in pochi...
"Problemi alla tiroide, era il 2010. In un mese ero dimagrito 15 chili, e non capivo il perchè. La colpa era di una medicina che prendevo per il cuore, il cordarone, che solo nel 20% dei casi può causare danni alla tiroide. Ed io, guarda caso, rientravo in quella percentuale. Sono stato un mese ricoverato a Pisa, fui operato, mi è andata bene".

Ci dica come ha cominciato il giovane Albertosi, parlandone da vivo
"Se sono diventato un calciatore è merito di mia madre. E di una casualità: io nasco a Pontremoli, in Lunigiana, nel '39. A 15 anni esordisco in prima squadra sostituendo il portiere Gregoratto che si doveva imbarcare come marinaio. Poi, altra coincidenza, sostengo due provini: uno all'Inter, uno allo Spezia. Li supero entrambi, e ovviamente spero di andare all'Inter. E invece fu lo Spezia a fare un'offerta per primo".

"Con Sarti andavo d'accordo, anche se non perdeva occasione per ricordarmi che era lui il titolare. E comunque eravamo diversi in tutto"
Però?
"Però c'è da convincere mio padre. E pensare che anche lui aveva fatto il portiere nella Pontremolese, in promozione. Allo stesso tempo era maestro di scuola e voleva continuassi a studiare. Per fortuna mia madre riuscì ad imporsi, anche se il meglio deve ancora venire: la mattina dopo telefona l'Inter che voleva ingaggiarmi. Ma ormai l'accordo era fatto..."

Nonostante la vicinanza, l'inizio fu duro
"La mattina alle 6 prendevo il treno degli operai, due ore per arrivare a Spezia. Scuola al mattino, pranzo alle 12,30, allenamento il pomeriggio. Ripartivo alle 18 ed arrivavo a casa alle 20. Il primo anno ce l'ho fatta, il secondo ho mollato e mi sono dedicato al calcio. Finchè nel '58 è arrivata la Fiorentina, con Ferrero che mi tenne in prova una settimana".

Ci racconti l'esordio in serie A
"Fu con la Roma, sul neutro di Livorno, nel gennaio '59. Finì 0-0, non presi gol e feci delle grandi parate. Ricordo che Carosio, in cronaca, mi fece i complimenti perchè da quanto ero tranquillo sembravo un veterano". E lì cominciò il dualismo con Giuliano Sarti "In realtà il mio rapporto con Sarti è sempre stato buono, anche se non perdeva occasione per ricordarmi che era lui il titolare. E poi eravamo diversi in tutto: nel carattere, nel modo di stare in campo. Sarti concreto, poco appariscente, io un gatto, amante dello spettacolo. Però da Giuliano ho imparato tanto, sopratutto la posizione, quasi da libero aggiunto. In cinque anni, dal '58 al '63, giocai solo 30 partite, però feci a tempo ad esordire in nazionale, proprio a Firenze... (15 giugno 1961, Italia-Argentina 4-1 ndr.) Quella per me fu una grossa rivincita".

Con la Fiorentina 10 stagioni, 185 presenze, due Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Mitropa Cup. Qual è il ricordo più bello?
"Senza dubbio la vittoria in Coppa delle Coppe contro i Rangers di Glasgow. Ricordo la partita d'andata in Scozia, davanti a 80.000 spettatori. Da quanto era forte il tifo degli scozzesi non riuscivo nemmeno a farmi sentire dai miei compagni. Vincemmo 2-0 con doppietta di Gigi Milan, una gioia enorme..."

Il ricordo più bello della sua carriera in generale
"Potrei dire Italia-Germania 4-3, oppure lo scudetto della stella col Milan nel '79. E invece dico lo scudetto col Cagliari nel '70. Pensi che non ci volevo andare: ancora una volta mi voleva l'Inter, ma Baglini mi volle dare a tutti i costi al Cagliari. Vede, vincere uno scudetto su un'isola è difficile, è la rivincita verso il continente. Dopo quella vittoria la Sardegna ebbe una grande evoluzione. E poi il mio rapporto con i compagni, con l'allenatore, assolutamente unico. Intanto non andavamo mai in ritiro, quando giocavamo fuori casa ero in camera con Riva e spesso facevamo tardi il sabato a giocare a poker. Solo a Cagliari..."

Capitolo nazionale. Lei ha fatto quattro mondiali: il primo e l'ultimo come riserva, gli altri due invece...
"In Cile nel '62 ed in Germania nel '74 ero ad inizio e fine carriera. In Inghilterra fui uno di quelli che presero i pomodori in faccia dopo la Corea. Addirittura ricordo che Edmondo Fabbri voleva emigrare in Ghana. Atterrammo a Genova per depistare i tifosi, ma fu tutto inutile... In Messico, invece, perdemmo in finale col Brasile. Era un grandissimo Brasile: Pelè, Tostao, Rivelino, Jair, eppure per un'ora reggemmo alla grande. Poi subimmo il gol del 2-1 di Carlos Alberto sul quale, devo essere sincero, mi buttai in ritardo. Fino al crollo finale, ed i sei minuti di Rivera".

A proposito, cosa gli disse esattamente dopo il gol di Muller?
"Lo ammetto: gli dissi che era uno stronzo ed un figlio di puttana" E lui? "E lui non aveva scelta. Stette zitto e mi disse che avrebbe rimediato. E infatti, pochi secondi dopo, realizzò il gol del 4-3 che è passato alla storia". Da Rivera al Milan, al calcio scommesse... il passo è breve "Quando arrivai a Milano nel '74, Rivera era già un giocatore-dirigente. Della mia esperienza al Milan ho bei ricordi, mi portò Buticchi che avevo avuto come presidente allo Spezia. Vincemmo uno scudetto, feci da chioccia a futuri campioni come Baresi e Collovati. Poi arrivò il gol di Duda e cominciò il declino". Si spieghi meglio... "La partita col Porto, a San Siro, nella coppa dei campioni del '79. Rivera, che aveva smesso e che era dirigente a tutti gli effetti, aveva fatto un accordo per un pallone diverso dagli altri, di una ditta di Vipiteno. Era leggero, a me non piaceva. Io glielo dissi, ed in campionato tornammo al pallone ufficiale dell'Adidas. Invece, in coppa, senza saperlo mi ritrovai ancora quel pallone brutto e leggero, e sulla punizione del portoghese Duda feci una papera che ci buttò fuori dalla coppa. Successe un casino, fui contestato, e da lì si ruppe qualcosa..."

Fino allo scandalo del calcio scommesse
"Guardi, sembrerà strano, ma io feci solo da tramite. Il mio errore fu di non denunciare la cosa, ed invece fui punito come quelli che avevano organizzato tutto. Presi quattro anni, sopratutto passai 10 giorni a Regina Coeli. Fu un'esperienza molto brutta. Ricordo ancora i palleggi con Giordano e Manfredonia nell'ora d'aria..." A chi l'accusa di aver fatto la bella vita, cosa risponde? "Rispondo che non mi sono fatto mancare niente,ma che mi sono conquistato tutto da solo. E che ho sempre portato rispetto a tutti. Lo chieda ai miei compagni, nessuno parlerà male di me..."

C'è un triangolare tra Fiorentina, Cagliari e Milan. Lei per chi tifa?
"Per la Fiorentina. Abito vicino, a Forte dei Marmi, aiuto mio figlio in negozio che è tifoso viola. Quindi..."Risposta secca: più forte lei o Zoff? "Io, sicuramente" Più forte lei o Sarti? "Sempre io" Più forte lei o Buffon? "Guardi, a me Buffon piaceva tanto, ricordava me da giovane. Ora è un pò in difficoltà, però... No, sono stato più forte io".

Insomma, lo possiamo dire: lei è stato il più forte di tutti!
"Gliel'ho detto: io sono stato un grande, ma che sono stato il più forte dovete dirlo voi". Lo ha detto la signora Betty, e questo ci basta.